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La conferenza unificata si spacca sul decreto per la lirica

Creato il 13 aprile 2013 da Nonzittitelarte

La conferenza unificata si spacca sul decreto per la liricaParere favorevole da comuni e province, stop dalle regioni. Il decreto che riforma le fondazioni liriche, approvato in via preliminare a dicembre dal Consiglio dei ministri, non è riuscito ad agguantare l’unanimità dei consensi della conferenza unificata, che lo ha esaminato ieri. In particolare, i rilievi delle regioni si sono concentrati sull’articolo 2, che impone nuovi vincoli alle fondazioni per poter continuare a percepire i finanziamenti statali provenienti dal Fus (il fondo unico per lo spettacolo).

Il no delle regioni
Ebbene, secondo le nuove regole, le attuali 14 fondazioni potranno ancora contare sui contributi provenienti da Roma purché siano in grado di assicurare una quota – tra aiuti dei comuni, delle regioni e dei privati – di importo almeno pari a quella messa a disposizione dallo Stato. In caso contrario, si perderà lo status di fondazione e si verrà “retrocessi” al rango di teatro di tradizione, salva la possibilità di riacquistare il titolo di fondazione una volta che si sarà in grado di dimostrare che i bilanci possono contare anche sulle risorse locali. La partita, dunque, si giocherà su quanto le amministrazioni del territorio saranno disposte a investire nella lirica e il parere negativo delle regioni si può leggere proprio in questa chiave.

Via libera da comuni e province
Diverso il discorso per comuni e province, anche loro chiamati a mettere mano al portafoglio, ma più direttamente coinvolti nella governance delle fondazioni. Già ora, infatti, i sindaci sono i presidenti delle fondazioni (in futuro, secondo le nuove norme, non saranno più obbligati a farlo) e, come dimostra la scelta dei giorni scorsi del primo cittadino di Milano Pisapia di indire un bando pubblico per sceglire il nuovo soprintendente della Scala, hanno voce in capitolo sui teatri del proprio comune.

L’iter del decreto
Il parere della conferenza unificata – che non è vincolante, anche se il ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, ha fatto intendere che terrà conto di tutti i suggerimenti – è il primo passo del decreto, che ora dovrà affrontare il vaglio del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari, per poi ritornare a Palazzo Chigi per il sì definitivo. Debutto previsto delle nuove norme: gennaio 2014.

fonte: http://www.ilsole24ore.com

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