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La chimica dell'insalata

Creato il 14 febbraio 2011 da Enricobo2

La chimica dell'insalata

foto:flickr

 

Si fa un gran parlare del gap qualitativo tra la scuola, gli studenti e gli insegnanti odierni e quelli di un tempo, pre-68, tanto per intenderci. In particolare sull'insegnamento delle materie scientifiche, come la chimica. Riprendo quindi un vecchio post sull'argomento per rinverdirne l'attualità. Si fanno riforme universitarie allo scopo specifico, si filosofeggia molto su cause ed effetti, si enfatizzano voragini di ignoranza e così via. Poi nella realtà di tutti i giorni, mentre siamo qui a commentare le nuove classi con 41 allievi, come è accaduto a Novi Ligure, che devono formarsi con le ultime disposizioni di risparmio, i nostri ragazzi, che in fantomatici test, studiati da chissà quali teste aguzze, arrivano sempre dopo quelli del Burundi, vanno all'estero a fare ricerca o a lavorare e sbancano quasi sempre il cucuzzaro, sono tra i più graditi ed apprezzati e ci fanno fare dei gran figuroni.
Chissà com'è la realtà vera. Io, a causa dell'anagrafe, posso solo ricordarmi degli episodi, non so se significativi, ma certo quantomeno curiosi. Ho preparato diversi esami universitari con un caro amico, poi, com'era consuetudine allora, si andava a sentire gli esami degli altri, da cui si sperava di trarre utili indicazioni sulle manie e le inclinazioni del professore ed altre malizie; adesso non si può più, giacchè gli esami sono tutti scritti e di fronte ad un foglio anonimo; passa anche la poesia e manca lo stimolo del combattimento verbale, la lotta corpo a corpo per sgusciare dalla presa della domanda ignorata e la ricerca di una posizione favorevole sull'argomento conosciuto su cui assestare il colpo fatale. Comunque quella mattina, grigia come tutte le sessioni autunnali, eravamo pochi nella piccola aula di chimica dove si svolgeva l'esame di organica, uno scoglio duro e difficile, perchè come tutti sanno, la chimica è palestra impegnativa dell'intelletto, fatta di concetti spaziali da immaginare, di legami imponderabili da sentire più che capire, da architetture costruite nel tempo con la fantasia, prima che fossero successivamente provate dalla scienza.
Un cammino lungo nella storia del sapere dell'uomo, prima filosofia che scienza, basatasi sulle sensazioni dei grandi pensatori e fatta di elementi primordiali, di fuoco, di acqua, di aria. Ma un conto è la filosofia, un altro è la pratica dell'incubo dell'esame. Torniamo dunque indietro nel tempo e ripiombiamo in quell'aula dall'atmosfera tetra e poco amichevole. Un cubo vuoto dalle pareti sporche, con il fondale di lavagne a scorrimento, coi gessetti che stridevano sulla superficie rosa dall'uso ed i cancellini di feltro che da eoni non erano stati sbattuti e diffondevano nell'aria un tenue polverino bianco. In fondo all'aula un gruppetto di giovanotti in giacca a e cravatta, tremebondi gli uni, gli esaminandi, un po' più rilassati ma preoccupati per il futuro gli altri, gli auditori. Alla cattedra, vicino a due stanchi e svogliati assistenti, il pimpante professore di chimica, un toscano dalla parola facile ed aggressiva.
Il mio amico viene dunque chiamato, consegna il libretto ad uno di due scherani che comincia a consultarne i voti; un tempo questa era la fregatura se eri uno studente mediocre, mentre se acchiappavi qualche trenta all'inizio, tutto era in discesa, e si dispone quasi sull'attenti ad affrontare il fuoco nemico. Il prof si alzò e vergò con cura una formula sulla lavagna e chiese se l'esaminando sapesse riconoscere il composto. Lo sguardo dubbioso e confuso di E. ondivagò sulla grigia superficie, cominciando a scorrere lungo la catena dei tre atomi di carbonio come sgranando le palline di un rosario di duro diaspro, alla ricerca di un qualche appiglio per non esser affondato al primo colpo. Poco gli suggeriva il doppio legame con l'ossigeno o tutti quegli atomi di idrogeno che la formula di struttura raggruppava agli estremi della catena. La lavagna era nera e buia come l'oscurità che avvolgeva i suoi anfratti mentali. Allora si usava così. Dentro o fuori. Vedendo lo sguardo pensoso, mentre gli occhi umidi ruotavano qua e là alla disperata ricerca di aiuto, il cerbero, forse si commosse e se ne uscì con la battuta che per certo, la sua arguzia professorale aveva lungamente studiato e che, certo, riteneva spiritosissima.
"Dunque, vedo che non è molto preparato, ma visto che questa mattina è il primo, voglio proprio aiutarla. Se lei ha un insalatone, con cosa lo condisce? Con l'olione, il salone e con.....con.... su forza che è facile". Uno sguardo di gratitudine affiorò immediatamente nell'occhio disperato del mio socio che si affrettò ad afferrare quella insperata ciambella di salvataggio e se ne uscì pronto e candido: " Con il limone". L'occhio del prof si vetrificò alla inattesa trasformazione della vinaigrette in citronnette, operazione alchemica non prevista dai rigidi canoni della chimica organica e il viso divenne d'un tratto paonazzo, poi con furia afferrò il libretto dal tavolo e lo scagliò contro il malcapitato, urlando :"Se ne vada!" Anche la polvere di gesso rimase per un attimo ferma a mezz'aria, congelando quel momento topico, che rimase a lungo nella storia della facoltà. Ma forse erano altri tempi.
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