La cooperazione nell’ambito dell’industria della difesa: focus sulla relazione Italia – Brasile

Creato il 18 settembre 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Negli ultimi anni la crescita economica mondiale ha registrato un continuo rallentamento: dal 5,1% registrato nel 2010, si è passati ad un 3,3% nel 2012. I dati per l’anno in corso, purtroppo, non sono incoraggianti. Come noto, la crisi economica e finanziaria ha colpito con maggiore intensità nel vecchio continente e secondo il «World Economic Outlook» del Fondo Monetario Internazionale, il rapporto debito-PIL del gruppo G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti) continuerà a salire fino a raggiungere il 130% nel 2017. Viceversa, le statistiche indicano che i paesi BRIC (Brasile, Russia, India e China) non solo manterranno i propri livelli di crescita, ma che il loro debito-PIL dovrebbe addirittura diminuire fino ad attestarsi al 30%. Sulla base di questi trends macroeconomici, anche il global defence spending ha registrato nel 2012 un sostanziale calo del 3,5% rispetto al 2010. Da un punto di vista puramente quantitativo rimane per il momento saldamente ancorato alle economie più avanzate: risulta evidente il predominio degli Stati Uniti che detengono circa il 40% della spesa totale, nonostante la forte politica di contenimento e riduzione della spesa pubblica attuata dall’amministrazione Obama negli ultimi anni.

La situazione della spesa per la difesa in Brasile

Il Governo brasiliano ha storicamente destinato al comparto della difesa circa l’1,5% del PIL. Tuttavia gli stipendi del personale hanno rappresentato circa il 75% della spesa complessiva, vanificando ogni tentativo di ammodernamento delle Forze Armate nel medio-lungo termine. Il Planalto – sede dell’esecutivo brasiliano – ha deciso, a partire dal 2009, di cambiare rotta e adeguare il proprio potenziale dissuasivo in base alle proprie esigenze politico-diplomatiche. In effetti il paese sta cercando di affermare, per quanto possibile, il suo ruolo di potenza emergente in virtù di alcuni avvenimenti importanti, come ad esempio il suo ingresso trionfale nel gruppo dei BRIC e la scoperta dei giacimenti petroliferi nella baia Tupi.

Figura 1: spesa per la difesa delle singole nazioni latino americane

Va detto che gli appalti in Brasile sono gestiti dalle singole forze armate ma anche chiarito che le decisioni finali, specie per le grandi commesse, restano in capo ai politici di turno. Si parla spesso della necessità della riforma degli appalti, almeno nel comparto difesa, a causa dalle continue pratiche di «avvio e arresto» dei programmi d’acquisto di materiale bellico: ne sono esempi lampanti il programma fighters FX-2 per l’aeronautica militare brasiliana e il programma PROSUPER per la sua marina militare.

Da una parte si avverte la volontà di modernizzare lo strumento militare e, dall’altra, l’intenzione di colmare il crescente bisogno di sicurezza. Tuttavia Dilma Rousseff, rispetto il suo predecessore Luiz Ignacio “Lula” Da Silva, ha manifestato una certa riluttanza circa l’aumento delle spese per la difesa. La priorità del paese resta la sicurezza dei confini nazionali: il progetto SISFRON, risalente a gennaio del 2011, si propone infatti di monitorare i 16.000 chilometri di foresta terrestre a fronte di un investimento di 6 miliardi di dollari. Inoltre si possono annoverare in questo senso, la ristrutturazione dell’Agência Brasileira de Inteligência (ABIN) e le misure adottate contro la corruzione soprattutto fra le forze di sicurezza interna.

Figura 2: spese per la difesa brasiliana (2013)

Vi sono poi segnali diplomatici incoraggianti verso i restanti paesi della regione: la cooperazione regionale in seno all’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) ha allontanato definitivamente il fantasma del conflitto bellico. In effetti la politica estera del governo brasiliano può essere riassunta nel modo seguente:
■ Necessità di affermazione degli interessi economici del Brasile nella governance globale;
■ Potenziamento del ruolo di guida nei processi di cooperazione regionale (UNASUR e Consiglio di Difesa Sudamericano);
■ Bilanciamento della governance globale attraverso la formazione di nuove entità geopolitiche o poli regionali.
Il «Piano Strategico per la Difesa», risalente al 2008, spiega a grandi linee quali saranno le priorità nazionali nei prossimi decenni:
■ Ammodernare le tre Forze Armate;
■ Favorire l’autonomia per quanto attiene il controllo delle risorse naturali e la difesa dei confini nazionali;
■ Favorire lo sviluppo dell’industria nazionale della difesa tramite l’acquisizione di tecnologia (offset / trasferimento di tecnologia).
Tale piano sarà attuato in tre periodi diversi:
■ Dal 2010 al 2014 si prevede di dare seguito ai piani per la sicurezza;
■ Dal 2015 al 2022 assumere un ruolo di primo piano nelle missioni internazionali assicurando comunque la protezione del territorio nazionale;
■ Dal 2023 al 2030 competere con le maggiori potenze militari per ottenere un ruolo chiave nella governance globale

