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La crisi dei missili a Cuba vista mezzo secolo dopo da uno storico russo

Creato il 15 ottobre 2012 da Matteo
Come ci mancò poco che ci uccidessero tutti La storia della crisi missilistica cubana mezzo secolo dopo 12.10.2012
Andrej ZUBOV, direttore della rubrica, dottore in Scienze Storiche, professore dello MGIMO [1], redattore responsabile dell'opera in due tomi "Storia della Russa. ХХ secolo":
– Mezzo secolo fa molti in Russia capirono all'improvviso con orrore che questi e tutto il mondo erano a un passo dalla distruzione nel fuoco della guerra termonucleare. Non erano noti i materiali delle sedute segrete del Presidium del CC del PCUS, gli ordini del Ministero della Difesa e i protocolli delle trattative sovietico-americane, ma la gente sentì il terrore della "morte totale sul serio". Ricordo questo parossismo di terrore anch'io, allora ragazzo decenne. Ma per gli adulti l'orrore era rafforzato dal fatto che tutti questi – sia i semplici concittadini, sia i grandi della nomenklatura – percepivano la propria totale impotenza davanti alle follie di alcuni poco istruiti e del tutto "slegati" "rivoluzionari professionisti" che costituivano il Presidium del CC del PCUS. Tutti ricordavano come Chruščëv avesse battuto una scarpa sulla tribuna dell'ONU qualche anno prima. Quale ragionevolezza ci si poteva aspettare da queste persone, tanto più che la maggior parte di esse aveva partecipato attivamente all'eliminazione di persone negli anni dello stalinismo? Ma stavolta Chruščëv manifestò ragionevolezza, ammise di aver "un pochino passato la misura" e tolse la Russia dall'orlo dell'abisso nucleare. E per l'appunto questa coraggiosa correzione di un proprio errore fu considerata dai suoi compagni del Presidium del CC non un "più" del 1° segretario, ma un "meno" – un'altra smorfia del totalitarismo sovietico. Adesso conosciamo molto meglio i dettagli della crisi missilistica cubana (peraltro "caraibica" la chiamarono solo in URSS per non legarla direttamente a Cuba, ma al "militarismo americano", che spadroneggiava nel Mar dei Caraibi come in un proprio feudo). E per questa conoscenza, giustamente, è ancora più terribile e ancora più acuto il senso di impotenza davanti alle follie e alle pretese imperialistiche dei tiranni. Il professor Vladislav Martinovič Zubok, specialista di prima classe di storia della guerra fredda, racconta, sulla base di tutti i materiali adesso accessibili, come fu allora, nell'ottobre 1962.

Il 16 ottobre 1962 il presidente degli USA John Kennedy si trovò davanti alla decisione più difficile della propria vita. L'intelligence gli aveva messo sul tavolo le fotografie, fatte dall'aereo-spia U-2, delle basi missilistiche a Cuba. Kennedy non poteva non rispondere a questa sfida. I militari americani gli proposero un immediato attacco preventivo a Cuba con tutte le forze dell'aviazione americana. Iniziò la crisi missilistica cubana. Il mondo si trovò, senza esagerazione, sull'orlo della Terza Guerra Mondiale.
Le discussioni sul perché Chruščëv inviò missili con testate nucleari a migliaia di chilometri dall'URSS non cessano ancora. I fatti evidenziati fino ad oggi mostrano che il leader sovietico aveva alcuni motivi. Il primo e principale motivo era "salvare il socialismo cubano". L'andata al potere di Fidel Castro e dei giovani rivoluzionari a Cuba nel 1959 ebbe, anche se non subito, un'enorme influenza sulla propaganda e sull'opinione pubblica nell'URSS. Non solo gli alti capi del paese, il KGB, i vertici del partito e militari, ma anche la gioventù studentesca e larghi strati della popolazione simpatizzarono con la rivoluzione cubana. Tanto più forte Chruščëv percepì la responsabilità personale per Cuba. L'assistente di Chruščëv Oleg Trojanovskij scrisse nelle proprie memorie che "in Chruščëv dominava il timore che gli USA e i loro alleati costringessero l'URSS ad arretrare in qualche punto del globo terrestre. Non senza fondamento riteneva che la responsabilità di questo ricadesse su di lui".
