La convergenza dei media: sempre più una necessità

Da Alesantambrogio @alesanta

Se il consumatore diventa sempre più multischermo – come evidenziato dalle ultime ricerche di Google ed Ericsson ConsumerLab – e passa con grande agilità da uno smartphone alla tv al PC, la conseguenza più immediata è che anche la comunicazione deve diventare sempre più convergente per riuscire a seguire, o meglio ad anticipare, un target sempre più sfuggente, sempre più carico di messaggi pubblicitari e sempre più distratto.

Oggi l’utilizzo dei media e dei terminali, non è più lineare ma è diventato un flusso non sempre coerente: un consumatore può guardare un programma televisivo, prendere lo smartphone per commentarlo su facebook, vedere il post di un amico che contiene un link a un video, cliccare sul video e scoprire che la marca di birra che l’ha creato ha organizzato una festa proprio per quella sera. Imperdibile! E quindi dopo averlo comunicato all’amico con cui stava chattando ed avere preso il tablet per registrarsi, si ritrovano davanti all’ingresso. Il tutto partendo da un documentario sugli armadilli!

Questa piccola e verosimile storia è resa possibile non solo dalla tecnologia e dai terminali, ma dalla convergenza di due tipologie diverse di media: il post dell’amico che ha caricato il video è un media che la marca si è guadagnata (Earned Media) producendo un contenuto giudicato rilevante e di interesse dal consumatore al punto che si è preso la briga di farlo sapere ai suoi amici. Ma l’informazione non si sarebbe tramutata in qualche pinta di birra venduta se non ci fossero state la festa e il sito per registrarsi (Owned Media o Media Proprietari).

In realtà esiste un terzo tipo di media, quello acquistato (Paid Media) sotto forma di spazi pubblicitari, di adwords, di campagne pay-per-click, di sponsorizzazioni e così via. Fin qui nulla di nuovo. Siamo nell’ABC del Media Mix. Quello che però sta rapidamente cambiando è la necessità di integrare in modo sempre più rapido e profondo questi media  per aumentare le possibilità di essere presenti nel percorso o nel flusso del consumatore. E non si tratta solo di questioni tecnologiche. L’ostacolo più grande è, come sempre, culturale.

Oggi i terminali digitali vengono utilizzati per ricercare informazioni, fare shopping o usufruire di contenuti di intrattenimento. Per essere realmente efficace, la comunicazione aziendale deve riuscire a inserirsi in modo coerente (il contesto) e rilevante (il contenuto) all’interno di questi percorsi. Sky, per esempio – recentemente premiato al Macchianera Italian Awards 2012 come Miglior Brand Online – cavalca da tempo l’onda della Social TV creando la Fan Page dedicata per ogni serie televisiva (e non solo), aggregando così le community di fan.

Tutto questo perché il consumatore è sempre più consapevole e ricorre a un mix sempre più ampio di fonti che sintetizza e confronta in modo attivo. Questo nuovo comportamento del consumatore porta con sé la necessità di ripensare pesi e priorità nelle scelte di marketing. Tradizionalmente è sempre stata la pubblicità (Paid Media) a guidare le iniziative di marketing. Ma per essere realmente efficace la pubblicità ha ormai sempre più bisogno di essere sostenuta e amplificata (quando non sostituita) dagli Earned e Owned Media.

La reale difficoltà delle aziende (piccole, medie e grandi) è però di riuscire a mettere in campo una strategia che riesca a far convergere i media in modo coerente. Perché? Le ragioni sono diverse:

- nelle piccole e medie aziende la motivazione è spesso culturale (una generazione imprenditoriale che nella grande maggioranza è poco avvezza al digitale per motivi anagrafici) o di struttura (mancanza di risorse interne o di budget per costruire un team articolato). Così, anche chi dice di credere nel digitale, in realtà mette in campo azioni molto superficiali, senza investire adeguatamente in creazione di contenuti o in gestione dei canali.

- nelle grandi aziende torna la ragione culturale (management non digitale) a cui si aggiunge spesso la frammentazione dei dipartimenti: pubblicità, social, direct marketing, eventi, relazioni pubbliche fanno spesso capo a manager diversi e vengono gestiti da agenzie differenti a cui quasi sempre manca la visione di insieme e un coordinamento unitario. A questo si aggiunge la competizione per il budget, sempre più ridotto. Certo, ci sono eccezioni come P&G, ma sono ancora troppo poche.

L’ultimo fattore, ancora una volta culturale, è che si ragiona troppo in termini di campagne e di strumenti (lo spot, il sito, la pagina Facebook, ecc.) anziché in termini di flusso (la costruzione di una presenza continuativa e coerente all’interno dei diversi canali).

Come riuscire a far convergere in modo efficace tutti i media?

1) Comprendere le ragioni della convergenza: le abitudini dei consumatori e l’utilizzo dei media, tradizionali o digitali, è in costante e rapida evoluzione. Tracciare e anticipare l’evoluzione di queste abitudini è fondamentale per creare il giusto media mix.