La cooperazione internazionale del Brasile nell’ambito dell’industria della difesa

A livello internazionale il Brasile si muove su quattro direttrici principali. La prima direttrice è orientata verso le «alleanze regionali» che sono, tutt’ora, in fase di consolidamento. Le relazioni industriali del Brasile a livello sudamericano si propongono di far sempre meno affidamento ai fornitori stranieri. La propensione del gigante sudamericano alla collaborazione con i paesi vicini è visto anche come uno strumento di politica estera per stabilizzare la regione. Ciò nonostante Brasilia ammette che le sue ambizioni di crescita industriale possono essere più facilmente soddisfatte attraverso forme di partenariato con i paesi più industrializzati.

La seconda direttrice si basa sulle «alleanze alla pari» con i paesi aventi il medesimo grado di sviluppo tecnologico. L’obiettivo è quello di colmare le lacune tecnologiche che permetterebbero all’industria brasiliana di posizionare meglio i suoi prodotti nei mercati internazionali. Si tratta, in genere, di accordi bilaterali come quelli conclusi con Polonia e Ucraina.

Figura 3: le «alleanze alla pari» del Brasile con Polonia e Ucraina

Nella terza direttrice troviamo invece le «alleanze strategiche». Il Brasile, infatti, ricerca partner industriali disposti non solo a garantire il trasferimento tecnologico, ma anche ad assicurare la produzione locale nell’ottica dell’autonomia tecnologica a lungo termine.

Figura 4: le alleanze «strategiche» del Brasile

Infine, la quarta direttrice è orientata verso i paesi BRIC. Il Brasile si è allineato con la Russia, l’India e la Cina. Questa relativamente nuova entità geopolitica aspira a conseguire, nel lungo termine, una maggiore collaborazione industriale nel settore della difesa. Tale tipo di collaborazione è anche un valido strumento per ridurre il livello di dipendenza su specifici materiali provenienti dai paesi tecnologicamente più avanzati.

Figura 5: le alleanze con i paesi dei BRICS

Le particolarità del mercato brasiliano i punti di forza del «Sistema Italia»

Gli accordi denominati government to government (G2G) e quelli relativi al trasferimento di tecnologia si stanno rivelando i principali vettori per la penetrazione del mercato sudamericano. Gli sforzi del Ministero della Difesa brasiliano per mantenere il pieno controllo sulle politiche di acquisizione del materiale bellico non hanno sinora sortito gli effetti sperati. Tali processi appaiono trasparenti, lo ricordiamo, sino a quando restano sotto il coordinamento delle rispettive Forze Armate. L’intervento politico, nelle commesse più ingenti, rende questi processi meno lineari.

A titolo meramente esemplificativo si può notare che la Força Aérea Brasileira (FAB) riceverà, tra il 2010 e 2014, il 52% dei fondi devoluti per l’acquisizione di nuovo materiale bellico. Il fornitore – magari italiano – desideroso di aggiudicarsi una commessa del settore aeronautico brasiliano, in assenza di un accordo G2G che permetta la trattativa diretta col governo, dovrà affidarsi necessariamente alla concorrenza del mercato. Le associazioni brasiliane di categoria in questo senso, hanno dimostrato di essere influenti nelle politiche di acquisizione nonché in grado di indirizzare gli ordinativi della difesa in virtù della maggiore o minore disponibilità dei fornitori a cooperare con l’industria locale al fine di assicurare un adeguato trasferimento tecnologico. Le recenti gare evidenziano come abbiano tratto beneficio dal mercato brasiliano soltanto quei fornitori stranieri che hanno già investito in società in loco, come nel caso di Elbit, Thales, EADS, DCNS.
Risulta doveroso porre in essere, al fine della nostra indagine, alcune premesse relativamente alla situazione in cui si trova il mercato brasiliano oggi.

