La contesa elettorale: il secondo tempo

Creato il 20 marzo 2013 da Veritaedemocrazia
Sono trascorse tre settimane dalle elezioni e ciò che si può constatare è che non siamo che all'inizio di una partita appena cominciata (o se si preferisce alle prime giornate di un lungo campionato). Il risultato della consultazione elettorale è lo stallo: grazie ad una perversa ed antidemocratica legge elettorale che cancella le minoranze senza assicurare governabilità (e fatta in modo che le regole di ripartizione dei seggi al Senato consentano alle destre di Lega e PDL - particolarmente forti in alcune regioni decisive come Lombardia, Veneto e Sicilia – di impedire, anche quando perdenti, la formazione di una stabile maggioranza 'nemica') non è in alcun modo ipotizzabile, al momento, la formazione di alcuna 'ragionevole' alleanza di governo. Oggi l'ipotesi più probabile è quella di nuove elezioni nel giro di pochi mesi che però si scontra con alcuni elementi: la necessità di una nuova legge elettorale, la necessità di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica (anche perché Napolitano ai sensi della Costituzione non può sciogliere le Camere nell'ultimo semestre del suo mandato), la reazione dei mercati e della speculazione (e, se l'analista di Goldman Sachs esprimeva un'opinione positiva sul risultato delle elezioni italiane, il declassamento del debito italiano operato dalla società di rating Fitch ed ora la questione Cipro fanno presagire nuovi attacchi speculativi sui titoli del debito italiano ed il ritorno del ricatto dello spread).
Grillo ha già dichiarato l'indisponibilità del Movimento 5 Stelle ad appoggiare qualunque governo, sia esso politico o tecnico, essendo convinto in caso di nuove elezioni di poter incrementare ulteriormente i propri voti. Ma sarà così? Un conto è uno scenario di elezioni dopo un paio di anni di un litigioso governo di coalizione tra PD e PDL. Un altro contesto sarebbe quello costituito da una nuova consultazione, magari in piena tempesta finanziaria, di cui tutti gli altri partiti e il mainstream informativo attribuirebbero la colpa al Movimento 5 Stelle (e si sa che la maggioranza degli italiani ha poca memoria, scarsa indole rivoluzionaria, attitudine ad abboccare a tutto quello che gli viene detto in televisione). Ogni ragionamento ulteriore deve poi partire da un dato di fatto: l'Italia è un Paese a sovranità limitata. Assoggettato ai voleri degli USA, subalterno agli interessi di Francia, Gran Bretagna e Germania, sotto il giogo dei mercati finanziari (che peraltro sempre più appaiono non come entità impersonali ma manovrati da pochi grandi soggetti strettamente legati a determinati interessi nazionali) come il resto delle cosiddette democrazie occidentali. Cosa decideranno i nostri protettori? In quali condizioni ci manderanno a votare? Le volontà tra loro contrapposte di Germania e USA si elideranno reciprocamente lasciando agli italiani la possibilità di esercitare almeno in parte il proprio libero arbitrio? Analizzare le possibili mosse dei vari soggetti politici in campo ha senso solo tenendo conto di questa premessa.
