Protagonista è il giovane nobiluomo milanese Fabrizio del Dongo. Suo padre è un soldato napoleonico, sua madre una nobildonna milanese. Fabrizio cresce vivace e sano nel castello di Grianta, viene educato in un collegio di gesuiti a Milano, e il suo interesse si concentra sulle gesta eroiche dei suoi antenati. Circondato dalle attenzioni della madre e della zia, attira su di sé la gelosia del fratello Ascanio.Ammiratore di Napoleone, decide di combattere nel suo esercito in Belgio all’insaputa del padre, conservatore e filo-austriaco. Al suo arrivo i soldati francesi lo scambiano per una spia e lo arrestano. Riuscito a fuggire, cerca un altro battaglione napoleonico cui unirsi, ma le delusioni si sommano una dopo l’altra. Alla fine riuscirà a unirsi all’esercito e si troverà spettatore confuso, impaurito e deluso della famosa battaglia di Waterloo. Sconfitto Napoleone, Fabrizio si trova a girovagare senza meta. A Parigi scopre che deve far ritorno in Italia ma anche che Ascanio lo ha denunciato accusandolo di essere una spia napoleonica. Ricercato dalla polizia, dopo mille peripezie Fabrizio riesce a tornare al castello di Grianta, ma è costretto a fuggire di nuovo, fino a quando la zia, la duchessa di Sanseverina, segretamente innamorata di lui, non lo prende sotto la sua ala protettiva facendogli ottenere l’immunità. A Fabrizio viene consigliato di farsi monsignore, e dopo aver ricevuto la nomina raggiunge la zia alla corte del principato di Parma. Ma anche qui Fabrizio è vittima di raggiri, finisce in prigione e sarà condannato a morte. Proprio in prigione trova finalmente l’amore, Clelia Conti, figlia del governatore del carcere. Riuscito a fuggire grazie all’aiuto della zia, Fabrizio ha un figlio da Clelia.La conclusione del racconto vede ancora nuove peripezie per gli sfortunati protagonisti che paiono destinati a non trovare pace e occupati e nella stessa direzione...
La Recensione
Scritto in meno di due mesi verso la fine della vita di Henri Beyle, nel 1838, la Certosa di Parma è uno di quei romanzi storici che agli occhi di un lettore moderno possono apparire tendenti allo scritto d'appendice e vicini alla serie televisiva. E infatti dalla trama di Stendhal sono state tratte ben due fiction televisive, di cui una del 2012 per la regia di Cinzia TH Torrini, (la stessa che ci ha regalato anche Elisa di Rivombrosa).La vicenda, che non riguarda assolutamente la Certosa di Parma - la stessa viene citata a volte dai personaggi e compare, ma solo di sfuggita, solo nelle ultimissime pagine -, è la storia della vita avventurosa di un giovane aristocratico milanese cadetto, dei suoi ardori giovanili, e del suo rapporto, a tratti ambiguo, con la affascinante e bellissima zia, la duchessa Sanseverina.Il tema di fondo è politico e si sviluppa nei primi decenni del XIX secolo, dunque quasi di attualità, dopo la sbornia della rivoluzione francese e l'epopea napoleonica, cui Fabrizio partecipa da adolescente avventurandosi in modo picaresco fino a Waterloo, per assistere alla fine di un'era.Spontaneo, incosciente, coraggioso, animato da eroici furori e in contrasto con un padre e un fratello maggiore che sono alfieri della repressione restauratrice, il marchese del Dongo incarna la figura del nobile decaduto, che da un lato si fa prendere dalla passione per il liberalismo e dall'altro però vive e agisce secondo i privilegi di una casta che si avvia a perdere il suo ruolo sociale nel confronto con la realtà.Privo di qualunque qualità che non sia l'avventata sincerità della giovinezza, Fabrizio è vittima delle sue passioni, non ha una propensione e neppure un'educazione approfondita e nel corso delle sue avventure il narratore onnisciente, che guarda alla sua sprovvedutezza con occhio bonario e divertito insieme, lo dipinge sempre sul punto di perdersi, se non fosse per i continui interventi e interesse della zia.La duchessa, vedova di un generale napoleonico, decide di spostarsi da Milano nella piccola corte di Parma, più provinciale e governata da un occhiuto e gretto despota con grandi ambizioni politiche, dove gode dell'amore del ministro del ducato farnesiano e diviene epicentro di intrighi e maneggi tra le fazioni del ministro stesso, conservatore, e avversa, i liberali guidati dalla marchesa Raversi.Questa parte del romanzo non è del