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La corruzione? fa bene al Pil

Creato il 15 giugno 2014 da Albertocapece

15_COVER_672x351Anna Lombroso per il Simplicissimus

Una delle conquiste più amare che abbia fatto negli ultimi anni, io come altri, è la diffidenza.

Mio malgrado sono costretta a considerarla una vittoria non so se dell’età o dei tempi che viviamo, perché il pregiudizio preserva dall’inganno e dall’autoinganno, dall’illusione e dalla disillusione, è un antidoto alle menzogne.

Infatti ho imparato ad impiegarla solo a fini pubblici continuando ad essere festosamente credulona per quanto riguarda il fronte privato, nel quale non mi sono mai sentita né mi sentirirò mai in guerra. mentre orami considero nemico il ceto al potere, la corte di regime e nutro sospetti nei confronti di ogni atto, perfino quelli apparentemente “riparatori”, per i quali cerco e purtroppo trovo sempre motivazioni opache e negative.

Così le azioni di contenimento della corruzione, le considero tali, interventi di limitazione, misure di controllo del fenomeno, che in fondo – come questo blog ha già segnalato – il nuovo sistema europeo di contabilizzazione si proporrebbe di inserire nei dati nazionali anche stime del fatturato prodotto da traffico di sostanze stupefacenti, prostituzione e contrabbando, una moderna acrobazia che non può non piacere alla guapparia di governo così che il rapporto debito/Pil subisca una riduzione di 1,32 – 2,6, che contribuirebbe al conseguimento dell’obiettivo richiesto dal fiscal compact.

Il dinamismo, l’istinto all’agile mobilità, lo spregio per le regole che ostacolano il dispiegarsi spensierato della libera iniziativa faranno sì che venga accolte con favore, è ovvio, questa estensione inevitabile per non dire augurabile dell’economia “informale”, attraverso la liberazione da condanne morali prima ancora che sanzionatorie del sommerso, la legittimazione di quelle attività che sono produttive e legali, ma non conformi alle norme amministrative, e che per questo venivano sottratte al controllo pubblico, al fine di evitare il pagamento delle imposte o di conformarsi della normativa, e che grazie alla dittatura ideologica della semplificazione alla crociata contro i vizi della burocrazia. Si, voglio essere benevola, non si tratta solo di mettere le basi per indulgenze plenarie e preventive nei confronti di amici – compagni non si usa più – che sbagliano, per doverose reti di salvataggio stese a proteggere che sacrifica la propria morale per il partito, l’azienda, l’intreccio solidale di ambizioni affini. E nemmeno soltanto di quella “cultura” della cor­ru­zione tol­le­rata e per­sino ben vista, perfino da chi ha sol­tanto da per­dere non potendo pra­ti­carla in prima per­sona né trarne bene­fici, tanto che sono ammirati potenzialmente imitati quelli che grazie ad essa hanno costruito imperi.

Macché, ispirati da padroni vicini e lontani, interni ed esterni, i boys e i boss del governo pensano davvero che per far ripartire il paese, bisogna far circolare soldi, con tutti i sistemi leciti e illeciti, soprattutto con mega iniziative, grosse e coglione, delle quali non è mai chiara l’utilità assimilabile alla semplice fuffa, che fa confusione e ammuina, sistema un sacco di gente in quella triangolazione necessaria alla conservazione de quel 40 per cento benedetto, impresa, politica, funzionari pubblici e organismi di controllo infedeli. Eh sì, perché se dovessimo andare per il sottile, ancora prima dell’illegalità dei traffici sotto e sopra banco, degli appalti truccati, delle mazzette convertite in regolari emolumenti, i veri attentati alla trasparenza, alla legalità, le vere ferite inferte all’interesse generale consistono proprio nella natura dei quelle opere, cui se fossimo almeno come i brasiliani, dovremmo opporci con forza, perché costano, pesano sull’ambiente e sui bilanci statali a detrimento delle politiche sociali, perché sempre e ovunque sono il naturale contesto della corruzione e dell’infiltrazioni criminali, quelle tradizionali delle vecchie mafie e quelle nuove, combinate tra finanza legale e riciclaggio, tra fondi e azionariati e falsi in bilancio.

Così si mette in piedi un organismo apparentemente muscolare, apparentemente superdotato, apparentemente autoritario oltre che autorevole, come un tempo di costruivano provvedimenti così severi da renderne impossibile e impraticabile l’attuazione. Un organismo che dovrebbe mille occhi per tutto controllare e tutto sorvegliare attraverso un sistema centralizzato, al quale è improbabile, nella totale assenza di una rete di sorveglianza e vigilanza, nella prospettiva che la semplificazione cancelli gli ultimi baluardi, non sfuggano grandi e piccoli misfatti.

Siamo pronti per gli obiettivi dell’Europa, all’economia criminale: la produzione di beni e servizi vietata dalla legge o effettuate da soggetti non autorizzati, a quella già sdoganata della precarietà, che ha permesso evasione fiscale e contributiva, lesione di garanzie e diritti, per il bene del Pil, sia pure in maniera non esplicita, si potrà aggiungere la pratica della corruzione, aiutata dalla tolleranza del falso in bilancio, dalla mollezza nei confronti del riciclaggio, dalla promozione di prossimi scudi fiscali.

Finiremo per morire andreottiani, a pensar male non ci si sbaglia mai.

 


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