È l’11 Febbraio 2006 quando Altynbek Sarsenbayev, dirigente del partito Naghyz Ak Zhol (“Vero Cammino Luminoso”) ed ex ambasciatore kazako in Russia, viene ucciso a colpi di pistola mentre si trova in viaggio di lavoro ad Almaty; assieme a Sarsenbayev perdono la vita il suo autista e la guardia del corpo.
Per l’omicidio furono tratti in arresto un dirigente dell’amministrazione del Senato kazako, Yerzhan Utembaev, ed altri cinque ufficiali dei locali servizi di sicurezza. Secondo le dichiarazioni iniziali del Ministro degli Interni potrebbe essere stata una “forte ostilità” politica e personale a spingere Utembaev a ordinare a cinque membri dell’Arystan, corpo d’élite dei servizi di sicurezza kazaki, di eliminare Sarsenbayev.
Un primo processo si chiuderà il 31 Agosto dello stesso anno con dieci condanne, tra cui il carcere a vita per l’ex ufficiale di polizia Rustam Ibragimov, organizzatore ed esecutore del delitto, e lo stesso mandante Yerzhan Utembaev, condannato a 20 anni di reclusione.
Il processo non fu privo di contraccolpi politici per il paese. Ad esempio il capo dei servizi segreti KNB, Nartai Dutbayev, si dimise dopo la scoperta che i cellulari dell’autista Vasilij Zhuravlyev e della guardia del corpo di Sarsenbayev, Baurzhan Bajbosyn, erano stati posti sotto controllo dai futuri membri del commando omicida.
Nel corso del processo, Ibragimov ha sempre sostenuto una trama particolarmente complessa, secondo la quale il sequestro di Sarsenbayev venne ordinato da “alti funzionari” come parte di un complotto più vasto ordito contro le massime cariche dello Stato1.
È in questo momento che compare sulla scena il nome dell’oligarca Rakhat Aliyev (oggi noto come Rakhat Shoraz, cognome acquisito con il nuovo matrimonio): Arat Narmanbetov, colonnello del KNB oggi in pensione, sostiene infatti che Aliyev sia implicato nell’omicidio Sarsenbayev, accusa sempre smentita dal diretto interessato.
L’FBI americano, entro cui Aliyev potrebbe vantare conoscenze importanti, iniziò ad interessarsi direttamente alle accuse formulate da Narmanbetov, stando a quanto riportato dal giornalista investigativo statunitense Wayne Madsen.
Secondo Madsen infatti, gli agenti americani avrebbero intervistato Narmanbetov in Kazakhstan, indagando anche sull’omicidio di un altro leader politico, Zamanbek Nurkadilov, il cui corpo fu trovato nel suo appartamento di Almaty poco tempo prima della morte di Sarsenbayev.
Un nuovo processo a Rakhat Aliyev, accusato di essere uno dei mandanti del delitto, iniziò il 18 Aprile 20062 in assenza del principale imputato, fuggito in Europa in una località ad oggi sconosciuta.
Recentemente la Corte Suprema del Kazakhstan ha potuto valutare nuove prove a carico di Aliyev, forte del fatto che ulteriori indagini su elementi di recente scoperta hanno trovato la collaborazione dell’intelligence americana.
Il 12 Aprile 2012 Ibragimov ha rilasciato alla Corte Suprema nuove dichiarazioni contenenti dettagli finora ignoti alle forze dell’ordine e alle autorità giudiziarie sulle circostanze dell’omicidio di Sarsenbayev e del suo entourage3.
Ibragimov, stando alle dichiarazioni del vice procuratore kazako Andrey Kravchenko, ha confermato di essere il responsabile dell’omicidio, descrivendone i dettagli durante le udienze processuali, ma ha riferito che il vero mandante del delitto non sarebbe in realtà Yerzhan Utembayev, bensì Rakhat Aliyev assieme ad Alnur Musayev4.
Nel corso della nuova inchiesta Ibragimov ha testimoniato che Yerzhan Utembayev, a causa di rivalità personali con il leader di Naghyz Ak Zhol, gli chiese effettivamente di minacciare Sarsenbayev. Del piano venne però a conoscenza Rakhat Aliyev, il quale insieme a Alnur Musayev decise di sfruttare la situazione ed i piani di Yerzhan Utembayev ingaggiando Ibragimov per uccidere un avversario scomodo.
Il nome di Rakhat Aliyev, assieme a quello dell’ex presidente del Comitato di Sicurezza Nazionale del Kazakhstan Alnur Musayev, torna quindi alla ribalta, a quasi cinque anni dall’inizio della più nota vicenda del “NurbankGate”5.
Kravchenko ha inoltre evidenziato la correttezza del processo investigativo, garantita dalla creazione di una squadra investigativa a cui hanno preso parte dipendenti dell’Ufficio del Procuratore Generale, del Comitato per la Sicurezza Nazionale e del Ministero degli Affari Interni, precisando che su richiesta del Procuratore Generale è stato coinvolto direttamente nelle indagini anche il Federal Bureau of Investigation degli Stati Uniti.
Già nel 2006, nel corso di una deposizione registrata da un gruppo operativo dell’FBI impegnato in attività investigative sugli oligarchi kazaki, Ibragimov avrebbe indicato in Aliyev e Musayev i veri mandanti dell’omicidio. I sette anni trascorsi da queste parziali ammissioni sarebbero spiegabili con la volontà di proteggere i familiari di Ibragimov da possibili ritorsioni.
Per analizzare i nuovi elementi e la veridicità delle dichiarazioni più recenti di Ibragimov, la Procura Generale della Repubblica ha dunque richiesto la collaborazione diretta dell’FBI, coinvolgendo quindi chi già da tempo si era interessato agli affari economici di Aliyev. Diversi testimoni chiave sono stati controllati e gli elementi emersi sono stati confermati da esperti kazaki ed americani.
Anche l’ex ambasciatore americano in Kazakhstan John Ordway ha fornito alcuni dettagli dell’inedita collaborazione tra i due governi, descrivendo i risultati del lavoro congiunto come il completamento di una lunga e approfondita indagine iniziata nel lontano Febbraio 2006. Il diplomatico ha sottolineato l’eccezionalità della collaborazione tra le autorità kazake e statunitensi, spiegando che nel corso della nuova inchiesta l’FBI ha beneficiato di un accesso ottimale a tutti i documenti investigativi e di archivio.
Ordway ritiene che le misure adottate dall’FBI nello svolgimento delle indagini abbiano portato a risultati sostanzialmente in linea con le conclusioni formulate dal Procuratore Generale della Repubblica del Kazakhstan.
Il 19 dicembre 2013 la Corte Suprema del Kazakhstan ha parzialmente annullato la precedente sentenza a carico di Yerzhan Utembayev.
Per quanto riguarda invece le future decisioni della magistratura nei confronti di Aliyev e Musayev, le stesse saranno formulate sulla base della cooperazione avviata con il gruppo di lavoro del Federal Bureau of Investigation.
Alla luce dei recenti sviluppi giudiziari qui ricordati, è lecito chiedersi se e come cambierà l’approccio dell’Unione Europea nel quadro dei complessi rapporti tra Bruxelles ed Astana.
La collaborazione tra le autorità kazake e la polizia federale americana mette infatti in difficoltà l’Unione Europea, ove alcuni Stati membri hanno offerto e forse tuttora offrono ampia protezione ad Aliyev, considerandolo una sorta di perseguitato politico dal governo kazako.