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La corrispondenza

Creato il 31 gennaio 2016 da Af68 @AntonioFalcone1

df8e9dc9-d822-4734-959b-913b2f4022edIn una stanza d’albergo, dopo una notte d’amore, un uomo ed una donna stanno per lasciarsi: abbracciati strettamente l’uno all’altra, si scambiano baci e frasi affettuose. Lui, Edward Phoeurum (Jeremy Irons), è un professore universitario di astrofisica, sposato con due figli, lei, Amy Rian (Olga Kurylenko), studentessa fuori corso della stessa facoltà, lavora saltuariamente come controfigura in film d’azione, girando scene pericolose dove simula, esorcizzandolo, l’incontro con la morte, nella consapevolezza di poter riaprire gli occhi al termine di ogni sequenza. Una relazione che va avanti da sei anni, un amore profondo ed intenso capace di alimentarsi anche della stessa distanza che impedisce ai due amanti di incontrarsi ogni volta che lo vorrebbero, costretti ad approfittare delle conferenze cui l’eminente studioso è invitato o del buen retiro di quest’ultimo in una località italiana. Ma Ed fa di tutto per essere sempre presente, inviando da buon “mago” lettere o sms nei momenti in cui la “kamikaze” ha maggiormente bisogno della sua vicinanza, assicurando inoltre un frequente contatto via skype. E così, anche quando l’uomo scomparirà improvvisamente, il citato sistema di corrispondenza continuerà a funzionare, attraverso una ben orchestrata caccia al tesoro, idonea a conferire, oltre ad un senso d’angosciosa impotenza, inedito significato all’espressione “per sempre”…

Jeremy Irons e Olga Kurylenko

Jeremy Irons e Olga Kurylenko

Scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, La corrispondenza ne evidenzia una dote che non è mai mancata al regista siciliano, che va ad aggiungersi ai meriti propriamente autoriali (la forza affabulante di compositore d’immagini in primo luogo), ovvero, almeno a parere di chi scrive, il coraggio, l’ardore sincero e per certi versi temerario, considerando i tempi in cui viviamo e l’attuale produzione cinematografica, non solo italiana, di affidarsi totalmente alla forza propria del cinema, inteso anche come visualizzazione dei nostri aneliti più profondi. Sulla base di quanto descritto imbastisce una storia romantica idonea a mettere in risalto quel sentimento capace, citando il Sommo Poeta, di “muovere il sole e le altre stelle”, l’amore visto ed essenzializzato nella sua più estrema irrazionalità e forza egoistica, arrivando fino al concetto di “possesso eterno”. Così come certi astri si rendono visibili soltanto una volta esplosi, il protagonista, ben reso in ogni palpito, anche in forma di pixel, da Jeremy Irons, intende far sì che la donna tanto amata (la brava Kurylenko, pur se non sempre sembra reggere del tutto la scena) possa serbare nei sui riguardi un ricordo tale da mettere in atto “una corrispondenza d’amorosi sensi che è dote celeste negli umani”, in virtù della quale “sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna (Ugo Foscolo, I sepolcri).

Olga Kurylenko

Olga Kurylenko

Questo dunque il tema dominante del film, un’opera che, facendo leva su un’atmosfera sospesa ancor prima che rarefatta, avvalorata dall’ottima fotografia di Fabio Zamarion in felice combinazione con le ovattate musiche di Ennio Morricone, sembra ammiccare tanto ai classici film sentimentali d’antan quanto alle potenzialità offerte dalle moderne tecnologie. Queste ultime si rivelano capaci di porre rimedio, riprendendo quanto viene detto nel corso della narrazione da Edward, a quell’errore, unico e solo, che ognuno di noi prima o poi finirà col commettere, senza rendersene conto e senza possibilità di porvi rimedio, impedendoci così di godere di quello status immortale cui saremmo potenzialmente destinati fin da quando veniamo al mondo. Ciò che sorprende piacevolmente nel corso della narrazione, riporto la mia personale sensazione, è il particolare e suggestivo contrasto fra la prorompente ed elegiaca forza espressa da un complesso rapporto amoroso e il minimalismo della messa in scena offerto da Tornatore, con movimenti di macchina pressoché minimi o comunque volti soprattutto ad intensi primi piani e a particolari fuori campo. Evidente, poi, la capacità di tenere viva l’attenzione attraverso un leggero stato di suspense, anche una volta rivelato subitamente quello che viene ad essere sfruttato non come un plateale colpo di scena bensì quale opportuna dimensione metafisica per interrogarsi sulle suddette potenzialità estreme dell’amore.

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Solo verso la parte finale la narrazione sembra accusare qualche cedimento, così come lievi cadute di tono si palesano nei riferimenti alla metempsicosi a volte fin troppo insistiti, mentre il sopra citato paragone con le stelle è certo più affascinante e conferisce ulteriore linfa vitale ad una delle più riuscite realizzazioni di Tornatore, che meriterebbe una visione in lingua originale (trattasi di produzione internazionale, girata perlopiù in Scozia, Inghilterra e anche in Italia), visto che il doppiaggio italiano mi è parso conferire fin troppa enfasi ai dialoghi, oltre ad essere spesso fuori sincrono. Probabilmente da inguaribile romantico quale son sempre stato, oltre che fan di vecchia data del regista, la mia imparzialità potrebbe aver accusato qualche colpo, pur mantenendosi ben salda e quindi concludo affermando che pur nei descritti limiti La corrispondenza possa ritenersi un titolo di ampio respiro, capace di congiungere fantasia e realtà, raziocinio e sentimento all’interno di una plausibile concretezza. Tutti elementi idonei a farci riflettere sul “grande enigma del cuore e della mente” (Charlie Chaplin/Calvero, Limelight, 1952), apportando un’appagante emozionalità alle nostre esistenze sempre più standardizzate.


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