Gli USA avevano già cercato di abbattere Castro nell'aprile 1961 con le forze degli emigrati cubani, che sbarcarono nella Baia dei Porci, ma furono pesantemente sconfitti. Chruščëv riteneva che in breve tempo l'amministrazione Kennedy avrebbe ripetuto il tentativo di invadere Cuba e che questa volta avrebbero ottenuto il loro risultato. Gli archivi recentemente declassificati del piano americano "Mangusta" mostrano che i timori di Chruščëv non erano privi di fondamento: potenti cerchie nell'amministrazione Kennedy volevano davvero "elaborare approcci nuovi e non standard per avere la possibilità di liberarsi del regime di Castro".

Sull'autore

Vladislav Martinovič Zubok. Anno di nascita 1958, ha ricevuto la formazione nella Facoltà di Storia della MGU [2], ha terminato il corso di dottorato di ricerca all'Istituto per gli USA e il Canada dell'Accademia delle Scienze. Candidato in Scienze Storiche. Dagli anni '90 lavora e insegna in Occidente, negli ultimi tempi è professore dell'Università di Temple (Philadelphia). E' autore di numerosi articoli e libri, in particolare del librro "L'impero non riuscito. L'Unione Sovietica nella guerra fredda da Stalin a Gorbačëv" (traduzione russa edita da ROSSPĖN [3] nel 2011) e "I figli di Živago. L'ultima intellighenzia russa" (2009, edito dall'Università di Harvard in inglese).

                        Il secondo motivo di Chruščëv era la tentazione di aggiustare l'equilibrio strategico, che nel 1962 non era in favore dell'URSS. Nel 1962 gli USA erano giunti alla disposizione dei missili balistici intercontinentali (MBR [4]) "Minuteman" e "Titan", che superavano in qualità e quantità l'arsenale strategico dell'URSS. Secondo i dati del centro non governativo NRDC negli USA, nel 1962 l'URSS possedeva 36 MBR e 72 missili balistici su sottomarini nucleari Gli USA avevano 203 MBR e 144 missili sui sottomarini. Inoltre a disposizione del Comando Strategico dell'Aviazione degli USA si trovavano 1306 bombardieri ad ampio raggio, mentre nell'armamentario dell'URSS ce n'erano in tutto solo 138*.
Chruščëv dimostrò ai membri del Presidium del CC del PCUS che "oltre alla difesa di Cuba i nostri missili aiuteranno a pareggiare quello che in Occidente chiamano l'equilibrio delle forze". Gli americani ci avevano circondati di basi militari e tenevano sotto attacco tutto il nostro paese. Era necessario che "gli stessi americani sperimentassero che significa questa situazione, quando i missili nemici sono puntati su di te" (protocollo n. 32 della seduta del Presidium del CC dell'URSS del 21 maggio 1963). I militari sovietici si aggrapparono all'iniziativa di Chruščëv: avevano voglia di trasformare Cuba in un'enorme base militare sovietica.
Chruščëv intervenne al Presidium del CC con la proposta di portare tutti i carichi militari e le truppe a Cuba in gran segreto e solo in seguito dichiararlo al mondo. Il voto per il piano di Chruščëv fu unanime, cosa di cui testimoniano le firme sul protocollo della decisione. I militari dettero al piano il nome "Anadyr'" – dal nome di un fiume e di un porto in Čukotka [5]. L'inganno geografico avrebbe dovuto trarre in inganno l'intelligence americana.
Con sorpresa di Mosca, non toccò persuadere i cubani. Fidel Castro sostenne caldamente la proposta di Chruščëv sulla dislocazione a Cuba di truppe sovietiche e missili balistici con testate nucleari. Nel giugno 1962 Raul Castro e Che Guevara giunsero a Mosca per siglare l'accordo segreto sovietico-cubano. Agli incontri con i rivoluzionari cubani Chruščëv ostentò: "Prenderò Kennedy per… Se ci saranno problemi, vi farò sapere – questo sarà il segnale per voi per invitare la flotta del Baltico in visita a Cuba" (racconto di Raul Castro nel 1968, trascrizione cubana). Il comandante della truppe missilistiche a scopo strategico (RVSN [6]), il maresciallo Sergej Semënovič Birjuzov andò a Cuba in ricognizione e fece rapporto a Mosca che i missili sovietici si potevano nascondere facilmente tra le palme cubane. Questo fu, ad esprimersi rozzamente, una bufala, ma i militari sovietici avevano troppa voglia di avere una base sotto il naso degli americani. Più di una volta aumentarono le quote di elementi e di armamenti del Gruppo di truppe sovietiche a Cuba**. 
