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La competizione: modello-ostacolo

Creato il 23 dicembre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

La competizione: modello-ostacolo
Perché Julien non vuole sedere alla tavola dei servi

La competizione per effettuarsi ha bisogno di una mediazione interna, come ci ha insegnato René Girard, cioè la distanza tra il soggetto che desidera e il mediatore deve essere minima, ossia la differenza che separa un Ego da un Alter deve essere minima. Girard non si riferisce allo spazio fisico: la distanza tra mediatore e soggetto è soprattutto di ordine intellettuale e sociale. Il Signor Rênal, ne Le rouge e le noir di Stendhal, ha come rivale il ricco e potente Valenod, il quale rappresenta agli occhi dell’altro il modello da superare. La differenza sociale tra i due rivali è minima, perciò per Rênal colmare questa piccola differenza è un’impresa possibile. Se Rênal riesce ad avere ciò che immagina che il suo rivale Valenod possa desiderare, allora egli può collocarsi in una posizione superiore rispetto all’altro. L’abilità di Rênal consiste nel condurre «delle trattative con Sorel padre, cui fa proposte assai vantaggiose». Ecco un esempio di mediazione interna. All’oggetto desiderato (qualità, cosa o persona) Ego annetta un certo prestigio, e il prestigio s’accresce quanto più l’oggetto è desiderato dal suo rivale/Alter.
Nella competizione, l’altro rappresenta il modello-ostacolo (nella terminologia di Girard). Nella mediazione interna, cioè nella competizione, il desiderio è celato con cura, perciò i competitori sono maestri della dissimulazione come i seduttori lo sono della simulazione, in quanto possiedono la capacità di creare nuove caratteristiche per attirare l’altrui attenzione. Il competitore prova una segreta ammirazione per il suo rivale che cela con cura, mentre il seduttore vuole che sia l’altro a provare per sé una ammirazione palese. Il competitore mimetizza le sue caratteristiche e qualità per non far scoprire al proprio rivale con chi ha realmente a che fare. Il competitore è un falso modesto, mentre il seduttore non conosce affatto la modestia. Il competitore fa della competizione la sua ragione di vita, giacché soltanto con il riproporre continuamente la sfida riesce ad avere fiducia in se stesso. Lo scambio che egli ha con l’altro assume una forma conflittuale.
«Poco prima di assumere l’incarico presso i Rênal, Julien apprende dalle Confessioni di Rousseau il desiderio di mangiare alla tavola dei padroni invece che a quella dei servi». Girard denomina questo atteggiamento come un atteggiamento «vanitoso»: «Il vanitoso non può attingere i desideri ai propri fondi personali, ma li prende a prestito da altri». In realtà, se analizziamo meglio questo atteggiamento scopriamo che la molla di questo desiderio non è la vanità, bensì il desiderio di vedersi riconosciuti i propri meriti. Se Julien, il protagonista de’ Il rosso e il nero, siede alla tavola dei servi vuol dire che, dal suo punto di vista, un altro siede al posto suo alla tavola dei padroni. La posizione sociale entro la quale un uomo si vede collocato diventa segno dei meriti riconosciuti. Julien, leggendo le Confessioni di Rousseau, intuisce che mangiare tra i servi significa che egli stesso viene considerato come tale. Quindi non ha meriti da far valere; ma dal momento ch’egli crede di avere tali meriti, se effettivamente finisse alla tavola dei servi vuol dire che un altro si è appropriato del posto che gli spetta. Se i “padroni” riconoscessero, ad esempio, a un insignificante commerciante il diritto a sedersi alla loro tavola ed escludessero Julien, ciò sarebbe percepito dal protagonista come un atto di sfida, perché egli è convinto che in realtà quel diritto spetti prima di tutto a lui. Dunque, non è la vanità a spingere Julien a sedersi alla tavola dei signori, bensì la possibilità di non vedersi sminuito nel sé.


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