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La coppa del Mondo è dell'Italia: una scommessa facile da vincere

Creato il 13 maggio 2014 da Emix83
coppa del mondo
Manca poco più di un mese al Mondiale di calcio che si svolgerà in Brasile e i tanti appassionati di football sparsi in ogni parte del mondo sono già in fibrillazione. In attesa che Messi, Cristiano Ronaldo e gli altri assi più attesi della kermesse iridata possano entrare in azione, va ricordato che si possono effettuare scommesse sportive su siti come questo. Se la storia delle varie edizioni della competizione che sono state disputate dal 1930 ad oggi è abbastanza nota agli sportivi, meno dibattuta è stata quella riguardante l'oggetto vero e proprio del torneo, la Coppa del Mondo che premia la squadra vincitrice. 
Ideata e disegnata da Silvio Gazzaniga, è realizzata da una oreficeria di Paderno Dugnano, la GDE Bertoni. Il suo valore effettivo, almeno stando alla stima della FIFA, ammonta a circa 300mila euro e il trofeo è andato a sostituire l'originaria Coppa Rimet, vinta definitivamente dal Brasile nel 1970, quando i verdeoro giunsero alla terza vittoria necessaria per l'aggiudicazione definitiva.
Proprio la Coppa Rimet è ormai da tempo al centro di una serie di voci che ne hanno alimentato il mito, sino a farne oggetto di una vera e propria maledizione. Realizzata nel 1929 da Abel La Fleur, un orafo parigino cresciuto alla scuola di Pierre C. Cartier, fu cercata a lungo dai nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Una caccia che arrivò a pochi centimetri dal trofeo, custodita da Ottorino Barassi, nel 1941, quando i nazisti si presentarono nell'abitazione del presidente della federazione calcistica italiana, detentrice della coppa avendola vinta nel 1938 a Parigi, senza accorgersi durante la perquisizione che era sistemata sotto il talamo, in camera da letto.
bandiera italiana Tornato alla luce del sole con il ritorno della pace, il trofeo fu poi clamorosamente rubato nel 1966, quando venne esposto in vista della edizione che vedeva il calcio tornare nel paese ove aveva visto la sua nascita. Proprio mentre i ladri inviavano il basamento del trofeo alla FIFA, con il chiaro intento di intavolare una trattativa minacciando di fonderlo, un simpatico bastardino di nome Pickles riusciva a ritrovare in maniera del tutto fortuita la Coppa Rimet evitando una figura barbina al Regno Unito, già sotto shock per l'accaduto. 
Un ritrovamento che lasciò però all'epoca una lunga scia di dubbi, tanto da far diventare più che una semplice ipotesi la tesi avanzata da molti in base alla quale ad essere ritrovata fosse stata una copia dell'originale.
Copia o originale, nel 1983 per il trofeo andò ancora peggio. Trafugato da quattro balordi in Brasile, dalla sede della Federcalcio locale, fu infatti ridotto letteralmente a pezzi e fuso. I quattro in questione non poterono però godere i frutti della loro prodezza: arrestati dalla polizia, vennero segregati per giorni e torturati, prima di essere messi in libertà vigilata in vista del processo. Scappati tutti, soltanto uno, Luiz Bigode, era ancora vivo nel 1995, dopo essere finito a svernare nel famigerato carcere di massima sicurezza di Bangu. 
Vivo, ma ormai chiaramente poco lucido, tanto da spingere molti a giurare di averlo sentito parlare con un immaginario compagno nel corso delle sue passeggiate nel centro di Rio de Janeiro, da lui ribattezzato Pickles. Lo stesso Pickles che dopo aver ritrovato la Coppa Rimet nel 1966, era a sua volta stato centrato ed ucciso da un albero proprio mentre si divertiva a rincorrere un gatto, a qualche settimana di distanza dalla prodezza che lo aveva reso celebre.
Una storia affascinante, dalle tinte fosche, che naturalmente non poteva non entrare a far parte di quella ricca letteratura che da sempre accompagna il calcio e che a partire dalla metà di giugno del 2014 potrebbe arricchirsi di nuovi capitoli, nel paese che ancora oggi guarda con terrore al celebre Maracanazo del 1950.


nome_img SUSANNA MATTEINI
Autore
 
Appassionata di comunicazione, tecnologia e cinema. Collaboro con diversi siti: scrittrice per passione e (speriamo) per professione. Il web è la mia passione e il mio modo per comunicare con il mondo.



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