Oggi inauguriamo su MilleOrienti la rubrica “Non ci posso credere”. Già in passato ho segnalato su MilleOrienti varie castronerie apparse sui media italiani riguardo all’Asia, ma quella uscita ieri (24 giugno 2015) sul quotidiano La Repubblica è imperdibile. L’articolo a pag. 32 si intitola L’Europa è vi-Cina (e già su un titolo del genere, con un gioco di parole vecchio di cinquant’anni, è meglio glissare) ma ecco la perla: «Pechino puntava a conquistare l’Occidente imponendo yoga, tè verde, biciclette, panda, ping-pong, tofu….»
Dunque, a parte il fatto che non ce li vedo i cinesi ad abbattere noi europei a colpi di tofu in faccia; e a parte il fatto che quasi tutti i cinesi hanno lasciato perdere la bicicletta e vanno in automobile o in moto (aggravando i problemi di inquinamento nelle loro città); insomma a parte tutto il resto, provate a rileggere la frase: «La Cina puntava a conquistare l’Occidente imponendo lo yoga….»
Lo yoga?! Ohibò, e io che pensavo che lo yoga fosse indiano! Di più: pensavo che lo yoga in Cina non esistesse proprio, e che i suoi abitanti fossero occupati a praticare il Tai Chi e le altre discipline tradizionali cinesi. E, diciamocelo, non conta niente il fatto che pochi giorni fa – il 21 giugno 2015 – l’Onu abbia celebrato in tutto il mondo (Italia compresa) l’International Yoga Day su proposta del Premier indiano Narendra Modi.
Per fortuna l’articolo è firmato «dal nostro corrispondente in Cina», cioè da un collega giornalista che vive e opera in Cina, non che vi è arrivato casualmente, e che quindi ha studiato la cultura cinese e sicuramente sa di che cosa sta scrivendo. Per fortuna, dico, altrimenti si potrebbe pensare a un surreale paradosso del tipo «gli svizzeri sono famosi per gli spaghetti al pomodoro e gli italiani per gli orologi a cucù». Invece, cari lettori, c’è sempre da imparare: lo yoga è cinese
Mentre attendo con incosciente serenità l’invasione yoga dalla Cina, mi viene in mente un ex collega che molti anni fa scrisse (su un giornale che non esiste più) un gustoso articolo in cui parlava delle scimmie nel Sahara.
Peccato che nel Sahara non ci siano scimmie.