2) Costruire una presenza stabile: il focus potrà spostarsi su una tipologia di media o su un’altra o su un diverso mix a seconda del momento, del prodotto o degli obiettivi, ma è importante costruire una presenza che comprenda le tre tipologie per essere in grado di cambiare tattiche e priorità rapidamente.

3) Allineare i Dipartimenti interni e le Agenzie: l’era dei silos organizzativi è finita da tempo. Il modo più efficace di garantire una presenza coerente è quella di coinvolgere tutti gli attori allo stesso tavolo, almeno nelle fasi decisionali e di pianificazione, per permettere a tutti di avere la visione globale degli obiettivi e del ruolo.

4) Essere flessibili: così come mutano le abitudini dei consumatori, spesso cambiano rapidamente gli scenari, gli obiettivi o le necessità aziendali. Un controllo centralizzato e coordinato permette di cambiare più rapidamente le strategie e decidere la loro attuazione sulla base dei Media, Canali e Strumenti più adatti a rispondere, anche in tempo reale. Per esempio, nel caso Minetti-Parah, nell’impreparazione dell’azienda nel gestire la crisi ha contato molto la scarsa conoscenza dei media digitali, facebook in primis, e la necessità di mantenere una presenza e un dialogo costanti.

5) La Content Strategy al centro: la presenza sugli Earned Media è cruciale per garantire il flusso: Social Network, condivisioni, commenti e recensioni permettono di accrescere costantemente la notorietà e il livello di coinvolgimento. Ma per avere successo occorre studiare e pianificare i contenuti con grande attenzione.

6) Coerenza di messaggi e tono di voce: più i media convergono e maggiore deve essere l’attenzione posta sulla coerenza dei messaggi. L’utilizzo delle modalità e dei linguaggi propri di ogni canale non deve snaturare i messaggi chiave, così come non si deve pensare che lo stesso materiale possa essere inviato in modo indifferenziato su tutti i canali. I New York Giants sono tra i migliori esempi di come un brand possa costruire e mantenere una relazione con i propri fan utilizzando un mix di Owned e Earned Media. Durante le recenti Olimpiadi Nike lanciò la campagna Find Your Greatness e uno degli spot (Paid Media) – Jogger – aveva come protagonista un dodicenne obeso. Lo spot ha iniziato rapidamente a circolare sulla rete con qualche milione di condivisioni in totali, ha ispirato la nascita e la condivisione di altri video guadagnando spazio sui Canali Social (Earned Media). Ma la reale chiusura della campagna era sul sito Nike Plus (Owned Media) dove i visitatori trovavano una serie di sfide, che si sviluppavano nel tempo, per trovare la loro propria grandezza …. magari acquistando un prodotto Nike.

7) L’importanza dell’ascolto: molti Earned Media (Social Media, forum, recensioni, ecc.) sono innanzitutto un potentissimo mezzo di ascolto così come molti Owned Media permettono di coinvolgere direttamente i consumatori nello sviluppo di prodotti o nelle ricerche di mercato. L’ascolto dei feedback deve diventare una componente essenziale di ogni strategia.

8) Creare e mantenere Ambasciatori di Marca: soprattutto nel mondo digitale, chi contribuisce a formare l’opinione di altri consumatori (i cosiddetti influencer) è molto spesso un consumatori come tanti altri, solo più attivo, consapevole e in grado di catalizzare la fiducia di altri. Individuarli, coinvolgerli, riconoscerne il ruolo e assicurarsi che siano presenti nel processo di comunicazione è un modo importante di garantirsi maggiore presenza sugli Earned Media.

9) Definire gli obiettivi e la misurazione: all’interno di media e canali variegati e flessibili può essere difficile orizzontarsi. Ma lo è ancora di più se non si definiscono gli indicatori e i criteri di misurazione per valutare il successo. Meglio se attraverso un mix di indicatori qualitativi e quantitativi.

Per chiudere, credo sia utile sgombrare il campo da una grossa ambiguità, che segue il digitale da quando è nato. Il fatto che solo uno dei Media sia tradizionalmente chiamato Paid, non significa che gli altri siano necessariamente a costo zero. Per avere successo sugli Earned Media occorre sviluppare una strategia di contenuti rilevante per i destinatari e in grado di stimolare condivisioni e interazioni, spesso opportunamente stimolate dalle agenzie di Social Media Marketing. Occorre individuare e coinvolgere gli Influencer così come mantenere capacità di reazione in tempo reale. Allo stesso modo gli Owned Media vanno popolati di contenuti e attività, aggiornati, mantenuti vivi anche con l’intervento di terze parti (es. ospiti nel corporate blog). Tutto questo ha un costo, a volte anche rilevante. La convergenza diventa allora anche un difficile esercizio di analisi degli obiettivi e di allocazione delle risorse all’interno di un media mix costantemente variabile.

Alessandro Santambrogio – Liquid


Filed under: Comunicazione Integrata, Digital marketing, Marketing, News Tagged: Alessandro Santambrogio, consumatori, convergenza, earned media, influencer, liquid, liquid communication, media, multischermo, multiscreen, owned media, paid media, smartphone, social tv, tablet

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