Magazine Salute e Benessere

La città solidale

Creato il 19 aprile 2012 da 19stefano55

L’altro giorno su uno dei tanti canali di news presenti sul digitale terrestre si illustravano le prime pagine dei quotidiani e in quasi tutte la parola che veniva riportata era “la stangata”, per alcuni provvedimenti legislativi e/o rincari di beni di prima necessità.

Viviamo in un periodo di profonda confusione e smarrimento. Se ascoltiamo le notizie europee sembra che siamo ritornati la nazione  dei nostri padri fondatori europei : tutti ci rispettano, ci prendono a mo’ di esempio per le azioni governative intraprese , insomma abbiamo un premierato che quasi ci invidiano. Poi basta prendere qualsiasi rapporto (es quello del 2011 della Caritas su “povertà ed esclusione sociale in Italia”) e si scopre che la povertà si estende contagiando anche classi e professioni che sembravano inattaccabili.

Imprenditori che si suicidano per non poter pagare le tasse o gli operai, semplici cittadini che si danno fuoco per la paura di avere confiscati dei beni. Ma dov’è la speranza di rinascere, riprendere il nostro made in Italy, così apprezzato e così imitato? Una frase aleggia nei vari convegni: il bene comune.

Il passaggio da un’esasperata competizione determinata dal consumismo ad una riorganizzazione dei processi produttivi e dei servizi orientata a dare valore al prodotto finito, a selezionare le priorità nei servizi e a creare cooperazione. Quest’ultima modalità organizzativa ha subito molte battute di arresto negli ultimi decenni, quasi che fosse divenuta un escamotage per avviare a minor costo (e non altro) un’attività. Invece per riprenderci i valori essenziali quali  il lavoro, la solidarietà, lo sviluppo sostenibile, l’economia reale e non solo finanziaria, dobbiamo cooperare.

Riprenderci le relazioni nei luoghi del vivere e del produrre e considerare l’umanità e non il denaro quale bene primario.

Penso all’utilizzo dell’housing sociale multietnico per abbassare i costi dell’abitare, a servizi condominiali  (si il condominio prorio lui!) per rispondere alle esigenze di donne che lavorano e hanno figli da accudire, di anziani soli, di ragazzi che necessitano di supporti scolastici. Una rete di fiducia in cui i bisogni sono evidenti e che nessuna amministrazione, oggi, può farvi fronte.

L’utilizzo del web 2.0 per costruire luoghi virtuali/reali  per un incrocio domanda offerta di volontari per il non profit, il reimpiego volontario di anziani esperti per fare i mentori a giovani appena assunti, all’agricoltura sociale come integrazione di servizi di inclusione e riabilitativi per le categorie svantaggiate, alla realizzazione di orti sociali per far dialogare le generazioni e le diverse etnie per  migliorare la convivenza, come evidenziato dalle esperienze francesi (la ReteCocagne “Coltivons la solidaritè”).

Il luogo è la città, non più residenziale ma solidale e sicuramente ideale.



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