La corte
di Christian Vincent
con Fabrice Luchini, Sidse Babett Knudsen, Miss Ming, Berenice Sand
Francia, 2015
genere, drammatico
durata, 98'
Scorrendo la carriera cinematografica di Fabrice Luchini e
prendendo in esame la personalità dei personaggi portati sullo schermo
dall’attore francese si fatica a ricordare una tipologia umana diversa da
quella appartenente a Michele Racine, il presidente della corte d’assise che
impariamo a conoscere nel corso degli avvenimenti che scandiscono il nuovo
lungometraggio di Christian Vincent, "La corte", di cui Luchini è
assoluto protagonista. Imperniato sulle sedute del processo a un presunto infanticida
il film racconta il quotidiano dell'uomo, diviso tra le procedure
dibattimentali all’interno dell’aula e le serate trascorse nella camera
d’albergo in cui si è trasferito dopo la separazione dalla moglie. Uno scarto,
quello tra pubblico e privato, che ben presto diventa lo specchio di una
duplicità caratteriale evidenziata dalla straordinaria padronanza con cui
Racine presiede le attività legate al suo incarico, alle quale il regista
oppone in una sorte di contrappasso l’inadeguatezza esistenziale dello stesso,
meschino e impacciato quando si tratta di dare corso alla normalità più
prosaica dell'esistenza.
Detto che come spesso ai tipi umani incarnati da Luchini
anche questo è destinato a risolvere le proprie idiosincrasie grazie
all’intervento provvidenziale di una figura femminile che La corte gli serve su
un piatto d’argento, essendo la donna in qustione uno dei membri della giuria
del processo a cui Racine è stato assegnato, il film di Vincent si serve della
maschera attoriale del suo interprete per rappresentare una commedia umana di
miserie e nobiltà a cui oltre al protagonista partecipano in diversa misura
imputati e testimoni chiamati a raccontare la propria fetta di verità nel corso
delle varie udienze. In questo modo il film oltre ad essere l’indagine su un
cittadino al di sotto di ogni sospetto, tanto è conclamata la disistima che di
Racine hanno conoscenti e colleghi, diventa anche il ritratto di un microcosmo
che alla maniera di Simenon il regista racconta facendo risalire le ragioni del
delitto all’analisi psicologica e sociale dell’ambiente in cui si è verificato.
E se la riproduzione del consesso umano è ricco di sfumature e da modo alla
storia di ampliare gli orizzonti del suo sguardo è anche vero che gli inserti
processuali faticano a inserirsi con altrettanta armonia nel flusso narrativo
che, per questo motivo, risulta a tratti un po’ macchinoso. Presentato nel
concorso ufficiale della 72 edizione del festival di Venezia"La
corte" ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura andata allo stesso
Vincent e quello per il miglior attore, meritatamente assegnata a Luchini.