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La chiesa

Da Paultemplar

La chiesa

In pieno medioevo, un gruppo di cavalieri crociati scopre un villaggio abitato da gente che pratica la stregoneria; senza alcuna pietà, i cavalieri massacrano tutti, donne anziani e bambini, gettando i loro corpi in una fossa comune (alcuni sono ancora vivi) e coprendo il tutto con della terra e della calce.
Un vecchio sacerdote fa sigillare il posto, abbattendovi una grande croce: sul posto sorgerà una cattedrale consacrata a Dio, struttura destinata a contenere il male nascosto sotto di essa.

Nei giorni attuali Evald, un bibliotecario assunto dagli organi ecclesiali per riordinare la biblioteca della cattedrale che è stata costruita durante le vicissitudini su descritte, si imbatte in un antico manoscritto che accenna agli avvenimenti.
Aiutato da Lisa, una giovane e bella restauratrice con la quale Evald instaura immediatamente una relazione, si getta a capofitto con poca cautela nella ricerca del posto su cui venne apposta la prima pietra della cattedrale stessa.
Rimossa la croce dal pavimento, Evald scatena le forze infernali custodite e tenute a freno proprio dalla croce, finendo per subire un fenomeno di possessione, che si estenderà a macchia d’olio all’interno della chiesa.

La chiesa

Dove nel frattempo si sono radunate diverse persone, fra le quali fedeli in preghiera, una scolaresca in gita d’istruzione all’interno della cattedrale, alcuni appartenenti ad una troupe che si appresta a girare un book fotografico pubblcitario.
Evald, posseduto, infetta un sagrestano; sconvolto dalle visioni demoniache che gli fanno vedere il proprio corpo come devastato da una malattia simile alla lebbra, l’uomo si rifugia nei sotterranei e si uccide, versando sangue proprio sul meccanismo che serviva in origine per sigillare la chiesa.

La struttura si chiude ermeticamente, imprigionando tutti coloro che sono al suo interno; l’unica a poter penetrare e uscire dalla chiesa è la giovane Lotte, che conosce alla perfezione i sotterranei della chiesa, che utilizza di volta in volta per allontanarsi dalla cheisa stessa.
Lotte infatti è la figlia del sagrestano, ormai morto e che ha originato lo scatenarsi degli eventi.
Che precipitano.
Evald posseduto si trasforma in un caprone, immagine terrestre e incarnazione del demonio e si accoppia con Lisa durante una cerimonia satanica, davanti ad alcuni dei presenti nella chiesa anch’essi posseduti.
La morte corre nella struttura, dove sono tanti a cadere vittima delle allucinazioni provocate dai demoni.
L’unico a mantenersi lucido è padre Gus, un giovane prete di colore, che ha intuito quello che sta accadendo conversando con il Reverendo, priore della chiesa.

La chiesa

L’uomo infatti è al corrente dell’antica maledizione e sfugge ad essa lanciandosi nel vuoto.
Sarà padre Gus a far crollare la struttura agendo su un meccanismo creato appositamente per evitare lo scatenarsi dei demoni.
Lotte è l’unica superstite, e….

La chiesa, regia di Michele Soavi, uscito nelle sale nel 1989, è uno dei migliori prodotti italiani nel campo dell’horror ed arriva in un periodo di grandissima crisi del cinema.
Grazie alla sceneggiatura di Dario Argento, Soavi riesce a costruire un’atmosfera che integra alla perfezione gli stilemi dell’horror con il gotico anni 60/70, aiutandosi con i trucchi speciali e servendosi di un cast bene assortito, privo di grandi nomi ma assolutamente in grado di rendere bene i vari personaggi; fra gli interpreti spicca una giovanissima Asia Argento, nei panni di Lotte.

La chiesa

Molto curata l’ambientazione e la fotografia, mentre la storia si dirama con credibilità, cosa abbastanza rara nei film del genere horror.
A rendere il tutto abbastanza credibile è principalmente la mancanza dello splater fine a se stesso: le scene di sangue pur essendo presenti, non sono mai truculente oltre il necessario.
La chiesa è quindi un horror ben fatto e ben diretto da Soavi, regista assolutamente capace e padrone del mezzo tecnico.