Dopo aver completato con successo l'operazione l'Unione Sovietica avrebbe dovuto avere a Cuba 51000 militari, basi missilistiche e una base della Marina Militare. Nel corso dell'estate e del primo autunno decine di navi da trasporto da Odessa, Novorossijsk [7] e altri porti con soldati nelle stive e apparecchiature avvolte in tela catramata partirono "in direzione ignota". Solo in viaggio capitani e militari vennero a sapere che si dirigevano a Cuba. I contatti radio con il "continente" furono severamente limitati. __________*nrdc.org/nuclear/nudf/datainx.asp/**gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/6.PDF, ma anche gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/7.PDF
All'inizio Chruščëv ebbe fortuna: nonostante i segnali di molti agenti, l'intelligence americana si fece sfuggire il trasporto di un grande contingente di truppe a Cuba. Perfino per gli esperti analisti americani era difficile immaginare che la leadership sovietica si mettesse in un'impresa del genere. Gli uragani stagionali impedirono agli aerei-spia americani di osservare cosa avveniva sull'isola. Ma la fortuna finì quando le nubi su Cuba si dissiparono. Il 14 ottobre l'aereo-spia U-2 fotografò oggetti e installazioni sospetti comparsi sull'isola – camuffamenti e palme, si capisce, non aiutarono. I dati ricevuti dal colonnello del GRU [8] reclutato dall'intelligence britannica Oleg Pen'kovskij non lasciavano dubbi: nelle fotografie c'erano le tipiche basi missilistiche sovietiche***.
Il 22 ottobre il presidente degli USA in una dichiarazione straordinaria alla televisione e alla radio accusò la leadership dell'URSS di disporre armamenti d'attacco a Cuba, richiese che fossero portati via e dichiarò la "quarantena" dell'isola, cioè di fatto il suo blocco. Chruščëv fu preso di sorpresa: venne a sapere solo qualche ora prima che Kennedy sarebbe intervenuto con una dichiarazione straordinaria, ma non sapeva il contenuto di questa dichiarazione. Nell'aria si sentiva odore di guerra nucleare. In quei giorni da ogni passo e parola dei leader sovietico e americano dipendeva il destino del mondo.
Chruščëv convocò una seduta straordinaria del Presidium del CC, in cui si parlò di guerra termonucleare. "Se non useremo le armi atomiche, – disse Chruščëv, – questi potranno prendere Cuba". Il primo segretario del CC del PCUS ammise che la situazione si era fatta tragica. "Volevamo impaurirli, frenare gli USA nei confronti di Cuba". Ed ecco che adesso "possono attaccarci e noi risponderemo… Forse sfociare in una grande guerra". Il ministro della Difesa Rodion Malinovskij, Andrej Grečko e altri capi militari erano convinti che gli americani non si sarebbero fermati davanti all'uso delle armi atomiche per primi. Malinovskij si mise a leggere ai membri del Presidium il progetto di istruzioni del generale I.A. Pliev, comandante del gruppo di truppe a Cuba: se gli USA faranno sbarcare truppe a Cuba, per respingere il loro attacco si potranno usare "tutti i mezzi", ad esclusione dei missili strategici con testate nucleari. A quel tempo a Cuba si trovavano 41 missili balistici R-12 e R-14, missili alati da fronte (FKR [9]), il complesso missilistico tattico "Luna" e i bombardieri Il-28. Tutti questi portavano armi atomiche.
Anastas Mikojan [10] chiese ai militari di precisare: "Cioè è l'inizio della guerra termonucleare?" Chruščëv vacillò. Dopo alcune discussioni corressero le istruzioni. Queste dicevano: "Non usare alcuna arma atomica, neanche in caso di attacco a Cuba" (protocollo n. 60 della seduta del Presidium del CC del 22 ottobre 1962). Anche Chruščëv dispose che le testate nucleari fossero custodite a parte in un luogo speciale, ad alcuni chilometri dai missili stessi, nel corso di tutta la crisi. Fu ordinato di non scaricare le testate nucleari per i missili R-14, appena portate dalla nave da trasporto "Aleksandrovsk" a Cuba.
