La crisi? Ascoltiamola.

Da Lepicentro
L’Italia è malata e la malattia si chiama “crisi economica”. Ma cosa è una malattia? Può essere vista come uno stato di salute che momentaneamente manca. Oppure, la malattia può essere un sintomo di guarigione, un campanello d’allarme che suona per dirci che qualcosa non va nel nostro modo di vivere, nel nostro sistema immunitario, nel nostro rapporto tra corpo e mente.La malattia “crisi economica”, dunque, può essere un sintomo che il nostro sistema non va, che non è adeguato al nostro stato di salute, che intacca il rapporto tra Stato e cittadini sempre più in profondità, che divarica il rapporto tra ricchi e poveri, aumentando il numero di quest’ultimi.Allora come si supera la crisi? Ascoltandola. Ignorare la gran voce di una malattia, ingurgitando pasticche che la facciano semplicemente stare zitta, non risolve il problema che l’ha generata, ma lenisce solamente i suoi sintomi. I tagli “lacrime e sangue” già adoperati e quelli futuri, non sono altro che pillole: il problema strutturale di questo modello economico rimane ed è piuttosto evidente.Riuscire a trasformare uno stato di salute comatoso in un sintomo di guarigione significa un balzo in avanti verso una prospettiva necessariamente ed urgentemente vicina che non comprenda più i giochi finanziari come li abbiamo conosciuti fino ad oggi, che non comprenda più lo strapotere delle agenzie di rating, che non comprenda più le corporation di vario tipo come organizzazioni che dettano la politica mondiale, che non comprenda più i paradisi fiscali. Come fare? L’Europa politica e monetaria dovrebbe intanto interrogarsi su questo orizzonte e non altro, dovrebbe spendere i propri migliori uomini nel disegnare uno scenario economico che sfrutti la crisi, che faccia tesoro degli errori del turbocapitalismo da cui l’Europa è appena malamente passata, e detti le linee guida alle nazioni europee per una economia più legata ai beni materiali, al lavoro come risorsa, alle famiglie, piuttosto che alle speculazioni finanziarie.Altrimenti siamo destinati a rimanere legati a dei “medicinali” atti alla bisogna non nostra, ma di mostri corporativi “farmaceutici” senza scrupoli.

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