Innanzitutto, la penetrazione francese, che è stata notevole in passato, non è detto che prosegua con i medesimi ritmi: l’asse Dilma – Hollande non si è rivelato solido come quello fra Lula e Sarkozy. In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno registrato un incremento dell’esportazioni di materiali e di armamenti verso il Brasile, mostrando un + 125% dal 2007. Terza questione, l’allineamento del Brasile alla politica estera Argentina si ritiene possa portare ad un raffreddamento dei rapporti economici con la Gran Bretagna per via della nota vicenda delle Falkland/Malvinas. Ed infine, bisogna notare che Italia e Israele hanno preparato la strada verso un crescente successo nella regione.

Insomma, per l’ingresso nel mercato brasiliano, l’imprenditore italiano attualmente dispone di:
■ Supporto da parte del Governo italiano. L’Italia vede il Brasile come un possibile partner alternativo all’Unione Europea e alla NATO;
■ Un contesto legislativo favorevole soprattutto a seguito della ratifica dell’Accordo di Cooperazione Militare Italo-Brasiliano del 2008;
■ Tecnologia e know how ancora all’avanguardia, entrambi molto ricercati dalle Forze Armate brasiliane;
■ Possibilità di cooperare nelle diverse partnership strategiche attraverso la costituzione di joint venture locali.

Foto: Gianpaolo Di Paola e Celso Amorim nel 2012

Specializzazione dell’offerta della difesa italiana nel contesto globale

Da molti anni i paesi europei, soprattutto quelli maggiormente industrializzati, hanno perso gradi crescenti di autonomia tecnologica e produttiva, a partire dai sistemi più semplici fino ad arrivare agli equipaggiamenti più sofisticati. La risposta europea è consistita nel promuovere lo sviluppo di programmi di collaborazione intergovernativa attraverso i quali far fronte alle nuove esigenze determinate dai mutamenti dello scenario geopolitico e dal maggiore impegno in operazioni internazionali volte al mantenimento o al ristabilimento delle condizioni di sicurezza nelle aree calde del pianeta.

È recente l’avvio di una riflessione, in tutte le sedi europee, sulla possibilità di garantire un adeguato livello di affidabilità della struttura industriale del vecchio continente, attraverso un processo di interdipendenza basato sulle capacità specialistiche nazionali. In altri termini, la soluzione potrebbe essere cercata nell’avere in ogni paese tecnologicamente avanzato una parte, appunto, delle capacità tecnologiche e industriali europee, a beneficio di tutti ma con analogo livello di dipendenza dagli altri paesi. Il «dritto della medaglia» è costituito, quindi, dalla possibilità di fare pooling and sharing basandosi sulla tesi che per far fronte alla sfida della competizione internazionale, le imprese europee devono sempre più concentrarsi sulle proprie aree di eccellenza tecnologica.

Il «rovescio della medaglia» rivela che, in tempi di crisi economica, concentrarsi sulle eccellenze comporta un effetto secondario non irrilevante: la progressiva disincentivazione di tutto il resto con il rischio che anche l’indispensabile venga sacrificato insieme al superfluo. In un simile contesto è di fondamentale importanza individuare le Key Strategic Activities verso cui concentrare le limitate risorse umane e finanziarie disponibili, attraverso oculate politiche industriali e di sviluppo della ricerca, facendo convergere le due prospettive nel quadro di una riorganizzazione e di una specializzazione industriale e militare, nazionale ed europea.

Il rafforzamento della filiera industriale italiana

Tenuto conto dell’attuale sbilanciamento tra il mercato europeo e quello statunitense, la possibilità da parte della filiera industriale italiana e europea di focalizzare su Key Strategic Activities, oltre a consolidare il comparto a livello nazionale e europeo, potrebbe permettere di aprire un dialogo funzionale con i possibili partners, propedeutico all’avvio di una collaborazione su specifici programmi per quelle aree non ritenute prioritarie. In tale situazione, una volta definite le capacità che si vogliono mantenere completamente o parzialmente in Italia, analizzando concretamente le singole competenze, si assicurerebbe la continuità alle filiere produttive e il mantenimento delle attuali eccellenze nazionali, promuovendone la competitività e salvaguardando l’indipendenza nei settori ritenuti prioritari.