La chiesa
Asia Argento è Lotte

Soavi, che in seguito dirigerà il buon DellaMorte DellAmore tratto dal fumetto Dylan Dog, si specializzerà fiction televisive, diventando uno dei registi più ricercati e capaci.
In definitiva, un film da gustare, per recuperare le atmosfere horror argentiane, a cui palesemente il regista si ispira e sopratutto per restare avvinti da una narrazione una volta tanto priva di grosse pecche.

La chiesa

La chiesa, un film di Michele Soavi. Con Micaela Pignatelli, Barbara Cupisti, Feodor Chaliapin jr, Asia Argento, John Karlsen, Feodor Chaliapin, John Richardson, Tomas Arana
Horror, durata 102 min. – Italia 1989.

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Tomas Arana: Evald
Barbara Cupisti: Lisa
Feodor Chaliapin Jr.: Canonico
Asia Argento: Lotte
Hugh Quarshie: Padre Gus
Antonella Vitale: Barbara
Giovanni Lombardo Radice: Reverendo
Roberto Caruso: Freddie
Roberto Corbiletto: Sacrestano
Alina De Simone: Madre di Lotte
Olivia Cupisti: Mira
Gianfranco De Grassi: Accusatore
Claire Hardwick: Joanna
Lars Jorgensen: Bruno
John Karlsen: Heinrich
Katherine Bell Marjorie: moglie di Heinrich
Riccardo Minervini: Scolaro
Enrico Osterman: Torturatore
Micaela Pignatelli: Fotografa
Patrizia Punzo: Signorina Bruckner
John Richardson: Architetto
Matteo Rocchietta: Giovane scolaro
Michele Soavi: Poliziotto

 

La chiesa

Regia    Michele Soavi
Soggetto    Dario Argento, Franco Ferrini, Dardano Sacchetti (non accreditato), Lamberto Bava (non accreditato)
Sceneggiatura    Dario Argento, Franco Ferrini, Michele Soavi
Produttore    Dario Argento, Vittorio Cecchi Gori
Casa di produzione    A.D.C., Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, Reteitalia
Fotografia    Renato Tafuri
Montaggio    Franco Fraticelli
Effetti speciali    Renato Agostini, Sergio Stivaletti
Musiche    Goblin, Keith Emerson
Scenografia    Massimo Antonello Geleng
Costumi    Maurizio Paiola
Trucco    Rosario Prestopino, Franco Casagni, Laura Borselli

 

Le recensioni appartengono al sito www.davinotti.com

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La chiesa

Delusione. Meglio Deliria, per nerbo, sceneggiatura e compattezza narrativa, qui assolutamente latitante. Quadri umoristici degni del peggior Argento (a parte la “testa” di Karlsen). Il film raggiunge la sufficienza (ma non va oltre) in virtù delle capacità registica e visionaria. Su tutto troneggiano Bosch e il Lang di Metropolis, pesantemente (ahinoi) contaminati da Indiana Jones e Il nome della rosa. Personaggi che entrano e spariscono: Asia è fra gli attori migliori, il che la dice lunga sugli altri.

Molte le similitudini con Inferno, e considerato che soggetto e sceneggiatura portano la firma di Argento (qua produttore), c’è da supporre che il tutto non sia certo casuale. In Inferno il custode del segreto della struttura dell’edificio maledetto era l’architetto Varelli: qui, in questo nuovo “antro per l’inferno” che è rappresentato dalla Cattedrale, lo stesso interprete (Feodor Chaliapin) è il titolare della sapienza nascosta che è celata nei sotterranei della Chiesa. Grande regia di Soavi, influenzata dai dipinti di Hieronymus Bosch.