tutto storica perché dopo i regni napoleonici il ducato di Parma era governato da un ramo della famiglia Borbone, essendo quella originaria dei Farnese da tempo estinta. Probabilmente l'opportunità politica consigliava a Stendhal un'ambientazione non del tutto realistica, visto che siamo negli anni tra 1831-48, destinati a cambiare la fisionomia geopolitica dell'Europa e dell'Italia.Attorno a questi due personaggi, Fabrizio e la duchessa, ruotano una serie di comparse e caratteri minori, come il conte, amante ufficiale della Sanseverina, insieme geloso e affezionato al primo, che intuisce come il legame tra zia e nipote potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di più intenso e vive sospeso sotto la minaccia continua di perdere la donna che ama e il posto di ministro che gliela garantisce, come il principe Ernesto V, fautore di uno stato poliziesco ma ambizioso al punto di promuoversi negli ambienti liberali come riferimento per i circoli antiasburgici per i nascenti progetti di unificazione italiana; o ancora la viscida figura dell'adulatore, il fiscale Rassi, animato dalla sola ambizione di raggiungere, lui funzionario borghese, la posizione di nobile e pronto a essere messo in ridicolo in ogni modo dai suoi superiori e a prestarsi a qualunque inganno per i suoi fini; infine l'irrinunciabile eroina, Clelia, figlia di un ex generale napoleonico, divenuto poi il carceriere di Fabrizio, icona di bellezza e dei tormenti spirituali e sentimentali di ogni figura femminile romantica, pronta a ogni sacrificio per una visione dell'amore che sa di idealismo adolescenziale più che di vera passione e di coraggio.Attraverso le complicate vite dei due personaggi principali l'autore tratteggia il ritratto di una società e di un ceto, la nobiltà decadente, completamente e inconsapevolmente travolta dai tempi e dalle contraddizioni, che sembra non rendersi conto che il turbine rivoluzionario ha spazzato via le condizioni di vita dell'ancien regime. Fabrizio, dopo aver seguito i suoi ideali di giovane libertario fino a partecipare alla battaglia di Waterloo - ed è questa una delle sezioni narrative migliori del romanzo -, accetta di prendere i voti perché, avendo la sua famiglia già espresso due arcivescovi di Parma, si troverebbe la strada spianata a quella carica, sacrificando gli ideali sull'altare di un opportunismo venato di accenti edonistici. Con simili idee opportuniste la duchessa, vedova di un generale napoleonico, si lega a una corte reazionaria e viene dipinta sempre pronta a passare sopra ogni principio e ideale, pur di favorire e proteggere lo sventato e sfortunato nipote. Anche i membri della famiglia del principe così come i cortigiani sono dipinti come sospesi tra una vacua dabbenaggine e la futile superficialità di intrighi meschini e debolezze. Gli amori disinteressati che riempiono di passione le vite dei protagonisti si rivelano più leziosi ed evanescenti che densi di umanità.Indubbiamente la grande abilità descrittiva di Stendhal e la sottigliezza con cui analizza i risvolti psicologici di travagli e passioni dei protagonisti contribuisce molto a coinvolgere nelle vicende e nei percorsi interiori della storia.Di tutto questo mondo resta però difficile e non sempre immediato per un lettore moderno apprezzare la visione insieme distaccata e leggermente ironica - il tono leggermente sornione dell'autore/narratore a tratti richiama certi stilemi, senza suggerire una parentela necessaria, dei 'Promessi Sposi' di Manzoni - che ne delinea Stendahl, sia per il fatto che la traduzione, per quanto di un poeta come Sbarbaro, risulta datata e piuttosto distante dal gusto e dalla lingua attuali, sia perché il succedersi delle vicissitudini assume un ritmo e un sapore molto romanzeschi, tanto da apparire eccessivi e da spingere anche l'editore parigino a sostituire le ultime trecento pagine con una chiusa breve e rabberciata, che in effetti rimane tronca e frettolosa.
Giudizio:+3stelle+
Articolo di Polyfilo
Dettagli del libro
- Titolo: La Certosa di Parma
- Titolo originale: La Chartreuse de Parme
- Autore: Stendahl
- Traduttore: Camillo Sbarbaro
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 2007
- Collana: Einaudi Tascabili
- ISBN-13: 9788806189426
- Pagine: 508
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,50