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La corruzione corre sul chip

Creato il 17 maggio 2014 da Albertocapece

EllekappaSe si vuole avere un’idea precisa del rapporto tra politica e affari, anche ammesso che si possa fare una netta distinzione dentro un sistema che vent’anni di berlusconismo ha integrato e tematizzato, più che i dibattiti bolsi, scontati e ambigui, sono utili i fatti di contorno, quelli che i media non danno o forniscono a margine come fossero particolari trascurabili e che giungono a conoscenza grazie alla diffusione di rete. Per esempio il misterioso blocco del sistema informatico del Senato sopraggiunto non appena un membro dell’assemblea ha chiesto la lista degli ingressi di Greganti a Palazzo Madama. Un inconveniente durato alcune ore, superato il quale si è scoperto che il compagno G non aveva mai messo piede negli uffici senatoriali. Una cosa ben strana visto che invece le fiamme gialle ne avevano documentato l’ingresso ogni mercoledì, giorno fisso e scelto probabilmente perché giovedì gnocchi come si diceva una volta. E che gnocchi.

Il tentativo di far credere che la politica non c’entri nulla appare così ancora più penoso e patetico restituendo invece l’immagine di una separazione totale del palazzo dalla vita dei cittadini e di una corruzione divenuta un complesso multitasking nel quale ha poco senso tentare di capire chi comanda e chi subisce. Anzi di fatto è la versione italiana del mainstream degli ultimi vent’anni: soldi pubblici per profitti privati. Perché una cosa è certa: il sistema funziona solo se i costi delle opere pubbliche e soprattutto delle grandi opere, spesso volute proprio come conto corrente  di un ceto predatorio e parassita, aumentano vertiginosamente assicurando un bel banchetto per tutti.

Ed è questa l’unica ragione per cui la Tav deve essere fatta a tutti i costi, anche se palesemente inutile arrivando a mettere in galera gli oppositori come terroristi o gli F35 devono essere acquistati a prescindere o altre cose conviene non farle perché bastano le penali e i giri di consulenze: si tratta di espressioni di una governance che agisce per se stessa facendo dello stato e del Paese un alibi e uno strumento. Nonostante a distanza di vent’anni si ritrovino gli stessi protagonisti non vuole affatto dire che nulla sia cambiato da Mani pulite. Invece molto è cambiato e quelle che una volta erano anomalie a guida politica si sono trasformate in normalità di un ceto dirigente indistinto che naviga tra partiti, affari, industria, spesso scambiandosi le parti, soldi contro consenso o riassumendole in sé come è accaduto per Berlusconi.

Certo è un sistema che sta arrivando al capolinea per scarsità di risorse ed è appunto per questa ragione che attraverso manomissioni costituzionali o leggi elettorali porcelle si tenta di blindarlo, confidando che sia poi l’Europa a benedire l’oligarchia con i suoi strumenti e le sue troike.


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