Forse non tutti lo sapete ma nel gestire le mie attività di blogger e di autore spendo abitualmente un piccolo budget mensile.
Come? Pagando il dominio del blog, comprando le foto su Fotolia, per “costruire” le copertine di alcuni miei ebook, investendo in regali o contributi a chi mi aiuta nelle faccende grafiche, nell’editing, nei guest post (etc etc). Il medesimo discorso (regali e piccoli ingaggi) vale per alcune delle testimonial che fanno promozione agli ebook che pubblico.
Del resto sono sempre stato contrario alla folle filosofia del “tutto gratis”, dei lavoretti fatti in cambio di visibilità, e al ricorso alle sole risorse freeware. Investire soldi in quel che si fa è indice di professionalità.
Ma a volte si pone il problema di come effettuare, in senso pratico, questi pagamenti.
Io alterno due mezzi assai pratici per pagare i servizi che richiedo: il bonifico bancario (che gestisco con l’home banking) e PayPal.
Quest’ultima è una società che offre servizi di pagamento digitale e di trasferimento di denaro tramite il Web.
Essenzialmente PayPal funziona (previa registrazione gratuita) dando la possibilità di effettuare pagamenti tramite la posta elettronica. Volendo si possono anche associare all’account sia carte di credito che carte prepagate, così come un conto corrente (grazie a cui sarà possibile ricaricare il proprio PayPal, per esempio).
PayPal è ottimo per i piccoli pagamenti online. Molti siti importanti lo hanno adottato da tempo. Anche su Facebook, per esempio, è possibile pagare delle inserzioni pubblicitarie tramite questo servizio.
Se volete sapere di più sul funzionamento di PayPal, visitate il sito ufficiale italiano, e magari iscrivetevi al volo.
Il mio consiglio è infatti quello, cari colleghi blogger, scrittori e freelance, di utilizzare PayPal, sia per pagare che (soprattutto) per ricevere pagamenti per eventuali prestazioni offerte a terzi. Tra l’altro è un servizio con diversi “livelli d’ingaggio”, e già quello basilare è ottimo per le piccole e piccolissime transazioni.
La cosa bizzarra che ho notato in questi anni è che molte persone sono titubanti nel facilitare il pagamento per i lavori che si offrono di fare. Molti ricorrono unicamente a PostePay, che sarà pure comodo, ma che è in qualche modo limitante.
C’è ancora una sorta di timore atavico nell’accettare denaro “digitale”, forse per una concezione un po’ all’antica dei soldi (che devono essere “toccati” e annusati), o magari per brutte esperienze fatte in passato, vedi per esempio mancati pagamenti e simili beltà.
Ci sono altri modi, ancor più grezzi, per sdebitarsi per delle piccole prestazioni ricevute. Per esempio tramite l’invio di buoni Amazon (pratica più volte testata dal sottoscritto), o di coupon di siti simili.
L’importante, a mio parere, è far girare un poco l’economia di questo settore, che per troppi anni ha vissuto sul mito della visibilità e sulla fandonia del “tanto questo lavoretto lo può fare anche mio cugggino che smanetta al PC“.
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(A.G. – Follow me on Twitter)