Va dichiarata guerra al sublime per liberare dalle catene dell'ideologia della paura il lettore. Occorre combattere il fascino della poesia, usata come strumento di un potere che di fascinazione ha necessità.
Il proemio della Divina Commedia, cioè il primo canto dell'Inferno, viene scritto - come si presenta nei primissimi versi - dal personaggio Dante, che poi nei versi 8 e 9 già si annuncia autore consapevole, utilizzando l'ambiguità efficacissima del racconto in prima persona, il quale fa sì che autore e io narrante si confondano proprio offrendo al lettore una seducente identificazione.
Il personaggio Dante non è il viandante, l'homo viator della tradizione cristiana: è l'uomo che perde il controllo di sé, "pien di sonno", che scrive "mi ritrovai" nella selva oscura, smarrito e spaventato, che non sa dire che cammino ha compiuto verso la selva oscura e perché vi si ritrova. E non sa manifestare altro che paura, innanzitutto. La paura lo soggioga: è il soggetto ideale da sottomettere a un'ideologia. Dante vuole questo tipo di lettore. E paura di che? Quei mostri terrificanti il Socrate di Platone li ha affrontati e sconfitti nella propria psiche e per questo usa il logos, per conoscere se stesso, dialogare e bere la cicuta senza alcuna paura. Quel Socrate è il lontano erede di Ulisse, che con l'astuzia, l'intelligenza, il coraggio si è liberato dagli ambienti ostili e ha riconquistato la sua patria.
È invece questo pavido personaggio dantesco, nell'identificazione con l'io del lettore, a mostrare quale sia il lettore ideale, per l'ideologia: debole, in balia dell'autore, pronto a sottomettersi alle malie della poesia. L'uomo del dubbio cosciente, del conosci te stesso, dell'autocoscienza, l'uomo che vuole sapere, sperimentare, provare, non perde il controllo di sé: compie una decisione libera di cui è pronto a rispondere, non si affida a un'autorità nemmeno se si tratta del poeta Virgilio.
Il quale è il cantore dell'impero, del "buono Augusto", che smentisce gli dèi "falsi e bugiardi" del suo tempo e che pur rappresentando la cultura, il sapere, l'umana dignità, nemmeno può discutere nè ribellarsi nè prendere un'altra via. Virgilio deve invece condurre un uomo smarrito nel regno del terrore, strumento di un disegno di sottomissione. Accanto a Virgilio e al personaggio Dante, però, s'incammina una contro-guida, un anti-Virgilio demistificatore.
L'obiettivo della Divina Commedia è sì la gioia del paradiso attraverso l'amore di Beatrice. Ma quella diritta via smarrita nel mondo civile fatto dagli uomini non verrà mai più ripresa. Dante l'ha abbandonata per sempre e non certo per ignavia. Ha scelto di non orientarsi nella storia e di non esercitare la propria libertà nella prassi, bensì di affidarsi a una visione poetica e religiosa, dalla quale soltanto considerare la storia.
La creazione del lettore sottomesso e l’anti-Virgilio
Creato il 17 febbraio 2015 da Cremonademocratica @paolozignaniPossono interessarti anche questi articoli :
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