Notevole anche se non completamente dispiegato nelle sue potenzialità, il figlio illegittimo di Demoni è uno degli ultimi horror della felice stagione eighties italiana, con molte idee (seppure a volte confuse), un discreto ritmo, una regia all’altezza. Splendida la parte iniziale, notevoli squarci visionari, qualche gustoso momento cartoonistico (la campana… ). La palla al piede è quella tipica del periodo e che diventerà la maledizione del nume tutelare Argento: i veri mostri sono gli attori.

L’idea di partenza era interessante, l’ambientazione affascinante e piuttosto originale. Peccato che a queste ottime premesse siano seguiti risultati un po’ deludenti. Questo perché, a mio avviso, sarebbe potuto essere un grandissimo film ed invece ne è venuta fuori una pellicola appena discreta. Il meglio sono le belle invenzioni visionarie, il peggio la sceneggiatura firmata da Ferrini e Argento (la scrittura non fa proprio per il regista romano). In ogni caso un film gradevole e a tratti gustosamente splatter.

Secondo me il film dà il suo meglio nel prologo iniziale ambientato nel medioevo. Se fosse continuato così sarebbe stato un capolavoro, invece finito quello si va progressivamente peggiorando. Nonostante l’ambientazione tetra e gotica della chiesa che crea una bella atmosfera, il film perde di interesse, con delle trovate piuttosto discutibili e scontate. Peccato. Occasione mancata.

Soavi non sfrutta male la possibilità che gli viene offerta e dirige in maniera diligente un film che sarebbe potuto essere di Argento, cercando di farlo come il suo maestro avrebbe fatto e riuscendoci in parte. Anche se a tratti manca la visionarietà di Dario, la storia è abbastanza ben scritta e il fascino della cattedrale gotica è tale da rappresentare un interprete aggiunto del film. Anche Asia Argento, ancora acerba, regala (stranamente) una prova dignitosa e alcune scene sono decisamente suggestive.

Visivamente è piuttosto appagante, a conferma del talento visivo di Michele Soavi. Il regista riesce a creare ottime atmosfere, dimostrando di saper essere fantasioso, evocativo e abile nel saper sfruttare a dovere il fascino dell’ambientazione (una cattedrale gotica). A latitare è la storia – peraltro firmata da Dario Argento – confusionaria e frammentaria, pur se sostenuta da un ritmo discreto. Vedibilissimo ma altalenante.

Segreto, templare e diabolico mistero. Il demone è immaginato e mostrato in una dimensione più complessa del solito: è poco moderna, solo moderatamente violenta, ma di elevato fascino. Chiaramente protagonista, l’edificio si impone inghiottendone i suoi abitanti, quasi per divertimento. Non fosse per la maledizione, si potrebbe anche parlare di un gioco, una sorta di labirinto (o di cubo antico) chiuso, non difficile da scoprire ma impossibile da sopportare. La direzione è scaltra, capace di sopperire con le immagini a qualche lacuna nella sceneggiatura.

Mi aspettavo di più da questo horror, dato che alla sceneggiatura c’era un certo Dario Argento. La storia lascia spazio a molta suspence e la regia di Soavi è discreta, però purtroppo gli attori non sono alla “portata” del film. I Goblin hanno fatto di meglio…

Horror che non delude, dato che sa coinvolgere. Una trama ben studiata dal regista Michele Soavi e da Dario Argento (che qui lo presenta facendogli una diretta pubblicità). A tratti sembra un po’ banale, ma dopotutto è un’opera che non addormenta. Iniziando dal medioevo fino ai giorni nostri. Non c’è un vero protagonista e non c’è un diretto antagonista. Buona storia.

A detta di chi lo ha realizzato, il risultato finale del film è molto diverso delle aspettative; non so quali fossero le aspettative ma il film è un buon gotico ambientato nei meandri di una cattedrale bellissima, che già da sola contribuisce a dare fascino alla pellicola. Alcune incertezze degli attori e in particolare la prova della Vitale, molto più brava in altre occasioni che qui, probabilmente ledono in parte le ottime premesse. Brava la Argento.

