Si sta usando la crisi come pretesto per privare i lavoratori dipendenti dei loro diritti acquisiti. In questo senso sta diventando per alcuni una vera occasione perché, anche a crisi finita, certi mutamenti operati in questo momento così difficile verranno mantenuti. C'è chi ha solo il lavoro. E oggi purtroppo non è più un tempo in cui il lavoro e la professionalità di una persona hanno valore. Io che ti do il lavoro mi permetto di decretare le regole, in tutti i sensi, e passo anche per un magnanimo che ti dà la possibilità di fare parte di una grande famiglia, quando a tutti gli effetti ti sfrutto per guadagnare molto, ma molto più di te.
Ma smettiamola di rimanere nell'astratto, parliamo di cose concrete. Facciamo degli esempi, facili da capire e dotati di una valenza quotidiana.
Parliamo di mutua. Il lavoratore ammalato ha diritto fino a sei mesi l'anno a casa dal lavoro pagato, con tanto di contributi. Molto spesso i giorni di mutua sono molti meno (tranne in caso di tumori, operazioni chirurgiche, malattie gravi); tipicamente se ne utilizzano tre o quattro per una brutta influenza. Ebbene dalla quarta mutua annuale in poi, i primi tre giorni non saranno più pagati. Attenzione: lo scopo è far sentire in colpa il lavoratore ammalato perché così aggrava la crisi, non produce, non dà una mano. Come se tutti i lavoratori in mutua fossero dei furbetti che stanno a casa per menarselo o magari arrotondare con dei lavoretti in nero.
Il decreto "Salva Italia" porterà, ad esempio, i supermercati a poter tenere aperto senza limitazioni di numero di giornate o di orario. Questo porterà ad aumentare il numero di ore da distribuire tra i dipendenti, ciascuno nel suo settore e a svalutare il concetto di straordinario. Vi aspettate che per questo si assumano nuove persone? Assolutamente no, si tenderà a far fare molto di più a chi c'è già. Tutto ciò come se il problema della gente che non compra fosse il fatto che i negozi sono chiusi troppo spesso.
Il nodo pensioni. Ci sono persone che sarebbero andate in pensione l'anno prossimo. Con le nuove regole lavoreranno due anni in più, e andranno in pensione con 42 anni di lavoro e 61 d'età: quota 103. Il problema della gente non è che non vuole lavorare, il lavoro fa parte di queste persone più di quanto farà parte di tutti noi messi assieme. Il problema è che il lavoro si sta trasformando, sta diventando perverso e meschino: parole come produttività e competitività sono le parole che coloro che in fondo non se la passano poi così male utilizzano per giustificare, anche con sé stessi, uno sfruttamento indifendibile.
Si pensa di spazzare via tutti gli ammortizzatori sociali: cassa integrazione, mobilità, disoccupazione. In Italia vive il mito che c'è un eccesso di assistenzialismo e di diritti per i lavoratori. Come fossero un peso, come non fossero loro che mandano a tutti gli effetti avanti le cose, con onestà, con diligenza e, a volte, pure con passione, seppur non ne venga molto nelle loro tasche. Gli operai dei cantieri liguri che bloccano l'areoporto passano per dei guastafeste che fanno molto rumore per nulla. Gli operai della Fiat di Marchionne (che tante responsabilità ha avuto in questa congiuntura particolare) passano per degli esaltati che chiedono troppo. Mi è capitato di parlare con persone che si lamentano dei propri dipendenti, che elogiano il lavoro di stati disumani più "produttivi", come la Cina, dove i sogni del grande imprenditore si possono avverare. Quella volta misi a tacere la mia proverbiale lingua lunga in nome della compassione. Insomma dove sono questi diritti? Assumiamo pure ci siano: ebbene li vogliono annullare tutti.
QUESTI sono i problemi, queste sono le cose che interessano agli italiani, questi sono i nodi che bisogna sciogliere per evitare disuguaglianza sociale e malumore. Mi consento un ultimo, bonario, colpo di coda alla discussione di ieri: e noi spendiamo il tempo a parlare di piste ciclabili??? Poi vi sorprendete se prendo fuoco immediatamente.
Il 2012 sarà l'anno della verità e, io penso, della riscossa. Monti al momento non sembra averlo capito. Nel caso tutto ciò non fosse percepito al più presto, sarò in prima fila ad appoggiare forme di protesta e di dissenso diverse da quelle istituzionali.
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