L’efficacia retroattiva della deroga rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso, in particolare pregiudicando la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate[fonte altalex]
Come spiegano correttamente su Altalex, già la Corte di Cassazione, con sentenza 24418
riconosceva al correntista debitore il diritto di recupero, dalla data di inizio del rapporto e sino alla chiusura, di tutti gli indebiti pagamenti ricevuti dalla banca con gli addebiti trimestrali di illecite competenze, ciò a conferma di un inossidabile indirizzo della Suprema Corte. La Consulta sostanzialmente censura la norma “Salvabanche 3” perché, innanzi tutto, viola l’art. 3 Cost., perché facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (sentenza n. 209 del 2010).[altalex cit.]La storia degli interessi composti è lunga, ed è stata sempre tollerata dalla politica e dalla giurisprudenza. Solo recentemente (1999) la giurisprudenza ha modificato il proprio atteggiamento giudicando che non vi fossero, in effetti, i presupposti di deroga all'articolo 1283 del codice civile che pone precisi limiti all'uso dell'anatocismo. Da quel momento inizia la rincorsa della politica a cercare di scrivere norme salva banche che ogni volta la Consulta o la Cassazione giudicano illegittime. Fino a quest'ultima sentenza della Corte Costituzionale, la 2-5 aprile 2012, n. 78, consultabile per intero qui:
[estratto] La Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall’art. 6 della Convenzione ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia (ex plurimis: Corte europea, sentenza sezione seconda, 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sezione seconda, 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; sezione quinta, 11 febbraio 2010, Javaugue contro Francia; sezione seconda, 10 giugno 2008, Bortesi e altri contro Italia).
Pertanto, sussiste uno spazio, sia pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all’art. 25 Cost.), se giustificato da «motivi imperativi d’interesse generale»», che spetta innanzitutto al legislatore nazionale e a questa Corte valutare, con riferimento a principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, nell’ambito del margine di apprezzamento riconosciuto dalla giurisprudenza della Cedu ai singoli ordinamenti statali (sentenza n. 15 del 2012).Nel caso in esame, come si evince dalle considerazioni dianzi svolte, non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d’interesse generale, idonei a giustificare l’effetto retroattivo. Ne segue che risulta violato anche il parametro costituito dall’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.Insomma, la Consulta giudica illegittimo spostare indietro nel tempo l'inizio della prescrizione perchè di fatto impedisce ai clienti delle banche di far valere il proprio diritto di vedersi rimborsati interessi non dovuti. Piuttosto, colpisce la pervicacia politica nel difendere gli interessi delle banche, con tutta una serie di tentativi fortunatamente arginati dalla giurisprudenza.
Fonti
Altalex
it.wikipedia
imagesource news.liberoreporter.eu