Ancor più che nel successivo La setta, Soavi dimostra in questo film di aver ben appreso la lezione di Argento nel creare atmosfere morbose e macabre, e di possedere un linguaggio cinematografico di tutto rispetto. “La chiesa” ha una sceneggiatura lineare, un ritmo serrato, il classico tema dell’assedio: tutti elementi ben risolti attraverso la facilità di ripresa del regista. Uno dei migliori horror italiani per classicità d’impianto e soluzioni visive.

In un clima di grande libertà espressiva, Soavi realizza con inaspettate qualità registiche e autentico spirito creativo, un gran bel horror, gotico, progressive, misterioso ed inquietante, tra Angeli e Demoni, Il Nome della Rosa e il Codice da Vinci. Visivamente curatissimo ed affascinante ma non solo, anche ricco di magia e di suggestive citazioni, dai Cavalieri teutonici all’alchimia di Fulcanelli e del suo Mistero delle Cattedrali, dai dipinti di Bosch alle sonorità di Philippe Glass. Sorprendente!

Quando la Argento è l’attrice meno peggio del film, c’è qualcosa di sbagliato. La Chiesa è un susseguirsi di deliri pseudosatanisti, scene tra il grottesco e il surreale e una pletora di attori ignobili. Peccato perché l’idea di partenza non era da buttare, ma tra un montaggio infame e la regia del discretamente incapace Soavi, risulta a malapena interessante. Impossibile da prendere sul serio e probabilmente il film stesso non ha intenzione di esserlo. D’altronde in origine era Demoni 3… Lasciamo stare il “doppiaggio”, meglio ascoltare i Goblin.

Dopo qualche battuta ci si accorge che la pellicola è quasi totalmente priva di storia. Le scene si susseguono in maniera estemporanea senza un filo logico. E non è solo colpa di un montaggio scadente ma soprattutto di una sceneggiatura ridotta all’osso e di una regia che non ha le idee chiare ed avanza a tentoni. Realtà e fantasia si accavallano fino a confondere lo spettatore, rendendo inutile cercare di capire il chi, come o perché. Ennesima pellicola (pseudo) horror tirata su alla men peggio, in cui Argento fa lo specchietto per le allodole.

Avrebbe dovuto essere il terzo episodio della saga di Demoni e sicuramente il peggiore della serie. La colpa è soprattutto di una sceneggiatura che compendia in maniera esemplare i peggiori difetti di Dario Argento: dialoghi tremendi che servono unicamente a collegare una scena con un’altra; trama confusionaria piena di buchi e “salti”; momenti di ridicolo involontario; personaggi che appaiono e svaniscono senza motivo; mancanza di qualunque spessore nei personaggi. La suspance è inesistente e Soavi alterna momenti di ottima inventiva ad altri di mediocre banalità registica.

Gioiellino dell’horror italiano e soddisfacente per gli appassionati del genere. Michele Soavi, con questo film calustrofobico e labirintico, conferma di avere una certa padronanza degli effetti visivi e di possedere un vero talento registico (almeno in questo genere) da non invidiare l’Argento a cui si ispira. Asia Argento è alle sue “prime armi” e già convince nei panni di una bella ragazzina comune degli anni ’80.

Film più che deludente. C’è poco da dire. Dispiace perché dalla testa di Dario Argento era uscita una grandissima idea, che praticamente è risultata nulla. Michele Soavi non è il sopracitato e lo si intuisce fin dalla prima scena. I Goblin sono l’unica nota d’interesse…

Al secondo lungometraggio, Soavi tenta di rimodernizzare il genere gotico nostrano, con qualche spunto d’interesse generale e un buon cast di supporto (inclusa Asia Argento, che stavolta riesce a non farsi detestare). Tuttavia, ciò che rende il regista anonimo è la similitudine di linguaggio che lo lega, senza ombra di dubbio, a veterani come Dario Argento e Lamberto Bava, con i quali ha in comune non solo la passione per l’horror, bensì una regia televisiva che, addirittura, vieta al pubblico l’immedesimanzione nell’intreccio.

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