
Un po' come la vita verrebbe da dire, scombussolante e travolgente nostro malgrado, imprecisa, mai scontata per sua natura, da rendere indecifrabile persino l'andamento del processo che funge da metronomo alla pellicola di Christian Vincent: dove un giovane padre, accusato di aver ucciso a calci in pancia la figlioletta di sette mesi piangente, sembra nascondere insieme alla moglie qualche dettaglio in più relativo alla vicenda. Dettaglio, appunto, ovvero quella virgola che, inserita o meno, potrebbe far cambiare totalmente o parzialmente il senso di una determinata frase. E di dettagli, "La Corte", effettivamente ne è pieno, per non dire stracolmo, in quella che è senza dubbio una sceneggiatura che nelle sue sfumature e nei suoi piccoli graffi nasconde più risposte di quelle che poi, concretamente, ha intenzione di fornire al pubblico: magari più incuriosito dalla risoluzione di un omicidio oscuro, in costante alterazione e sul quale quindi - come a grandi linee suggerisce anche Luchini - bisognerebbe andarci cauti, piuttosto che punire per il solo scopo di individuare un colpevole a tutti i costi. Del resto in quelle virgole, che possono essere tradotte in gesti, espressioni, o semplicemente sguardi, è riposta la soluzione che stiamo cercando, le prove inconfutabili non tanto della verità quanto della certezza di qualcosa ancora da scoprire, da tirar fuori sia da noi stessi, dunque, che dagli altri.

D'altronde è noto che l'equità abiti al centro, non agli estremi, per cui se lo scopo è quello di non cadere a terra, di sopravvivere e di fare la cosa giusta, l'unica soluzione è mettere da parte gli assoluti e cominciare a prendere in considerazione le gradazioni. Che sia in campo giuridico, sentimentale, o, nel più delicato, relativo al sociale. Considerando in anticipo la possibilità di allungare i sospesi per evitare l'errore di decisioni affrettate.
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