Al mattino del 23 ottobre, venuto a sapere che Kennedy aveva dichiarato il blocco di Cuba e non la guerra, Chruščëv si rianimò. L'intelligence gli riferì che il presidente Kennedy e suo fratello, il ministro della giustizia Robert Kennedy, temevano più di tutto che la situazione andasse fuori controllo. Al Presidium del 25 ottobre il primo segretario dichiarò: "Non c'è dubbio che gli americani abbiano avuto paura". A dire il vero, Chruščëv si mise a dire per la prima volta che i missili dovessero lasciare Cuba, ma qui aggiunse che ciò sarebbe avvenuto solo quando la situazione avesse raggiunto il "punto di ebollizione", ma che per ora la pressione sul presidente degli USA poteva ancora continuare (protocollo n. 61 della seduta del Presidium del CC del 25 ottobre 1962).
Il 27 ottobre, in mancanza di dati di intelligence accurati sulle intenzioni degli americani, Chruščëv decise di proporre a Kennedy le proprie condizioni. In un messaggio segreto al presidente degli USA comunicò che l'Unione Sovietica avrebbe tolto i propri missili da Cuba se gli Stati Uniti avessero tolto le "proprie armi analoghe dalla Turchia" (là dalla fine degli anni '50 erano stati disposti i missili americani "Jupiter" con testate nucleari). Dopodiché l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti "faranno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU la promessa di rispettare l'integrità dei confini, come pure la sovranità" di entrambi i paesi – la Turchia e Cuba. Come ricorda Viktor Izraėljan, che lavorava al Ministero degli Esteri, il messaggio di Chruščëv fu preso nella cerchia del Ministero degli Esteri "con grande sollievo e soddisfazione. In esso non c'era l'abitudine propagandistica a urlare caratteristica delle dichiarazioni precedenti. Ma principalmente conteneva – come ci sembrava a tutti – un'uscita dalla crisi degna e accettabile per tutti". __________***A.A. Fursenko, T. Naftali. Un gioco infernale. La storia segreta della crisi caraibica. – Мosca, Geja, 1999.
Durante l'incontro svoltosi nella notte del 27 ottobre il fratello del presidente Robert Kennedy e Anatolij Dobrynin [11] si misero d'accordo che l'URSS portasse via i missili da Cuba in cambio di due concessioni da parte americana: gli USA avrebbero fatto la promessa pubblica di non intromettersi a Cuba e la promessa segreta di togliere i propri missili dalla Turchia. Robert Kennedy ammonì: se le informazioni sull'accordo missilistico con la Turchia fossero venute fuori, ciò avrebbe causato una tale tempesta di indignazione negli USA e nei paesi alleati della NATO che avrebbe minato la reputazione politica del presidente. Pareva che Chruščëv potesse uscire vincitore dalla crisi. Ma qui avvenne una serie di avvenimenti che rovesciarono questi calcoli.
Le forze armate degli USA e della NATO furono messe in stato di massima allerta. Dall'ambasciata dell'URSS a Washington e dai militari sovietici a Cuba si moltiplicavano i segnali che gli americani presto avrebbero invaso Cuba. In un telegramma a Chruščëv composto nella notte tra il 26 e il 27 ottobre Fidel Castro consigliò al leader sovietico di sferrare un attacco nucleare preventivo sul territorio degli USA se fosse risultato che l'invasione degli americani a Cuba o il bombardamento da parte di questi delle basi missilistiche sovietiche erano inevitabili. Il 27 ottobre un missile sovietico della classe "terra-aria" abbatté nel cielo sopra Cuba un aereo U-2. Un aviatore americano, il capitano Rudolph Anderson, morì. Chruščëv venne a saperlo domenica 28 ottobre.
Chruščëv si rese conto per l'ennesima volte che il gioco infernale da lui avviato andava troppo lontano. Su suo ordine Malinovskij inviò un telegramma urgente al generale Pliev, in cui affermava "categoricamente": "E' proibito usare armi nucleari di missili, FKR, di "Luna" e degli aerei senza autorizzazione da Mosca". L'ultima goccia fu il rapporto del GRU sul fatto che Kennedy intendesse intervenire con l'ennesimo appello televisivo alla nazione. In seguito risultò che era solo la replica del discorso del 22 ottobre, tuttavia Chruščëv pensò che si trattasse della dichiarazione di guerra. Nella riunione straordinaria del Presidium del CC convocata a Novo-Ogarëvo [12] il 28 ottobre il capo sovietico decise di ritirarsi dal tratto fatale. Alle 16.00 ora di Mosca la radio sovietica annunciò a tutto il mondo che l'URSS toglieva da Cuba gli armamenti, che gli USA "ritengono d'attacco". Nella dichiarazione non si rammentavano neanche i missili balistici.
