(L'hermine)
di Christian Vincent (Francia, 2015)
con Fabrice Luchini, Sidse Babett Knudsen
durata: 98 minuti
★★★★☆
Delizioso e lieve, come solo i francesi (a volte) sanno fare... specie si ha la fortuna di avere un interprete come Fabrice Luchini, semplicemente meraviglioso: lo è per il modo in cui si mette al servizio di un film apparentemente "leggero", certo non trascendentale dal punto di vista narrativo ma che funziona come un orologio grazie alla classe immensa del suo protagonista, che si fa amare e ci conquista fin dal primo fotogramma, accompagnandoci con mano sicura per tutti gli agilissimi 98 minuti di durata...
Il regista Christian Vincent naturalmente gli dà spago: la regìa de La Corte (L'hermine - l'ermellino - in francese) è puntuale ma mai invadente, sorretta da una sceneggiatura essenziale ma accurata, capace di dosare nel modo giusto umorismo e sentimenti, romanticismo e situazioni buffe. Al resto ci pensa Luchini, ad oggi forse il miglior attore francese in attività, qui nei panni di tale Xavier Racine, un burbero e severissimo Presidente di Corte d'Assise (guai a chiamarlo "giudice"!) implicato in un difficile processo penale (un giovane padre sospettato di aver ucciso a calci la figlia neonata) che non andrà certo incontro al suo (già) pessimo umore.
Racine, soprannominato "il signor doppia cifra" perchè difficilmente le condanne inflitte agli imputati dei suoi processi risultano inferiori a dieci anni, non affronta il dibattimento nel migliore dei modi: ha una febbre da cavallo, un'anca lussata che necessita di continue iniezioni di anti-dolorifici, è stato sbattuto fuori casa dalla moglie e alloggia in uno squallido alberghetto a due passi dal Palazzo di Giustizia. Quanto basta, insomma, per cercare di chiudere in fretta un processo indigesto e tornarsene ad affrontare i suoi casini... Racine, tra l'altro, è abilissimo nell'imbrigliare e incanalare i processi verso la direzione da lui voluta, orientando e influenzando furbescamente i giurati popolari...
Ed ecco però che, come in ogni commedia che si rispetti, accade l'imprevisto più desiderato dal pubblico: càpita infatti che nella giuria popolare ci sia una vecchia fiamma del Presidente, la bellissima Birgit Lorensen (Sidse Babett Knudsen), ovvero l'infermiera che si prese cura di lui durante un ricovero in ospedale di molti anni prima, e della quale il protagonista è ancora perdutamente innamorato. Xavier la vede nel corso della prima udienza, ed è perfino superfluo specificare che, da questo momento in poi, il processo e la giustizia finiranno inevitabilmente in secondo piano!
Così, tra un equivoco amoroso e l'altro, la goffaggine e il tenero imbarazzo di un burbero da cuore d'oro che si strugge nel cercare di riconquistare la donna amata e creduta persa per sempre, il film scorre via che è un piacere, alternando grazia e sensibilità e infondendo allo spettatore un senso di benessere e romanticismo: inutile dire anche voi vi stringerete intorno a questa "strana coppia", tifando affinchè il lieto fine prevalga... ma sarà davvero così? Il finale, naturalmente, dovete vederlo al cinema!