Non è una questione puramente lessicale: che una parola possa essere riproposta nell'inventario di una comunità è facilmente ipotizzabile - si pensi, per esempio, alla rilatinizzazione messa in atto dagli umanisti nel Quattrocento -; a livello morfo-sintattico, però, il problema diventa più complesso, perché è attraverso la sintassi e la morfologia che il parlante, dopo aver recepito gli input della realtà esterna, organizza il discorso e la realtà stessa. Interviene, quindi, una serie di fattori non trascurabili che rende difficile, ma al tempo stesso interessante, la spiegazione del cambiamento e della sua ciclicità.
Si pensi agli articoli determinativi nella lingua italiana, la cui origine è da attribuire ai pronomi dimostrativi: in latino volgare questa parte del discorso (ILLE > il, ILLUD > lo) aveva iniziato a marcare con frequenza sempre maggiore il nome, e, almeno in linea di massima, la differenza tra articolo determinativo e indeterminativo consiste proprio nell'opposizione specifico/generico ("Il cane di Mario", quindi, non è un cane qualsiasi, ma è "quel" cane). Ebbene, nell' italiano neo standard emerge una tendenza illuminante in tal senso. Prendiamo alcuni esempi da Sociolinguista dell'italiano contemporaneo del linguista Gaetano Berruto (ed. Carocci, 2010):
- [...] nei confronti di quelle organizzazioni che fanno ricorso al terrorismo (Giornale Radio, 27 dicembre 1985);
- [...] quei partiti che sono in Germania federale contrari al nucleare [...] (la Repubblica, 4 luglio 1986, p.6).
E aggiungiamo anche:
- Quella che era la carta vincente si è trasformata nella più grossa delusione;
In tutti e tre gli esempi sono messe in corsivo strutture che possono essere rese in modo più semplice, cioè con un articolo determinativo; senza incorrere in un errore - anzi -, potrebbero essere riscritte così:
- Nei confronti delle organizzazioni che fanno ricorso al terrorismo;
- I partiti che sono in Germania federale contrari al nucleare;
- La carta vincente si è trasformata nella più grossa delusione.
Si nota, insomma, lo stesso passaggio avvenuto dal latino classico (che non prevedeva l'uso degli articoli) a quello volgare: il pronome dimostrativo sta estendendo la sua funzione deittica, cosicché, in previsione di un futuro remoto, e in riferimento ai soli articoli determinativi, si potrebbe ipotizzare un processo del genere:
Pronome dimostrativo latino > Articolo determinativo latino volgare/italiano > Pronome dimostrativo italiano con funzione deittica
Gaetano Berruto ne parla in questi termini:
"Se considerati assieme a un altro fenomeno ben noto, vale a dire che "trovano buona accoglienza le forme dei dimostrativi questo e quello rafforzate da qui e lì" (Sabatini 1985, 159; ma cfr. già Fornaciari 1974, 252-3), pur se lievemente marcate in diatopia come settentrionali, potrebbero addirittura indurre a pensare che si avvii ad avere inizio uno spostamento simile a quello che ha portato alla formazione dell'articolo romanzo e italiano in particolare".
Ma la ciclicità del cambiamento linguistico è espressamente affrontata in un saggio di Otto Jespersen, il noto Negation in English and the Other Language del 1917, dove il linguista analizza lo sviluppo della negazione frasale:
"La storia delle espressioni negative ci attesta la seguente curiosa fluttuazione: l'avverbio negativo originario prima è indebolito; poi lo si trova insufficiente, quindi lo si rafforza, generalmente attraverso l'aggiunta di parole che a loro volta possono essere considerate la negazione vera e propria; con il tempo questa può essere soggetta allo stesso sviluppo della parola originaria".
Vediamo cosa succede nella storia della negazione francese:
Negazione + verbo > Negazione + verbo + pas > (negazione+) VB + pas [ > pas du tout > du tout].
Ma anche quella inglese (e non solo) può fungere da esempio:
ing. Negazione + verbo > negazione + verbo + not > VB + not.
Le dichiarazioni di Jespersen sono quindi dimostrate: in francese, inizialmente si assiste all'indebolimento delle negazione, che deve essere rafforzata da pas; in seguito, pas diventa parola grammaticale a tutti gli effetti, in un processo che tende a ripetersi: il parlante ha necessità di rimarcare il "no", perciò aspettarsi pas du tout e poi semplicemente du tout (rafforzato in seguito da chissà quale altra parola) non è azzardato.
Nel saggio Tipologia linguistica e linguistica storica (da Pagine linguistiche, Laterza 2005), il linguista Paolo Ramat fornisce una spiegazione esaustiva e interessante alla ciclicità di questo cambiamento, mettendo in evidenza alcuni dei criteri con i quali i parlanti processano la realtà esterna:
"Si può vedere con chiarezza l'importanza di tener presenti contemporaneamente più fattori per comprendere l'evoluzione storica di una tradizione linguistica, compresi i suoi eventuali cambiamenti tipologici: quelli pragmatici che sono alla base delle esigenze espressive dei parlanti (donde i continui rafforzamenti enfatici della negazione), quelli della immediata processabilità da parte degli ascoltatori (donde la tendenza ad abbandonare il costrutto discontinuo ne... pas [...]), cui fa da contrappeso il prestigio sociolinguistico della norma che impone ancora NEG discontinua".
Se è vero, dunque, che il mutamento linguistico dipende anche da variabili casuali - per esempio, da decisioni di politica linguistica (come avviene in Francia) - è altrettanto vero che una ratio esiste e pare quasi genetica: come spiegare, altrimenti, il ritorno a strutture cui le precedenti generazioni avevano rinunciato?