La fase più acuta della crisi era passata. Ma per Chruščëv la crisi continuava: bisognava spiegare agli alleati e al proprio partito perché ci fosse bisogno di portare a Cuba un tale mucchio di armi e poi portarlo via. Il 30 ottobre Chruščëv espose la propria versione degli avvenimenti ai comunisti cecoslovacchi. "Sapevamo che gli americani volevano attaccare Cuba", – affermò Chruščëv. Gli americani erano già pronti a iniziare grandi manovre in mare dal nome in codice ORTSAC (Castro letto al contrario) con la partecipazione di 20000 marines – un'evidente preparazione all'invasione di Cuba. "Riteniamo che non molto prima dell'inizio delle loro manovre la loro intelligence abbia intercettato i nostri missili a Cuba e gli americani si siano infuriati". Il telegramma di Castro del 27 ottobre con la proposta di sferrare un attacco preventivo incitò Chruščëv ad esprimere il proprio parere sulla guerra nucleare. "Quale vittoria otterremo, se inizieremo la guerra per primi? Infatti moriranno milioni di persone e anche il nostro paese morirà. Solo una persona che non capisce nulla della guerra atomica o una come Castro, accecato dalla passione rivoluzionaria, può proporre una cosa del genere". Il capo dello stato russo si affrettò ad aggiungere che non aveva perso questo gioco d'equilibrio sull'orlo della guerra. "Dai comunicati della nostra intelligence siamo venuti a sapere che gli americani temono la guerra. Attraverso determinate persone ci hanno fatto sapere che sarebbero stati contenti se li avessimo aiutati a tirarsi fuori da questo conflitto".
Capirono i cittadini dell'URSS quale enorme pericolo li aveva appena sfiorati? A differenza degli americani presi dall'orrore i cittadini sovietici in quei giorni d'ottobre sentirono e lessero solo vaghe frasi sulle "nuove provocazioni del militarismo americano contro l'isola della Libertà". Ma le voci fecero la loro parte. I funzionari informati mandarono le proprie famiglie oltre i confini di Mosca. Il 28 ottobre il commentatore televisivo Jurij Fokin nella "Staffetta delle notizie" (al suo posto poi giunse "Il Tempo") raccontò che andando al lavoro incontrò nel cortile di casa sua una donna con una rete per la spesa dove c'erano fiammiferi, sapone e sale. La donna si preparava alla guerra come nel 1941. A quanto ricorda Fokin, questo racconto in diretta ruppe il ghiaccio della censura – "ogni spettatore capì che non gli nascondevano nulla, non tacevano nulla".
In realtà in URSS nascondevano quasi tutto della crisi e quasi nessuno sapeva che il tutto era causato dall'invio segreto di missili sovietici a Cuba. La radio occidentale a Mosca, Leningrado e altre città era zittita. Perfino i membri del CC del PCUS vennero a sapere dell'operazione "Anadyr'" solo dal rapporto di Chruščëv al Plenum festivo di novembre del CC del PCUS – e furono orripilati da ciò che sentirono. Il primo segretario del partito comunista dell'Ucraina Pëtr Šelest scrisse nel proprio diario: "Siamo stati sull'orlo della guerra. In una parola, hanno creato una situazione di incredibile tensione militare, in seguito hanno iniziato in qualche modo a tirarsene fuori – e in questo mostriamo i nostri "meriti" e quasi una "vittoria". E il popolo crede nella nostra ragionevolezza…"
La ragionevolezza in realtà visitò sia Chruščëv, sia la leadership sovietica. Guardando un istante al precipizio nucleare, i leader comunisti dell'URSS capirono che il ricatto nucleare può portare presto o tardi alla catastrofe. Trojanovskij, che si trovava accanto a Chruščëv, ricordò che la crisi ebbe un "enorme significato educativo per entrambe le parti ed entrambi i leader. Questa, forse, per la prima volta fece sentire non in teoria, né nel corso di una polemica propagandistica, ma nella pratica che la minaccia della guerra nucleare e della distruzione nucleare erano una cosa reale e che di conseguenze bisognava cercare seriamente e non a parole la via alla coesistenza pacifica". Chruščëv, che fino ad allora aveva ritenuto il presidente americano un peso leggero, iniziò a vedere in lui un serio partner di trattative.
