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La Cosa – Bene, ma Heijningen non è Carpenter

Creato il 13 dicembre 2011 da Soloparolesparse

Quando ci si appresta a guardare un remake o, come in questo caso, un prequel (un po’ diversa è la storia per i sequel) è sempre bene avere in mente che qualunque raffronto con l’originale è improponibile.
Il discorso vale a maggior ragione se l’originale è La cosa di John Carpenter (che poi la faccenda sarebbe da studiare a fondo visto che già quello è un remake de La cosa da un altro mondo di Christian Nyby e Howard Hawks, ma questa non è la sede).

Con questa premessa ben in mente, è anche possibile godersi La cosa di Matthijs van Heijningen come un buon film, ben fatto, con ottimi effetti e soluzioni degne.

La Cosa – Bene, ma Heijningen non è Carpenter

Siamo in Antartide nel 1982 e una spedizione Norvegese scova un’astronave aliena sotto i ghiacci, tirando pure fuori un mostriciattolo surgelato.
Sembra la scoperta del secolo, ma quello che non sanno gli scienziati è che l’alieno è ancora bello vispo ed è in grado di riprodurre le sembianze umane copiando (presumibilmente) il DNA dell’organismo che lo ospita.

Per il gruppo si tratta di sopravvivere e di evitare che l’entità si allontani dal campo.
Siamo in un prequel, quindi già sappiamo che non ce la faranno!

Si comincia con gli enormi ambienti ghiacciati dell’Antartide ed è innegabile che l’ambientazione sia davvero notevole.
Ed è spettacolare anche l’incidente iniziale che permette la scoperta.

La Cosa – Bene, ma Heijningen non è Carpenter

 

Poi si entra subito nel vivo, poco mistero e poca suspance, ma del resto è altamente probabile che chi si accinge a guardare il film sia già a conoscenza della storia.
Così l’attenzione dell’autore si sposta tutta sul ritmo, sulla tensione e sugli effetti speciali che sono davvero interessanti.
Il mostro è di una bruttezza senza pari e la fusione tra i corpi non può che ricordare i primi lavori di David Cronenberg.

Funziona comunque il giochino del “di chi mi posso fidare” che poi avrà grandissima parte nel film di Carpenter e Mary Elizabeth Winstead si muove bene sulla scena.

Le cose migliori rimangono però gli effetti speciali, con una bella dose del buon vecchio make up che non tradisce mai.

Heijningen si perde invece nel finale che lascia la crudezza artigianale per lanciarsi un po’ troppo dalle parti di Alien.
Ma poi recupera sui titoli di coda riprendendo il collegamento col film originale e ripronendo quelle che sono le sequenze iniziali del film di Carpenter.

Comunque promosso.

 



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