Gli eccellenti risultati degli ultimi anni ormai rendono la regione e la maggior parte dei suoi paesi un obiettivo per le maggiori economie mondiali. Quello che segue è un estratto da un articolo di Agostinho Turbian (nella foto a destra) pubblicato, in lingua portoghese, sulla rivista brasiliana LASPA: l’originale è visibile in forma integrale più in basso nella pagina.
Il momento non poteva essere più favorevole all’America Latina. Con le crisi che frequentemente colpiscono i mercati internazionali (soprattutto Stati Uniti ed Europa), il cammino sta diventando poco a poco libero affinché noi ed i nostri vicini più prossimi si possa perfezionare le nostre economie. Oggi, paesi che prima erano in stagnazione hanno trovato un proprio percorso di prosperità e di crescita. Per esempio, secondo una relazione dell’Agenzia Informativa Latinoamericana, nel mese di maggio 2012 l’Ecuador è ormai la 3a economia per ritmo di crescita con un aumento di +7,78% del PIL nel 2011. Queste informazioni sono state confermate dal Ministro che coordina la Politica Economica, Jeannette Sanchez. Nello stesso paese è possibile verificare una crescita significativa nel settore pubblico. “In termini assoluti è cresciuta l’occupazione e in termini relativi è diminuita la disoccupazione aperta”, questo è stato il recente commento sul tema da parte del Ministro. “Stiamo alleviando le situazioni di povertà e creando occupazione di qualità, il che ha prodotto l’aumento della copertura della sicurezza sociale e la piena occupazione sfiora il 50% della massa dei lavoratori”. L’Ecuador ha ottenuto, così, un basso tasso di disoccupazione che non raggiungeva questo livello da molto tempo: dal 2007 si mantiene sul 5,1% annuo per il settore urbano e sul 4,2% per quello rurale. Ciò si traduce in una crescita economica con qualità dell’occupazione che diminuisce la povertà al livello del 28% circa: circa 900.000 persone ne sono recentemente uscite.
Analisi precisa
In un articolo pubblicato nel sito “EcoDebate”, l’analista José Eustaquio Diniz Alves, laureato in Demografia e titolare della cattedra in Studi delle popolazioni e Ricerche sociali della Scuola Nazionale di Scienze Statistiche (Ence/Ibge), analizza la situazione dell’America Latina in questo modo: “Ciò che ha consentito la riduzione della povertà in America Latina negli ultimi anni è stata la combinazione di crescita economica e riduzione della dipendenza demografica, grazie alla caduta dei tassi di fecondità. Il minore carico demografico implica un maggior reddito pro capite per famiglia, una maggior capacità di risparmio e consumo ed una maggior offerta di mano d’opera per l’economia. Con meno figli (specialmente quelli più piccoli) le donne possono porre maggiore attenzione allo studio, al lavoro ed alle proprie carriere, avendo come compenso salari più alti e rendimenti di ritorno ad una maggiore esperienza e ad un capitale umano applicato più grande. In tal modo, l’aumento dei tassi di attività femminile nel mercato del lavoro è la conseguenza ed il risultato di questo processo congiunto di trasformazioni economiche e demografiche”.
Questo non significa che il continente o ciascun paese che lo compone abbiano già lasciato indietro i peggiori momenti di crisi. Egli sostiene che la regione è ancora quella “con maggiori disuguaglianze sociali al mondo e che ha 1/3 della sua popolazione in condizioni di vulnerabilità”. Evidenzia ancora come, affinché la regione continui a crescere economicamente e riduca la povertà, sia necessario porsi l’obiettivo di ottenere la piena occupazione e la creazione di lavori che offrano buoni salari, specialmente per i giovani e per le donne, che sono i più colpiti dalla disoccupazione e dalla sottoccupazione. E’ altrettanto necessario andare avanti nella sostenibilità ambientale, in quanto la crescita a qualunque costo può portare danni futuri irreversibili alla natura. Per il sito “Infosur” le economie latine sono ormai in buona salute e sono sopravvissute bene dopo un anno di crisi finanziaria globale che ha colpito il mondo nel 2009. Hanno chiuso l’anno con una forte crescita, come conferma la Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL). L’istituzione è stata la prima a rivelare la crescita media della regione del 6% nel 2010, 1,9% in più rispetto all’anno precedente. In questo periodo il Paraguay è stato il paese col maggior tasso di crescita (9,7%), seguito dall’Uruguay (9%), dal Perù (8,6%) e dall’Argentina (8,4%). Il Brasile aveva progettato una crescita del 7,7%, mentre Messico e Cile crescevano del 5,3%. Il Messico e l’America Centrale crescevano del 4,9%.
Previsioni
Secondo Nicolas Eyzaguirre, direttore del Dipartimento dell’Emisfero Occidentale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il FMI starebbe innalzando le previsioni di crescita economica che si riferiscono a questa regione (che secondo lui starebbe andando bene), facilitando l’accesso ai finanziamenti ed aumentando i prezzi delle commodities che producono. Secondo l’intervista rilasciata da Eyzaguirre in Colombia, le economie sudamericane finanziariamente integrate come quelle del Brasile, del Cile, della Colombia, del Perù e dell’Uruguay, sono cresciute ad una media del 5,5% nel 2011. Questi tassi di crescita, forti e costanti, secondo il FMI, rappresentano una sfida per le banche centrali della regione. “Esse debbono farsi trovare pronte a supportare condizioni di liquidità nel caso in cui si verifichino casi di shock globali avversi. D’altro canto, debbono assicurare che le politiche monetarie continuino ad ancorare le aspettative d’inflazione”, ha messo in evidenza Eyzaguirre. La regione presenta una crescita significativa anche nelle relazioni coi paesi asiatici. Dal 2000 si è avuta una crescita del 20,5%, totalizzando nel 2011 circa 442 miliardi di dollari. Ciò significa che il commercio con l’Asia è uno dei principali fattori di crescita dell’economia, ponendosi subito dopo il commercio con gli Stati Uniti. Secondo uno studio realizzato congiuntamente da Banca Interamericana di Sviluppo (BID) e Banca Asiatica di Sviluppo (BAD), il 90% del commercio asiatico con la regione ha come protagonisti il Cile, il Giappone, la Corea del Sud e l’India. Da quest’altro lato, l’80% è diviso tra Brasile, Messico, Cile ed Argentina. Lo studio dice anche che, nonostante “profondi cambiamenti strutturali” nelle due regioni, l’aumento sostenuto del commercio bilaterale “continua ad essere dominato dalle materie prime. La grande mancanza di risorse dell’Asia, ed il suo accentuato vantaggio nelle manifatture suggerisce chiaramente che questo commercio (…) dominerà le relazioni per decenni”, secondo una dichiarazione data da uno degli autori dello studio, Mauricio Moreira.
(Traduzione dal portoghese di Simona Bottoni)
LASPA – Latin American Sales Personality Award from Thiago Turbian