La chiesa-bambino e il passaggio tra i mondi.

Creato il 03 febbraio 2015 da Il Viaggiatore Ignorante
Ai piedi del colle di Mattarella, detto oggi Calvario, poco a sud di Domodossola, sorge una piccola chiesa e gioiello romanico, dedicata ad un bambino, il martire infante Quirico. Più di cinquanta diverse versioni raccontano la sua morte violenta, insieme a quella della madre Giulitta. Originari di Iconio (Licaonia) fuggono in direzione di Tarso al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, ma lungo la strada vengono fatti arrestare dal governatore di Cilicia Alessandro.
La madre viene posta sotto tortura davanti agli occhi del figlio, tenuto sulle ginocchia dal governatore stesso, ma non cede e non abiura. Quirico ad un certo punto, esclama: “Anch'io sono cristiano”, scatenando le ire di Alessandro che lo scaglia sui gradini del tribunale uccidendolo. La madre intanto viene consegnata al boia. Accadeva nel 304-305 d.C. Solo dieci anni più tardi Costantino avrebbe reso il Cristianesimo religione di stato. I due martiri sono solitamente inscindibili... a Calice invece è ricordato solo San Quirico. Si può azzardare che l'iniziale dedicazione coinvolgesse entrambi e che, successivamente, uno dei due per qualche motivo sia stato progressivamente dimenticato. Si sa che, a volte, il piccolo martire è stato confuso con l'omonimo milite della Legione Tebea. E se invece la “madre” fosse altrove? C'é forse un'altra chiesa che funge da “madre” così come questa è il “figlio”?In effetti la risposta è affermativa. Ma non è il Sacro Monte sovrastante. Nelle sue vicinanze, proprio sopra San Quirico, esiste ancora, lontana dagli sguardi dei curiosi, non visitabile, parte del muro perimetrale di un'antichissima chiesa a pianta circolare. Si dice, così riportano le cronache, che fosse dedicata a... Santa Maria.I suoi ruderi si elevano su un grande masso inciso con coppelle e un “affilatoio”. Quale che sia la loro vera funzione, sono senza dubbio il segno della sacralità continua del luogo, già venerato evidentemente molto prima dell'avvento del Cristianesimo.Così è anche per San Quirico, nel cui muro meridionale, all'esterno, furono inseriti due conci provenienti da un edificio precedente, su cui sono scolpiti una sorta di maschera in negativo (quella di un dio?) e i profili di tre personaggi, forse sacerdoti.Ecco dunque le due chiese, figlio e madre. San Quirico si trovava presumibilmente sull'antica strada che dalla piana saliva fino al colle di Mattarella, passando appunto per entrambe le chiese. L'oratorio di Calice doveva perciò essere una specie di “porta” di accesso al monte santo. Circondato da tombe su tre lati, aveva un'entrata e un'uscita sui lati opposti della navata, anziché un unico accesso sul fondo. Doveva essere insomma una sorta di “passaggio” tra mondi, quello umano e quello celeste.In natura il bambino riconosce la madre, l'adulto finisce per dimenticarsela. Questo sembra il messaggio: se torni “fanciullo” riconoscerai la vera “madre”. Non può certo mancare, presso la porta del cielo, attraverso la quale solo i “bambini” (i puri di cuore) passano, il nobile guardiano Michele arcangelo. Ad ali aperte in un abbraccio, là dove deve stare, lo troviamo insolitamente ritratto mentre infilza con una lunga lancia non il drago ma un demone nero. Il drago è vicino, sopra di lui, in forma di serpenti, dominati dal noto santo sauroctono locale, l'apollineo San Giulio. Nella sinistra Michele regge la bilancia con cui sta soppesando un uomo e una donna posati nei due piatti. Sono riconoscibili soprattutto per il loro “atteggiamento” maschile e femminile. Principe delle milizie celesti, guerriero nel senso di “portatore e amministratore di giustizia”, l'arcangelo è la nemesi del demone, il suo opposto in cui sembra quasi specchiarsi. La sua lancia termina con una croce, così come la coda del diavolo termina con una croce verso il basso. Il principe è ritratto mentre affonda l'asta nella bocca satanica dell'avversario, o forse negli occhi, incapaci di discernere il giusto dall'ingiusto.L'unico vero demone è nella bocca di chi parla, negli occhi di chi guarda.
 Riecheggia la leggenda di San Qurico e Giulitta, in cui è un “amministratore di giustizia” incapace, antitetico all'arcangelo, nero come il demone “re” e “governatore” dell'inferno, a condannare il bimbo e la madre.L'unica corona visibile nella piccola chiesa è però quella che un angelo sta ponendo sul capo di una santa, all'opposto di Michele. Santa Caterina di Alessandria? Santa Giulitta?Le pupille dei suoi occhi, così disuguali, paiono le due “luci” celesti, il sole e la luna, le due “fonti” di discernimento che illuminano la giustizia. Le decorazioni “a punta di lancia”, a “fleur de lys” della lunga veste si ritiene siano tipiche, per colori e motivi, della casata dei De Rodis, feudatari dell'alta Ossola. E se questa “santa” fosse in realtà un'allegoria della casata, della dinastia, della famiglia De Rodis, provvidenzialmente posta proprio al confine meridionale dei loro territori, presso la “porta” di accesso?La sua sinistra è curiosamente in posa e posizione simile a quella dell'arcangelo, seppur vuota. I capelli di entrambi sono biondi, lucenti come il sole. Sembra che la casata cerchi in ogni modo di rifarsi a S. Michele, suo protettore ed insieme modello, come se essa stessa fosse un “nuovo” San Michele. La parrocchiale voluta dai De Rodis a Premia, il loro luogo di origine, la loro “madre”, è dedicata all'arcangelo...Le pupille della donna bionda che evoca la nobile casata sono neri come il demone accecato dal principe delle milizie. Luce e ombra si confondono a San Quirico, opposte e uguali parti di una stessa realtà. Sul muro esterno, proprio in corrispondenza del demone nero, spicca il volto antico di un dio pagano scolpito nella roccia, un Cernunno, dicono, senza corna ma con grandi “orecchie”, che paiono bolle di luce intorno al viso.In verità il suo nome è Belenos, l'Apollo uccisore dei serpenti celtico, speculare rispetto al demone. Il calendario dei mesi che occupa la parte bassa dell'abside è scandito dalle quattro monofore, posizionate i modo da far entrare il sole proprio nei giorni dell'anno dedicati alla sua maestà.Belenos... colui che è luminoso, il dio luminoso, luminoso come Dio.Colui che è come Dio... “Michael”, appunto.
Francesco Teruggi

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BIBLIOGRAFIA

Tullio Bertamini, San Quirico di Calice, Oscellana, 1974Gianfranco Bianchetti, Il Quattrocento lombardo in San Quirico di Calice, Oscellana, 1997Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dictionnaire des symboles, R. Laffront, Paris, 1969Marie Magdalene Davy, Initiation à la symbolique romane, Flammarion, Paris, 1964

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