In che modo risponde l'indotto musicale allo sfacelo della scena italiana? Probabilmente non lo fa con lo spirito giusto o le strategie idonee.
L'industria discografica ha cercato di contrastare la pirateria sul web denunciando i siti che si macchiavano di tale reato ed al contempo creando la possibilità di scaricare legalmente i brani musicali preferiti dall'utente che può così costruirsi la sua personale compilation. Ma anche quest'ultimo tentativo non è felice... Anni addietro, possedere un disco aveva un suo fascino e la copertina giocava la parte del leone. Dinamica superiore a parte, il vinile recava in se il gusto della sorpresa: non si poteva saltare facilmente da un brano all'altro ed il disco era un mistero da svelare.
Sul web nulla di tutto questo: stringhe binarie compresse con algoritmi che riducono la qualità del file originale nell'ordine di cinque a uno! Il formato MP3 che spopola sugli smartphone ed i vari iPod non è che il fantasma dell'alta definizione.
Le televisioni poi propongono in chiaro o a pagamento canali esclusivamente dedicati alla musica, ma anche qui la programmazione favorisce le star straniere o gli artisti nostrani di cui si diceva in precedenza! E le radio? Perdono terreno le tradizionali a favore di quelle sul web, ma entrambe risentono della crisi del settore.
Altra risposta dell'industria discografica al crollo delle vendite è il taglio totale degli investimenti sui nuovi talenti e la soppressione del ruolo del talent scout. Ecco profilarsi un ventaglio di soluzioni alternative che se ben sfruttate possono generare occasioni lucrative anche ad operatori che con la musica non hanno alcun rapporto: i contest (concerti-gare ad eliminazione), i talent show, il varietà basato su presentatori-musicisti.
Il primo caso è un tentativo poco efficace che interessa un pugno di operatori e le istituzioni di alcune città. Trattasi di concerti che mettono in palio premi in denaro per secondi e terzi classificati e la produzione di un disco per il vincitore. Ovviamente, è prevista una quota di partecipazione. Il pubblico, decreterà colui che è meritevole. Nessuna spesa per la ricerca degli artisti, nessun professionista da pagare; chi partecipa finanzia il tutto.
Il talent show è un format straniero ripreso tale e quale dalle nostre TV (pagando i diritti ovviamente): The X Factor, The Voice e tanti altri sono l'equivalente televisivo del contest ed anche in questo caso a guadagnarci sono solo le televisioni, i possessori del marchio ed i presentatori! I vincitori? In linea di massima, meteore! (non manca qualche eccezione positiva, vedi i casi di Marco Mengoni e Noemi, ma solo il tempo ci dirà qualcosa sulle carriere di questi ragazzi).
Chiude il trittico delle soluzioni tirate fuori dal cilindro il varietà condotto da presentatori-musicisti. Ed ecco che le televisioni contattano volti arcinoti, di comprovata efficacia e che siano adatti ad un target multigenerazionale (dai giovanissimi agli over 60): Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Enrico Ruggeri, Toto Cutugno e così via. Gli ospiti, appositamente selezionati, completano il quadro dei ricordi e delle emozioni dei più maturi ed incuriosiscono la platea giovane. Caso analogo è dato dallo spettacolo televisivo che usa i bambini prodigio quali cantanti in erba (e, spesso, si dimostrano realmente validi). Il lato più abbietto? Sfruttare dei minorenni e bruciar loro la carriera futura utilizzandoli solo per i fini commerciali del momento! Pochi sfuggiranno al dimenticatoio.
Le soluzioni proposte dagli operatori del settore si esauriscono qui!
Ed i musicisti/artisti che idee avanzano? Timidi tentativi che non sortiscono l'effetto desiderato a causa dei problemi evidenziati (esterofilia, guerra tra i gruppi, internet) e la mancanza cronica di budget da investire. La formula del "mini-festival" con gruppi che propongono generi differenti sembra al momento quella più efficace. Della serie, almeno ci si prova!
Vediamo, infine, quali sono le prospettive future e le vie potenzialmente percorribili.