La condivisione di questa visione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) potrebbe costituire la condizione preliminare per ricercare collaborazioni e/o integrazioni con altri soggetti industriali: tale processo potrà assumere carattere strutturale, soprattutto in virtù della continua evoluzione del settore e della tendenza allo sviluppo di capacità duali. L’azione del MISE è orientata, lo ricordiamo, a fornire all’Industria nazionale l’agevolazione all’avvio o alla prosecuzione di progetti di ricerca per il comparto civile e militare (Legge 808/85) e di sviluppo/produzione di sistemi d’arma a valenza strategica (Legge 421/96) tenuto conto dell’esigenza di stimolare le imprese ad investire nello sviluppo di nuovi sistemi.

La necessità di coniugare le esigenze della difesa con quelle dell’esportazione, dovrebbe portare al perseguimento di linee d’azione tese a sviluppare prodotti che, pur soddisfacendo interamente le esigenze tecnico operative nazionali, siano predisposti per essere adattati alle richieste dell’esportazione, condizione indispensabile per conferire competitività ai sistemi e per garantire al paese il giusto ritorno economico degli investimenti.
Le risorse disponibili dovranno essere concentrate nello sviluppo di sistemi che associno elevata efficienza operativa ad un corretto rapporto costo/efficacia e un margine di sviluppo atto a garantirne l’integrabilità in sistemi complessi e net-centrici. Il mantenimento della competitività del comparto industriale italiano della difesa richiede, oltre all’adozione di un approccio cooperativo finalizzato a condividere 1′onere economico e massimizzare il rendimento degli investimenti, un incremento delle esportazioni nell’ambito di un coerente quadro autorizzativo, conforme alle esigenze complessive di sicurezza del paese. Oltre al supporto istituzionale che coniughi, ove necessaria, cessione di materiali e tecnologia con offerta di formazione, addestramento e supporto tecnico logistico, appare fondamentale concentrare gli investimenti sulle gamme di prodotti e sviluppi tecnologici nell’ambito dei settori ritenuti prioritari per la difesa del paese, mantenendo tuttavia un margine di attenzione alle opportunità di mercato.

Risulta dunque necessario porre in essere ogni sforzo possibile per operare in sinergia con tutte le realtà – pubbliche e private – che in Italia e nell’ambito degli accordi bi e multilaterali in essere, operano nel campo dell’innovazione tecnologica. Il patrimonio tecnologico acquisito nella ricerca applicata e nello sviluppo di sistemi costituisce il fattore più qualificante dell’industria della difesa. La value proposition che l’amministrazione della difesa (AD) potrebbe offrire nell’ambito di accordi bilaterali di cooperazione industriale presentandosi alla nazione partner come il destinatario finale di un «sistema di sistema» collaudato e validato in funzione dei propri bisogni operativi, disponibile a presentare i pro/contro delle proprie scelte tecnologiche e a fornire una visione critica top-down dei requisiti di missione richiesti dalla nazione partner, permetterebbe alla filiera industriale coinvolta di fornire un’offerta competitiva con un elevato valore aggiunto rappresentato dal know how dell’esperienza del destinatario finale.

Il programmi in atto in Brasile, come PROSUPER, SisGaz, SisFron, mettono in evidenza un comparto di industrie sostanzialmente focalizzate in settori definiti che potrebbero, in un contesto di aumentata competitività, rafforzare le proprie posizioni e relazioni consolidando il comparto stesso. Inoltre, il rafforzamento della Base Tecnologica e Industriale di Difesa Europea (EDTIB) è indispensabile per assicurare all’industria europea il livello di efficienza e di competitività necessaria per un’adeguata risposta alle sfide dello sviluppo tecnologico e della progressiva internazionalizzazione e globalizzazione del mercato della difesa. Va rilevato inoltre che il consolidamento delle capacita europee non deve essere letto in chiave antitetica all’Alleanza Atlantica, bensì come opportunità per preservarne e rafforzarne l’efficacia.

