La prima cosa da dire è che questo libro non regge assolutamente il confronto con quello più importante di Bohumil che è Una solitudine troppo rumorosa.
E’ certamente diverso sia come storia che come struttura e quindi, allontanando la tentazione di un confronto, trova un proprio spazio anche se la traduzione presenta ripetizioni e coniugazioni di verbi che lasciano qualche dubbio.
Anche in questo caso ci sono diversi piani di lettura: il primo, più semplice ma anche più scontato e banale, è quello che racconta le vicende della famiglia protagonista, con i fratelli Pepin e Franzin che ne sono gli attori principali: il primo pazzo e divertente, il secondo più serio ed equilibrato.
Non grandi emozioni comunque, solo un racconto che salta da un episodio all’altro spesso senza continuità e con qualche confusione.
Diverso è invece il discorso che riguarda un secondo piano di lettura e che porta il lettore, attraverso tutta una serie di episodi e di analogie, a crearsi una rappresentazione generale sia dello stile di vita del tempo, sia delle difficoltà che derivano dalla povertà e dallo sfruttamento delle classi più disagiate.
In tutto questo interviene anche la guerra con i tedeschi che impongono ristrettezze ulteriori agli operai e agli altri lavoratori del paese.
Ecco allora che episodi come quello del vecchio cavallo di famiglia che viene condotto al macello mentre al cocchiere vengono dati tre giorni di permesso per lutto come se a morire fosse una persona, finisce con l’assumere un significato più profondo; così come la ripetitività con cui verso la fine del romanzo a Pepin viene fatta riempire la botte d’acqua o gonfiare la camera d’aria del camion, sta ad indicare una visione malinconica della vita.
Proprio quella malinconia di fondo sempre presente negli scritti dell’autore, specialmente nella sua’opera principale.
Tempo di lettura: 4h 33m