La conversione
dell'Innominato... A prescindere da come si è scherzato riguardo
alla scelta di Alessandro Manzoni di non rendere manifesto il nome di
quel Signorotto potente, tanto temuto dalla popolazione, il racconto
della conversione dell'Innominato induce alla riflessione, perché,
pur essendo ambientato nel 1600, scritto nel 1800, rimane sempre
attuale. I prepotenti hanno sempre la meglio sui deboli e poveri. Ma
qualcosa di inaspettato, soprattutto per chi ha assistito alle
scelleratezze dell'Innominato, sta per accadere: egli accetta
d'impeto di aiutare don Rodrigo nella sua impresa, però sente un
soffocamento interiore appena questo s'allontana da lui. L'innominato
non riesce ad aggiungere questa scelleratezza alle altre. Sente
un'inquietudine molto forte impadronirsi del suo cuore ed avviene una
lotta furibonda tra l'uomo nuovo che sta nascendo in lui e quello
vecchio che rivendica il suo onore, non vuole passare per debole. Nel
suo cuore echeggia distintamente il nome di Dio... ed inoltre a
questo suo rimestamento interiore, ci si mette pure Lucia a girare
il coltello nella piaga, dicendogli che per redimersi, per scontare
il male fatto, non ha altro che compiere una buona azione: liberarla.
La cosa strana su cui riflettere è questa: l'innominato era una
persona molto più cattiva di don Rodrigo. Egli aveva perpetrato i
suoi crimini, godendo dell'altrui dolore senza rimorso, eppure
proprio lui Dio sceglie per appropriarsi del suo cuore e compiere il
bene tramite la sua persona. L'innominato è tormentato dal rimorso
del male commesso e sente tanto timore del giudizio di Dio. Anche don
Rodrigo in fondo allontana questo rimorso che vuole impadronirsi del
suo cuore. Lo dimostra quando Alessandro Manzoni, racconta il momento
in cui fra Cristoforo si reca da don Rodrigo per distoglierlo dal suo
nefando proposito. Don Rodrigo lo allontana temendo di cedere al
timore di Dio. Fra Cristoforo, infatti, avendo provato con le buone,
non riesce più a controllare la sua natura focosa che ha incanalato
nel servizio del bene e punta il suo dito accusatore su don Rodrigo
ricordandogli che il male ricade su di chi lo compie, attirandosi
così la maledizione di Dio. Anche don Rodrigo ha un certo fondo
buono, ma ha ancora la forza per metterlo a tacere... L'Innominato
tenta di allontanarlo ma non riesce, lo sopraffà e finalmente, cede,
si reca dal cardinale Federico Borromeo e gli dice tutto, anche della
faccenda di Lucia.
Questo ci induce a
riflettere sul fatto che in ogni uomo c'è un germe di bene che va
innaffiato con l'acqua cristallina della preghiera. Dio, attraverso
questa, compirà miracoli che stupiranno e incanteranno.
Magazine Cultura
La conversione
dell'Innominato... A prescindere da come si è scherzato riguardo
alla scelta di Alessandro Manzoni di non rendere manifesto il nome di
quel Signorotto potente, tanto temuto dalla popolazione, il racconto
della conversione dell'Innominato induce alla riflessione, perché,
pur essendo ambientato nel 1600, scritto nel 1800, rimane sempre
attuale. I prepotenti hanno sempre la meglio sui deboli e poveri. Ma
qualcosa di inaspettato, soprattutto per chi ha assistito alle
scelleratezze dell'Innominato, sta per accadere: egli accetta
d'impeto di aiutare don Rodrigo nella sua impresa, però sente un
soffocamento interiore appena questo s'allontana da lui. L'innominato
non riesce ad aggiungere questa scelleratezza alle altre. Sente
un'inquietudine molto forte impadronirsi del suo cuore ed avviene una
lotta furibonda tra l'uomo nuovo che sta nascendo in lui e quello
vecchio che rivendica il suo onore, non vuole passare per debole. Nel
suo cuore echeggia distintamente il nome di Dio... ed inoltre a
questo suo rimestamento interiore, ci si mette pure Lucia a girare
il coltello nella piaga, dicendogli che per redimersi, per scontare
il male fatto, non ha altro che compiere una buona azione: liberarla.
La cosa strana su cui riflettere è questa: l'innominato era una
persona molto più cattiva di don Rodrigo. Egli aveva perpetrato i
suoi crimini, godendo dell'altrui dolore senza rimorso, eppure
proprio lui Dio sceglie per appropriarsi del suo cuore e compiere il
bene tramite la sua persona. L'innominato è tormentato dal rimorso
del male commesso e sente tanto timore del giudizio di Dio. Anche don
Rodrigo in fondo allontana questo rimorso che vuole impadronirsi del
suo cuore. Lo dimostra quando Alessandro Manzoni, racconta il momento
in cui fra Cristoforo si reca da don Rodrigo per distoglierlo dal suo
nefando proposito. Don Rodrigo lo allontana temendo di cedere al
timore di Dio. Fra Cristoforo, infatti, avendo provato con le buone,
non riesce più a controllare la sua natura focosa che ha incanalato
nel servizio del bene e punta il suo dito accusatore su don Rodrigo
ricordandogli che il male ricade su di chi lo compie, attirandosi
così la maledizione di Dio. Anche don Rodrigo ha un certo fondo
buono, ma ha ancora la forza per metterlo a tacere... L'Innominato
tenta di allontanarlo ma non riesce, lo sopraffà e finalmente, cede,
si reca dal cardinale Federico Borromeo e gli dice tutto, anche della
faccenda di Lucia.
Questo ci induce a
riflettere sul fatto che in ogni uomo c'è un germe di bene che va
innaffiato con l'acqua cristallina della preghiera. Dio, attraverso
questa, compirà miracoli che stupiranno e incanteranno.
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