«C’est
l’histoire d’une société qui tombe
et
qui au
fur et à
mesure de sa chute
se
répète sans cesse pour se rassurer:
“Jusqu’ici
tout va bien, jusqu’ici tout va bien,
jusqu’ici
tout va bien”. Mais l’important
n’est
pas la chute, c’est l’atterrissage»
La
Haine
(Mathieu Kassovitz, 1995)
Quel
che resta del disprezzo che va a Renzi spetta di diritto ai
fiancheggiatori che ne agevolano le scelleratezze minimizzandone la
gravità col sarcasmo di cui fanno oggetto chi invece la avverte e la
segnala. Naturale inclinazione all’acquiescenza,
strafottenza come surrogato di piena padronanza delle situazioni,
mera ignavia come esorcismo contro ogni genere di pericolo – poco importa
cosa li muova a sbertucciare, peraltro con piatta uniformità di
toni, chi nella migliore delle ipotesi considerano un malato d’ansia,
sennò un subdolo inoculatore di velenoso allarmismo. Nel più
plateale precipitare di peggio in peggio, questi miserabili continueranno sempre a
dire: «Jusqu’ici
tout va bien»,
fino alla
fine, e a reagire con un moto di fastidio a chi fa presente che tutto
precipita.Sarà una puttanata che «la
plus belle desruses
du Diable est
de vous persuader qu’il
n’existe
pas»
(Charles
Baudelaire),
di certo non c’è
dittatura che possa fare a meno del brodo di coltura che le dà
nutrimento con l’ottusa
indolenza di quanti si rifiutano di vederla, che poi sono gli stessi
che ingrassano nelle sue pieghe. Forse occorre risparmiare un po’
del disprezzo che va a Renzi per lasciarlo a loro.
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