Il progetto disperato di Bersani è quello di presentarsi davanti agli elettori da Presidente del Consiglio, dopo aver ricevuto la fiducia della Camera dei Deputati ed il voto contrario del Senato, aggiungendo ai voti di PD e SEL quelli di Monti e, come extrema ratio, quelli di Di Pietro e Ingroia. Ma, a meno che Napolitano non si dimetta qualche mese prima della fine del proprio mandato, ciò non è possibile appunto perché Napolitano non può sciogliere le Camere e comunque appare propendere per un Governo di larghe intese che coinvolga ancora - in ossequio ai diktat europei - PD, PDL e Monti. Al PD se non vuole intraprendere ancora una volta la strada suicida dell'accordo con Berlusconi e dopo l'eventuale inutile incarico a Bersani restano due strade: quella di far nominare Presidente del Consiglio un personaggio in grado di spiazzare e mettere in difficoltà se non Grillo almeno il suo elettorato e i parlamentari del Movimento 5 Stelle oppure aspettare l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica e riproporsi agli elettori con il Premier incaricato bocciato dal Senato. E per questo ruolo si fa sempre più strada l'ipotesi Renzi, sulla base anche dei 'soliti' sondaggi' di dubbia attendibilità, ma come non pensare che anche quel poco di elettorato di sinistra che fa ancora riferimento al PD, nel caso prevalesse il liberista sindaco di Firenze, non si rivolga a Grillo? E come sempre, con uno scandalo Monte Paschi ora sopito ma che potrebbe al 'momento opportuno' riesplodere e gettare nella contesa nuovi elementi a danno del PD, resta incombente Berlusconi. Che ha dimostrato, pur screditato e impresentabile, di mantenere un consistente e fedele elettorato. E che potrebbe sparigliare le carte con un candidato Premier giovane e nuovo (io da sempre mi aspetto che butti nella mischia la figlia Marina). La vera domanda però, in tutto questo, deve essere: cosa è meglio per gli italiani? Non ho aderito agli appelli degli intellettuali, come dice Grillo, organici al gruppo Espresso-Repubblica per un accordo di governo PD-M5S perché in assenza di reali presupposti politici, della possibilità di mettere insieme chi ha strategie e visioni totalmente divergenti, questi appelli, al di là forse anche dell'effettiva volontà di chi li promuove, si dimostrano poco più di maldestri 'spottoni' per il PD. Ma si può pensare che una legge elettorale fatta in fretta e furia (e negando colpevolmente che l'architettura della Costituzione si fonda necessariamente su di un sistema proporzionale) possa rappresentare la soluzione ai problemi di governabilità dell'Italia? E che la prospettiva di elezioni 'roulette russa' in cui le alternative in gioco siano Grillo, Berlusconi (o chi per lui) e il PD (con Bersani o Renzi) alleato a Monti possa produrre qualcosa di positivo? Oppure bisogna pensare che proprio in questa legislatura 'ingovernabile' senza maggioranze precostituite, con le forze politiche costrette a dare il meglio di sé per riguadagnare credibilità e consenso tra i cittadini, con un Movimento 5 Stelle senza responsabilità di governo ma capace di imporre con la propria forza parlamentare riforme e scelte di rinnovamento (e le elezioni della Boldrini (ottima a quanto oggi si può conoscere) e Grasso (a dire il vero un burocrate dell'antimafia) alla Presidenza delle Camere al posto di screditati boiardi di partito ne sono la dimostrazione) sia possibile fare, in un paio di anni, delle cose buone per i cittadini? E cioé: designazione alle massime cariche istituzionali di persone realmente capaci e integerrime, riforma dello Stato (che non significa semplicemente riduzione dei costi della politica ma semplificazione ed efficienza burocratica, leggi sul conflitto di interessi e per il contrasto alla corruzione, fine della presa dei partiti sulla pubblica amministrazione, riforma dell'assetto istituzionale che garantisca governabilità e diritto per le minoranze di essere rappresentate in Parlamento), rinegoziazione (intesa non come supplica da presentare ai partner europei ma come scelta non eludibile) dei trattati europei in materia di finanza pubblica, azioni di reale contrasto della povertà e per la ripresa e il rinnovamento dell'economia italiana, rinuncia alle grandi opere distruttive e svolta verso una politica di difesa del territorio e dell'ambiente. Personalmente auspico questa ipotesi e mi auguro che, nel Paese in cui furono inventate le formule della 'non sfiducia' e delle 'convergenze parallele', si trovino delle soluzioni che consentano di realizzarla e che dal cilindro della classe dirigente siano tirati fuori personalità realmente all'altezza della situazione. Se si pensa a figure come Rodotà, Zagrebelsky, Settis, Rubbia forse si può avere qualche speranza.

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