La ragionevolezza, tuttavia, fu una reazione forzata. Ai primi di novembre i missili balistici sovietici e le loro testate nucleari partirono da Cuba per tornare in URSS. Ma il Presidium del CC del PCUS e i militari speravano ancora di lasciare a Cuba tutti gli altri tipi di armamenti. Li ostacolarono gli americani, che presero Chruščëv in parola – infatti questi aveva annunciato di essere pronto a togliere da Cuba tutte le armi che gli USA ritenevano offensive! La mancata volontà delle autorità sovietiche di rammentare i missili balistici nel messaggio radio del 28 ottobre costò caro nelle trattative con gli USA. I diplomatici USA insistettero perché fossero portati via da Cuba non solo i missili R-12 e R-14, ma anche i bombardieri Il-28. A dire il vero, anche dopo rimasero gli FKR e la "Luna" con testate nucleari – di questi sistemi gli americani non sapevano nulla. Chruščëv e i militari volevano lasciarle ai cubani e in questo caso Cuba sarebbe diventata la seconda potenza nucleare dell'emisfero occidentale dopo gli USA. Solo che, convintisi che Castro, Che Guevara e il loro entourage fossero pieni di rabbia rivoluzionaria verso Mosca per il "tradimento" e le "concessioni all'imperialismo americano" dominassero a mala pena le proprie emozioni, Chruščëv e i militari decisero "a scanso di equivoci" di portar via da Cuba tutte le armi nucleari. La decisione di questa questione fu presa il 20 novembre e presto il piroscafo "Atkarsk" partì dall'Avana in direzione URSS con un carico di sei bombe atomiche, 12 testate della "Luna" e 80 testate per missili alati. Lo stesso giorno Kennedy annunciò di aver tolto il blocco a Cuba. Questi avvenimenti si possono considerare il compimento della crisi missilistica di Cuba.
Kennedy adempì la propria parte dell'accordo segreto e senza far rumore tolse i missili "Jupiter" dalla Turchia nei primi mesi del 1963. La maggior parte degli storici è convinta che il presidente, impressionato dagli avvenimenti vissuti, fosse pronto a iniziare un dialogo con l'URSS per la limitazione della corsa al nucleare. Tra Mosca e Washington fu stabilita una speciale "linea calda" di telescriventi (durante la crisi Chruščëv e Kennedy poterono solo scambiarsi telegrammi cifrati, la cui consegna e decifrazione durava molte ore).
Negli USA festeggiarono clamorosamente la vittoria, mentre alla reputazione di Chruščëv in URSS fu inferto un colpo catastrofico. Per sua sfortuna, Chruščëv non poté ascrivere la soluzione della crisi cubana a proprio merito. Molti militari e diplomatici di alto livello erano convinti che a Chruščëv avessero ceduto i nervi e si fosse affrettato ad accettare l'ultimatum americano. Per i militari sovietici lo scioglimento della crisi fu umiliante: furono particolarmente scontenti i marinai, a cui toccò ritirarsi da Cuba "con la coda tra le gambe" sotto l'umiliante osservazione delle navi e dell'aviazione militari americane. I colleghi di Chruščëv nel Presidium e nel CC del PCUS non gli perdonarono quel terrore che li costrinse a vivere nell'ottobre 1962. Il 14 ottobre 1964, due anni dopo l'inizio della più pericolosa crisi nucleare della storia, Chruščëv fu destituito.
Vladislav Zubok, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/society/54896.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Moskovskij Gosudarstvennyj Institut Meždunarodnych Otnošenij (Istituto Statale di Rapporti Internazionali di Mosca).
[2] Moskovskij Gosudarstvennyj Universitet (Università Statale di Mosca).
[3] Casa editrice di saggi ROSSijskaja Političeskaja ĖNciklopedija (Enciclopedia Politica Russa).
[4] Dalla dicitura russa Mežkontinentnye Ballističeskie Rakety
[5] Regione dell'estremo nord-est della Russia asiatica.
[6] Dalla dicitura russa Raketnye Vojska Strategičeskogo Naznačenija
[7] Porto sul Mar Nero.
[8] Glavnoe Razvedyvatel'noe Upravlenie (Direzione Centrale dell'Intelligence), il servizio segreto militare sovietico e poi russo.
[9] Dalla dicitura russa Frontovye Krylatye Rakety
[10] Anastas Ivanovič (Hovannesi) Mikojan, allora uomo di fiducia di Chruščëv.
[11] Anatolij Fëdorovič Dobrynin, allora ambasciatore sovietico negli USA.
[12] Residenza nei dintorni di Mosca.

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