di Giulia Annovi
La fisica in passato è stata testimone di scoperte sensazionali. Spinta dall’industria bellica, dalla politica e da esigenze strategiche si è data un gran da fare ed è avanzata a grandi passi. Pensiamo solo alla realizzazione di una reazione potente come la fissione nucleare. Oggi la fisica sembra col fiato sospeso, in attesa di un’altra grande scoperta. I fondi però sono sempre meno e gli studiosi lamentano anche la mancanza di un numero sufficiente di persone che si dedichino alla ricerca.
Ora sediamoci davanti al televisore. La gara è appassionante. La corsa di atletica leggera mette in competizione alcuni dei corridori più veloci e bravi a livello nazionale.
Gli atleti, in questo caso, sono studiosi e ricercatori, impegnati in diversi campi della fisica.
Perché rappresentare tale disciplina come una corsa ad ostacoli? Intanto la fisica è una corsa. Come mi ha detto Valdis Corradini, ricercatore presso il CNR-infm di
Modena, una delle scommesse della ricerca è proprio quella di reggere la competitività a livello internazionale.
La corsa, poi, si prefigge sempre un traguardo, così come i ricercatori si pongono degli obiettivi.
Ma perché devono esserci per forza degli ostacoli? Il percorso che porta al traguardo presenta quasi sempre avversità, imprevisti o problemi difficili da superare con i mezzi
a disposizione.
Quanto tempo diamo agli atleti per arrivare al traguardo? Solo due anni. Quelli che hanno accettato la mia sfida mi hanno detto che sono troppo pochi, ma poi hanno
abbozzato una risposta. La fisica è una disciplina con vari campi di applicazione. La mia rappresentazione si limita ad indagare alcuni aspetti della materia. Si parte dalla materia stellare per arrivare alle più piccole particelle che compongono ogni elemento.