Prima era la guerra fredda, ora è la lotta al narcotraffico. La ragione –o la scusa- per giustificare la recrudescenza dell’acquisto di armamento bellico degli eserciti centroamericani è diventata questa, lo scontro quotidiano con le bande criminali organizzate. Un compito che dovrebbe essere affidato alle forze di polizia, ma che nel Centroamerica che ha dimenticato le pagine nere del proprio recente passato, diventa priorità degli eserciti. A dare l’esempio è stato il Messico con la dottrina Calderón, neppure smentita dal suo successore nonostante le promesse di campagna elettorale, gli altri paesi hanno seguito a ruota.
Proprio nei giorni in cui si celebra lo storico trattato per il controllo delle armi approvato dall’Onu, i dati del Centroamerica rivelano che le spese militari sono tornate ad essere prioritarie nonostante siano ancora vive le ferite provocate dalle guerre civili. Nel Guatemala che riscopre in questi giorni gli orrori del lungo conflitto interno, attraverso la lunga fila di testimoni che dichiarano nel processo all’ex dittatore Ríos Montt, nei palazzi della politica si discute animatamente per garantire l’acquisto di sei Super Tucano, un caccia turboelica fabbricato dalla brasiliana Embraer. Assieme ad una rete di radar, la commessa implica una spesa di 166 milioni di dollari, che ha aumentato di quasi un 30% il budget delle Forze Armate guatemalteche per il 2013. L’investimento viene presentato come una misura preventiva contro il crimine e giustificato perché ritenuto necessario per frenare la violenza e la penetrazione del narcotraffico. Stessa ragione viene esposta da Daniel Ortega, il presidente del Nicaragua, che politicamente sta diametralmente in opposizione al suo collega guatemalteco, Otto Pérez e che è pronto a spendere per rafforzare il sistema di difesa del suo paese. Il leader sandinista adduce la necessità di proteggere lo spazio aereo nicaraguense e di limitare, così, il raggio d’azione dei narcos. Fatto sta che l’offerta della Embraer ha scatenato un effetto domino: anche l’Honduras comprerà quattro Super Tucanos, mentre El Salvador, per non rimanere indietro, sta valutando di partecipare alla corsa all’acquisto.
Il fenomeno al quale si sta assistendo è quello di una militarizzazione della società, dove i soldati sono chiamati a compiere le funzioni di una polizia che perde ogni giorno terreno contro la criminalità organizzata. Messico, Guatemala, Honduras ed in parte il Nicaragua hanno coinvolto da tempo le proprie Forze armate nella repressione dei gruppi narcos, una partecipazione che è diventata parte del quotidiano al punto da non destare ormai critiche o opposizione tra gli scranni parlamentari. L’Honduras negli ultimi anni ha triplicato la spesa militare, Guatemala ed El Salvador seguono a ruota in una spesa che ottiene comunque accettazione nei Congressi al di là delle linee di partito e che segue un certo discorso nazionalista che si pensava ormai un anacronismo. Al di là delle ragioni esposte all’opinione pubblica – la lotta al narcotraffico è pur sempre un’ottima scusa -, non bisogna dimenticare che i governi centroamericani sono ancora molto suscettibili ai movimenti bellici dei loro vicini, come dimostra la recente crisi nel Golfo di Fonseca. Non bisogna inoltre dimenticare che sul mondo politico esiste una grande pressione da parte della casta militare che preme per riacquistare potere dopo anni trascorsi in secondo piano.Fatto sta che, secondo uno studio dell’Onu, i paesi centroamericani hanno fatto registrare dal 2006 ad oggi un aumento del 60% nelle spese per la sicurezza, siano queste militari o destinate alla polizia, uno sproposito che stride con le realtà sociali che clamano per investimenti mirati allo sviluppo e per arginare la povertà.
Nemmeno Costa Rica e Panama, i due paesi senza esercito, si salvano dalla tendenza armamentista. La pace ha un costo e, da quel che sembra, è un costo molto alto che non fa che confermare l’intenzione di questi due paesi di militarizzare i corpi di polizia. Gli agenti costaricani hanno ricevuto nei mesi passati l’addestramento dei colleghi colombiani (che non hanno certo una buona reputazione in quanto a rispetto dei diritti umani), mentre è risaputo che la polizia panamense non riesce a scrollarsi di dosso il pesante e tragico fardello ereditato dalla Guardia Nacional, come recenti drammatici casi hanno dimostrato. Panama e Costa Rica sono oggi i due paesi che più stanno spendendo nella regione, una spesa che stride con la cultura pacifista con cui si propongono di convivere. La società civile chiede meno armi e più istituzioni forti, ma i governi rispondono picche: anche qui, dove l’abolizione dell’esercito in passato ha permesso grandi conquiste sociali e benessere, la pace oggi si mantiene imbracciando un fucile.
Articolo apparso in esclusiva sull’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/