L'antropologia insegna ai neofiti la netta distinzione tra "società fredde" e "società calde"; le prime, immutabili e chiuse a guscio su se stesse, rifiutano qualsiasi apporto dall'esterno visto come una minaccia all'ordine precostituito: possiamo accostarle alle tribù primitive stanziali. Dinamiche, sempre a caccia di nuovi mercati per i propri prodotti, avide di novità e tecnologie vantaggiose sono invece le seconde. Esempio? I liberi comuni dell'età medievale che contribuirono senz'altro all'assetto sociale odierno. E la scena musicale italiana in quale fattispecie s'identifica? Com'è tipico della natura italica, cavalca entrambe le condizioni! Conservatrice quando le conviene, aperta alle novità ed agli apporti esteri quando si tratta d'innovarsi per non perdere totalmente il passo o salvare il proprio status!
Eppure, iniziative lodevoli erano state realizzate ed i frutti si sarebbero raccolti in abbondanza, ma, ahinoi, l'avidità e la scarsa lungimiranza di generazioni di amministrazioni e burocrazie hanno vanificato tutto. Un caso su tutti: Fonopoli, il progetto entusiasmante di Renato Zero! Una vera e propria "città della musica" che se ben supportata e gestita avrebbe restituito un concreto contributo a tutto il settore. Una cattedrale nel deserto, un porto in disarmo.
Tra i festival Arezzo Wave è uno dei più longevi ed in passato ha avuto ottimi riscontri dando visibilità a gruppi che oggi hanno un nome come, ad esempio, i Negrita.
Si è anche perso il significato del termine "musica" a furia di abusarne in ambito del mero intrattenimento mondano o per companatico allo "sballo"! Risibile, poi, l'affermazione convinta di quei DJ che, equiparando le loro esibizioni nelle discoteche a concerti veri e propri, utilizzano il verbo "suonare".
Suonare è un'azione ben definita e non ha nulla a che vedere con la miscelazione di suoni effettuata con apparecchiature elettroniche in grado di manipolare musiche preregistrate. E molti DJ si danno persino arie da rockstar... Che la musica vera e propria abbia perso la sua valenza di arte e comunicazione, ne è ulteriore prova l'attuale sdoganamento di lolite sempre più sfacciate che non hanno altro da dire al di là dell'esibizione del proprio corpo! In Italia, tale fenomeno è raro e per lo più si esibiscono le stelline estere. Nessuno può prevedere i capricci del mercato e le conseguenze derivanti dall'applicazione delle nuove tecnologie elettroniche ma non si può gettare la spugna senza tentarle tutte...
Abbassando i prezzi di tutti i prodotti fonografici e di quelli del merchandising si otterrebbe il plauso degli estimatori ed il grande pubblico comprerebbe senza pentimenti. Gli organizzatori dei concerti dovrebbero abbinare ai nomi famosi provenienti dall'estero le nuove proposte nostrane (quelle meritevoli), allo scopo di fornire loro una dignitosa vetrina.
Da non sottovalutare, inoltre, il ruolo delle istituzioni che sono chiamate a supportare l'indotto musicale e a ricollocarlo al posto che merita (un aiuto quasi necessario se non vogliamo che la situazione peggiori ulteriormente!). In tante nazioni del Nord Europa i governi finanziano le arti ed i giovani talenti. Non sono pochi gli artisti di successo che devono il loro lancio ad un disco realizzato con denaro pubblico. In Olanda ed in altre nazioni che puntano sulla creatività giovanile esistono associazioni di artisti che collaborano per il bene comune. Anni addietro, alcune di esse hanno dato vita a delle etichette discografiche ottenendo consensi soddisfacenti. Ecco una grande lezione per i "presuntuosi" musicisti del bel paese: invece di annientarsi a vicenda dovrebbero deporre le armi, consorziarsi e diventare un po' imprenditori (ad esempio, potrebbero gestire dei locali con l'idea di concedere a se stessi e agli altri luoghi dove potersi esibire con regolarità). Magicamente, un futuro più roseo forse si staglierebbe all'orizzonte.