Il potenziamento del coordinamento tra gli organismi dell’AD

Una gestione evoluta da parte dell’AD dello strumento di G2G non potrebbe prescindere da un potenziamento di coordinamento tra gli organismi dell’AD e dei vari discasteri (per esempio Ministero Affari Esteri, Ministero Sviluppo Economico) che potrebbero essere interessanti, anche in visione duale. Oltre agli organismi istituzionalmente demandati alla cooperazione come Stato Maggiore della Difesa e Forze Armate, i principali attori che potrebbero essere particolarmente interessati a possibili sviluppi sono:
■ L’Ufficio di Coordinamento della Produzione di Materiali di Armamento (UCPMA), istituito dall’articolo 8 della Legge 9 luglio 1990, n.185, che fornisce supporto all’autorità politica nello sviluppo di tematiche afferenti la produzione nazionale dei materiali di armamento, sui problemi e sulle prospettive di questo settore produttivo in relazione all’evoluzione degli accordi internazionali. Tale ufficio contribuisce anche allo studio e alla individuazione di ipotesi di conversione delle imprese e, inoltre, identifica le possibilità di utilizzazione dei materiali di armamento per usi non militari;
■ Ministero degli Affari Esteri (UAMA): con la pubblicazione del decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, di recepimento della direttiva europea 2009/43/CE, è stata modificata ed integrata la legge 9 luglio 1990, n.185. Il suddetto decreto attribuisce al Ministero degli Affari Esteri il compito di:

“definire gli indirizzi per le politiche per gli scambi nel settore della difesa e delle direttive generali per l’esportazione e l’importazione di materiali d’armamento”

ed individua l’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento (UAMA), del Ministero degli Affari Esteri, quale Autorità Nazionale competente per il rilascio delle autorizzazioni per l’interscambio dei materiali di armamento e per il rilascio delle certificazioni per le imprese e per gli adempimenti connessi alla materia disciplinata dalla Legge 9 luglio 1990, n. 185;
■ L’Addetto Militare adempie istituzionalmente ai compiti seguenti:
a) consiglia il capo missione in merito a tutte le questioni riguardanti la politica di sicurezza e gli affari militari;
b) accoglie e analizza informazioni sugli sviluppi riguardanti la politica di sicurezza e gli affari militari negli Stati di accreditamento;
c) esercita la funzione di ufficiale di collegamento con il Ministero della Difesa e le Forze Armate e promuove le relazioni bilaterali e la cooperazione bilaterale in ambito militare;
d) funge da interlocutore per tutte le questioni militari e della politica di sicurezza e stringe contatti sia per armasuisse sia per le aziende che operano sul mercato degli armamenti;
e) organizza e gestisce le visite ufficiali di funzionari di alto rango e di militari all’estero.

Efficienze, sinergie e payback nazionale

Una gestione evoluta da parte dell’AD dello strumento di G2G potrebbe condurre ai seguenti benefici economici:
■ Una maggior competitività della proposta fornita potrebbe condurre ad un aumento del mercato accessibile del comparto industriale italiano e delle sue eccellenze tecnologiche, con conseguente ricadute sul PIL e a livello occupazionale;
■ Il possibile coinvolgimento delle istituzioni e imprese coinvolte nella ricerca e sviluppo su «piani duali» potrebbe permettere una maggior focalizzazione sulle tecnologie chiave e il mantenimento dell’eccellenza tecnologica nel medio-lungo termine;
■ A seguito della «Decreto del Fare» l’AD può svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, e tramite proprie articolazioni, attività di supporto tecnico-amministrativo per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale anche in uso alle Forze Armate e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica. Il reinvestimento di tali risorse per focalizzare sulle specializzazioni operative dell’AD potrebbe condurre ad efficienze interne e cicli virtuosi.

Possibili evoluzioni future dell’uso del G2G

L’Europa e l’Italia stanno attraversando un momento di profonda ristrutturazione del comporto difesa guidato da drivers diversi quali la crisi finanziaria, che induce le amministrazioni e le industrie coinvolte a forti efficienze e scelte di specializzazione, e lo scenario internazionale che vede ingenti mutamenti nel settore della domanda. Sulla base di queste spinte il Ministero della Difesa, a seguito dell’approvazione del «Decreto del Fare» che ha reso operativo e ufficiale lo strumento dei G2G in Italia a supporto del comparto difesa (art. 48), potrebbe cogliere l’opportunità di usare tale strumento, evolvendo il proprio ruolo nella sua partecipazione alle attività di cooperazione industriale, trasformandosi in attore chiave della promozione del «Sistema Paese» nell’ambito della difesa, sia a supporto del comparto industriale e sia a vantaggio di un diretto payback utile per sostenere con risorse autonome parte dello spending per la difesa.

