La Coop sostituisce la piazza

Creato il 04 marzo 2011 da Silvanascricci @silvanascricci

C’era una volta a Bologna, in via Orefici, il mitico bar Otello.

C’era una volta ed adesso non c’è più, sostiuito da un orrendo bar chiamato “Incontri” pieno di slot machine e video giochi, era un vecchio, scalcagnato e mitico bar dove, fermandoti un attimo e pure senza entrare, raccoglievi gli uomori della gente, il sentire dei bolognesi e avevi il polso della situazione della città su tutto lo scibile umano e su tutti gli argomenti possibili ed immaginabili.

La caratteristica principale del bar era quella di avere pochi avventori dentro, ma una marea di gente fuori che faceva cappanello discutendo; non sapevi come era andata la partita della domenica? accostavi e sapevi, immediatamente, risultato, rigori, parate e moviola di tutta la partita, minuto per minuto.

Non sapevi cosa fosse successo il giorno prima in città? ti fermavi e scoprivi gli altarini di tutti, ma proprio tutti, umili e potenti.

Era, insomma, l’agorà di Bologna, ancora di più e prima di piazza Maggiore che veniva riservata per i grandi eventi o discussioni un poco più filosofiche ed impegnate; in via Orefici ti facevi i fatti minuti, ma non per questo minori, della popolazione e della città.

Da qualche tempo tutto questo non esiste più e mi sono, spesso, chiesta dove fossero migrati gli ùmarel di Otello; l’ho scoperto, casualmente, un pomeriggio.

Vanno tutti alla Coop.

Nel supermercato vicino a casa mia, all’nterno del quale ci sono panchine, piccoli alberelli e piante e sono tutti lì, a fare gli stessi discorsi che sentivi al bar Otello; eterno ed immutabile crocchio di pareri e sentimenti.

In fondo mi ha fatto piacere ritrovarli, anche se l’ambientazione non è più la magnificenza del centro ma un’anonimato di un  supermercato loro non demordono, stanno sempre lì, al caldo d’inverno e al fresco d’estate; con sempre accanto allora una sezione del PCI, ora una sezione del PD (anche se pure qui, tutt’altra cosa).

“Li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno, a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo” (La città vecchia – Fabrizio De Amdrè).



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