Residuo di affresco dell'XI sec. (ph. V. D'Aurelio)
E’ indubbio che gli affreschi muresi sul tema nicolaiano, confermano ancora una volta l’idea che sia stata la copiosa produzione pittorica, influenzata spesso dalle tendenze artistiche locali, il mezzo principale di diffusione del culto al Santo che in tal modo diventa molto familiare, malgrado la sua oscura fisionomia storica, in moltissimi centri del meridione. Per Muro Leccese la dislocazione geografica svolge storicamente un ruolo fondamentale che va a vantaggio della diffusione del culto e difatti, ricadendo nel basso Salento a poca distanza da Otranto, questo centro indirettamente s’inserisce sulle rotte di navigazione commerciale del Mediterraneo orientale dove è già attestata dal VI sec. l’affermazione della devozione a San Nicola. Tuttavia l’assenza di prove documentarie non permette di accertare l’esistenza del culto in Muro Leccese nei secoli VI-IX ma è certo che tra l’VIII e il IX sec., quest’ultimo è la stessa epoca di fondazione dell’impianto originario della chiesa murese come dimostrano gli studi archeologici più avanti esposti, iniziano a moltiplicarsi nel meridione le chiese e le immagini in onore del Santo. Nel IX sec. ciò determina il consolidamento del culto ma è principalmente la storia dei tre generali bizantini liberati dal carcere per intercessione di San Nicola che genera nelle popolazioni una fervida devozione.
Questo episodio, infatti, come riportato negli affreschi del ciclo nicolaiano della chiesa di Santa Marina e anche molto prossimi al periodo in esame, ricorda alle famiglie come il Santo possa intervenire, nell’epoca delle invasioni arabe, a liberare i familiari rapiti e fatti schiavi dai saraceni. Qualche tempo dopo, nel 924 precisamente, proprio la stessa Muro sarà distrutta dalle orde musulmane.
La Chiesa di Santa Marina è quindi costruita nel momento in cui all’apice del culto cristiano c’è la venerazione del Santo Vescovo e ciò spinge i devoti, nel corso dello stesso secolo, a interessarsi alla sua vita. I primi agiografi, attorno al X sec., di fronte alla scarsità di notizie biografiche attingono alla vita del vescovo San Nicola di Sion (?-564), città presso Myra. Di lui si esaltano le virtù e le vicende legate alle sue opere intraprese per la cristianizzazione delle campagne le quali trovano nella ruralità del meridione un fertilissimo terreno. Sulla scia di questa costruzione agiografica il famoso episodio legato all’abbattimento del cipresso infestato dai demoni, pur appartenendo alla vita del Santo Vescovo di Sion, è trasferito a quella di San Nicola da Myra così come dimostra l’affresco presente in Santa Marina.
Anche in questo caso la chiesa murese diventa una testimonianza diretta e coeva del lavoro di fusione che, come dimostra la “Vita Compilata” scritta d’autore ignoto nel 900, gli agiografi compiono nel X sec. attorno alle due figure. Il risultato di questa combinazione agiografica permetterà alla figura carismatica del San Nicola da Myra di assumere quella consistenza storica, che a tutt’oggi manca, utile a creare la fama e il proselitismo che tra il VI e il X secolo va esponenzialmente diffondendosi. Ciò è comprovato sia con l’inserimento, dal VII sec., del grande taumaturgo nel calendario romano e sia con la stesura in latino, per mano di Giovanni Diacono (852-882), della “Vita Sancti Nicolai” sul finire del IX sec.
Residuo di affresco dell'XI sec. con Cristo in Trono (ph. V. D'Aurelio)
Non è allora particolarmente difficile concordare con quanto asserito da mons. Antonio Antonaci (1920), professore di storia della Filosofia presso l’Università di Bari e ispettore onorario ai monumenti del Salento, il quale afferma che per la sola presenza di questa chiesa, Muro Leccese potrebbe di diritto elevarsi a primario centro culturale del Mezzogiorno d’Italia. La chiesa è oggi dichiarata monumento nazionale.