In un tale contesto, il Ministero della Difesa avrebbe il compito di coordinare il comparto industriale nelle fasi di lancio di programmi di lungo respiro – si pensi in Brasile al programma navale PROSUPER – che coinvolgono «sistemi di sistemi» e dove l’esperienza già maturata sul campo dal destinatario finale rappresenta per i paesi che richiedono un’offerta integrata il vero valore aggiunto. In sintesi, il Ministero della Difesa potrebbe presentare al Ministero della Difesa della nazione cooperante un’offerta integrata multipiattaforma, supportata dal pool di industrie nazionali (ed europee), con un approccio top down, dando una visione di come il requisito nazionale di missione è Stato, come dire, «taylorato» nel prodotto e validato sotto la sua supervisione.

Questo approccio oltre a rappresentare un benchmark di livello verso il paese richiedente, spesso in cerca guida in tale ambito, permetterebbe al Ministero della Difesa di offrire supporto logistico – ad esempio training – con un evidente ritorno economico. Un’ulteriore conseguenza potrebbe essere quelle di specializzare l’offerta dell’industria nazionale e dello stesso Ministero della Difesa comportando possibili concentrazioni e alleanze di settore. Tuttavia l’evoluzione di ruolo da parte dell’AD nella gestione di programmi di cooperazione bilaterale non potrebbe prescindere da un’attenta analisi organizzativa che assicuri le competenze necessarie per permettere un’integrazione con la filiera industriale. In questo contesto potrebbe ricoprire fondamentale importanza il ruolo degli addetti militari all’estero.

Possibili implicazioni sui rapporti di cooperazione sulla filiera industriale: il caso Brasile

I gruppi brasiliani Odebrecht ed Embraer stanno adottando una strategia di espansione trasversale sul mercato della difesa, conquistando porzioni di mercato attraverso acquisizioni di aziende locali o creazione di joint venture con imprese nazionali e straniere. Gli obiettivi primari sono non solo il consolidamento di una leadership nazionale su definite aree di mercato, come ad esempio in quello navale, ma anche quello di meglio gestire l’offset e il trasferimento di tecnologia imposto alle aziende straniere.

Gruppo Odebrecht: Multinazionale settore costruzioni, ingegneria ambientale, immobiliare, energia, petrolio, gas e biocombustibili, ha 90.000 dipendenti in 17 paesi e un fatturato di 20 miliardi di dollari nel 2009. L’ingresso nel settore della difesa, avviato nel 2009 con la costituzione di una joint venture con DCNS per la costruzione dei sottomarini nucleari, procede con:
■ L’acquisizione del 67% della joint venture COPA Gestão em Defesa insieme ad Atech (27%) e Penta Prospectiva Estratégica (10%) per l’acquisizione e gestione di contratti nel settore della difesa;
■ La costituzione di una joint venture con quota di controllo, con la EADS Defence & Security (oggi Cassidian) per l’acquisizione di know how nel settore delle tecnologie militari;
■ La negoziazione finalizzata all’acquisizione della società brasiliana Mectron che produce sistemi missilistici terra-terra e terra-aria. La Mectron è una tra le principali medie imprese destinatarie di offset in quasi tutti i programmi della difesa;

Embraer Defence Systems: nasce il 1° gennaio 2011 la nuova business unit di Embraer (8% del totale attività di Embraer) con l’obiettivo di ampliare la propria sfera di attività dal settore avionico a quello navale e terrestre. Embraer intende perseguire l’iniziativa attraverso partnership strategiche con industrie straniere. E’ il principale fornitore della FAB e conta, su 1.500 dipendenti, ricavi per 850 milioni di dollari e fatturato di oltre 3 miliardi di dollari.

Figura 6: presenza industriale straniera in Brasile

Conclusioni

Le possibili evoluzioni degli accordi di cooperazione G2G tra Italia e Brasile – ma generalizzabili anche ad altre aree del mondo, in linea con le disposizioni ministeriali del 2013 confermate dai primi passi evidenziati dal «Decreto del Fare» e rafforzate da precedenti esempi in tale ambito (ad esempio FMS Americano) – potrebbero mostrare un graduale aumento del ruolo del Ministero della Difesa nella partecipazione alle attività di cooperazione industriale, in quanto promotore di primo livello del «Sistema Paese» nell’ambito di programmi bilaterali di cooperazione per la difesa, con tutti i possibili ritorni precedentemente evidenziati.

BIBLIOGRAFIA

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