Fino a qualche tempo fa la mia idea dell'elettronica nella musica stava un gradino sotto la merda, e la sacra triade chitarra-basso-batteria era elemento necessario per ogni canzone che si reputasse tale. Poi ho iniziato ad ampliare le mie vedute, ho scoperto prima la magia di Krafterk, David Bowie e Brian Eno e poi quella dei Radiohead di Kid A, e la mia idea è cambiata. Ho capito che la bellezza prescinde dai generi e dai mezzi con cui viene creata. E così un universo intero si è aperto davanti a me.
Tutto questo per dire che Moon Safari degli AIR è un disco che qualche anno fa non avrei minimamente preso in considerazione. Bastava l'etichetta "elettro-pop" per farmi passare oltre. Eppure credo che anche allora, se avessi provato ad ascoltarlo, mi avrebbe preso alla gola. I sette minuti della traccia iniziale La femme d'Argent sono freschi come un Mojito fatto a regola d'arte e soffici come una caramella mou, e credo che anche chi consideri le tracce strumentali dei mattoni ("Che palle, quando arriva il ritornello?") non possa fare a meno di lasciarsi avvolgere totalmente da questa meraviglia:
Il resto, poi, sarebbe venuto da sé, perché c'è una sola cosa che si riconosce al primo ascolto: la classe. Ed è proprio questa la prima parola che mi viene in mente per descrivere questo disco: classe infinita. Una cosa come Sexy Boy nelle mani di qualcun altro sarebbe stata una tamarrata d'antologia, e invece...
Il resto del disco non molla un colpo, è un ascolto rilassante ed appagante, facile ma mai scontato, una goduria senza interruzioni che una volta arrivata alla fine è molto difficile non ricominciare daccapo.
E se ve lo dice uno che nello stesso lettore mp3 tiene Nevermind, Led Zeppelin IV e Master of Puppets dovete crederci.