Quello per cui soprattutto è famoso, più ancora del mito della caverna, è l’amore platonico col quale oggi s’intende una relazione senza sesso. Chissà se Platone sarebbe stato d’accordo. Lui ad ogni modo intendeva un amore volto alle qualità intellettuali e morali, piuttosto che a quelle fisiche, come può esserci tra maestro e allievo. Un amore che trascenda la realtà sensibile e permetta all’uomo di ricongiungersi col divino: amore per la conoscenza, per la bellezza, per i giovinetti.
Bisogna tener conto che per i Greci, il bello e il buono coincidono e quindi la ricerca del bello era la ricerca dell’Idea del Bene, che è al top del mondo delle Idee. Una cosa è certa, l’amore era per gli uomini, mentre le donne servivano solo alla riproduzione.
Platone fu l’inventore dell’anima e delle “Idee”, non di quelle che ognuno si forma ed elabora nella testa, ma delle “entità che esistono indipendentemente dal pensiero”: forme eterne, immutabili e incorporee che non appartengono al mondo sensibile. Per lui il mondo è apparenza e le cose vere e belle stanno fuori: fuori dalla caverna. Ma non sono per tutti. Solo pochi iniziati possono vederle con l’occhio della mente. La sua è una visione prettamente oligarchica.
Secondo il filosofo, il mondo che conosciamo non è che una copia imperfetta, un’imitazione del mondo puro, eterno e immutabile delle Idee.
Ciò spiega la sua avversione per la pittura, la poesia, o la drammaturgia. L’arte offre copie del mondo sensibile, che è già una copia, degradata, del mondo delle idee. L’arte è una copia di una copia e quindi è menzognera e diseducativa.
Secondo Diogene Laerzio, Socrate sognò di tenere sulle ginocchia un piccolo cigno che mise subito le ali, volò via e canto dolcemente, e il giorno successivo si presentò Platone. Socrate allora disse che quel piccolo cigno era lui.
Dal suo maestro, Platone ereditò soprattutto il metodo. Socrate lo spinse a guardare non verso la natura, come facevano tutti i filosofi di allora, ma verso l’uomo.
Per Platone la verità ha la sua sede ideale nel dibattito orale, nei dialoghi e nella comunità dei ricercatori. Il metodo dialettico si rivelò uno strumento potentissimo di conoscenza. La ricerca del vero nasce dall’attrito di posizioni opposte e c’è ironia anche nei dialoghi più impegnativi, come il Parmenide.
Al centro dei suoi dialoghi c’è sempre Socrate che parla, anche per questo è difficile distinguerli. Non sappiamo se è lui o Socrate che parla. D’altro canto i discorsi dovevano tenersi a memoria e non essere scritti, perciò si potrebbe supporre che questi dialoghi scritti avessero una funzione di training, di allenamento.
In ogni caso Platone è insuperabile per la creazione dello spirito, è uno dei massimi geni dell’astrazione che attraverso la dialettica, ha toccato i confini del pensiero. Già Aristotele esprime un’esperienza più comune. Il Parmenide è uno dei dialoghi più complessi e profondi che raggiunge livelli e dà risposte che fanno tremare i polsi.
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