Le donne orientali sono sempre state guardate come esempio di grande eleganza, compostezza e raffinatezza. Non ultimo, sensualità. Traspare da ogni poro, da ogni movimento soltanto accennato, da ogni sguardo solo immaginato. Anche se coperte da metri e metri di tessuto. Anche se ciò che si lascia scoperto all'occhio è solo un polso o una parte del collo.
Grazie a tante regole e ancora più arti femminili, il mito della geisha è arrivato a noi, integro. Le loro vesti dalle forme uniche e dai tessuti, resi ancor più preziosi da pennellate di colore, che continuano ad affascinare. Così come ad aumentare è il desiderio di indossarli.
Il kimono è una veste a forma di T, che non ha nulla a che fare con la semplicità. Colletto, maniche lunghe e ampie, lungo fino alle caviglie. Si chiude con un'avvolgente e spessa cintura, che si annoda sul retro, chiamata obi.
Quelli che comunemente troviamo in vendita nelle catene commerciali, davvero poco hanno in comune con ciò che sono i veri kimono. Che hanno una storia, un significato a seconda del colore, degli accessori, o di come sono allacciati.
Eppure va così. Il vento orientale continua a soffiare e portare voglia di Sol Levante. Voglia di un capo che vada fuori dai soliti schemi. Che non sia un top, che vada oltre le camice, che sia più di una blusa. Banalmente qualcosa di diverso che non siamo stati abituati a vedere, che non siamo stati obbligati ad indossare per cultura. Qualcosa da dissacrare e reinventare perché, infine, non ne conosciamo davvero il percorso storico.
Il gioco della moda è anche questo: indossare qualcosa a modo nostro e creare così nuovi percorsi, o meglio, la "nostra storia".
E mentre tutti questi pensieri mi scorrono nella mente, non faccio che pensare a qualche sera fa. Milano, metropolitana e i miei occhi increduli. Davanti a me una donna anziana, che fiera e leggiadra indossa il suo kimono e se ne va in giro così, meravigliosamente, a spasso per la città. In un paese dove c'è ancora chi sgrana gli occhi per lo stupore.