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La crisi economica e la scelta elettorale nei nuovi paesi dell’UE

Creato il 04 marzo 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La crisi economica e la scelta elettorale nei nuovi paesi dell’UE

Le conseguenze della crisi finanziaria internazionale hanno notevolmente influenzato i paesi dell’ultima ondata di allargamento UE e anche due altri paesi europei post-socialisti che muovono verso l’integrazione con l’UE (Ucraina e Moldova). Il peggioramento della situazione economica ha provocato una significativa reazione sociale sotto forma di malcontento per la politica dei governi in carica. In seguito sono cambiati i punti di riferimento economici e politici con la considerevole crescita della richiesta sociale di “facce nuove”, ideologie radicali e populismo. Uno degli indicatori più chiari della situazione sono i risultati delle elezioni parlamentari e la comparsa di nuovi partiti, tra cui alcuni ultra-nazionalisti e altri evidentemente populistici o neoliberali. Il sostegno ai programmi di questi partiti e ai loro cliché ideologici da gran parte della popolazione può attestare le nuove tendenze sociali e politiche in questi paesi. Ciò a sua volta può influenzare non solo il futuro di questi paesi ma anche di tutta l’Europa unita.

Le tendenze economiche in questi paesi sono state quasi identiche. Dopo una brusca caduta negli anni 2009-2010 c’era stato un piccolo progresso nel 2011, con il peggioramento della situazione nel 2012. La caduta più forte del PIL ha avuto luogo negli Stati baltici e in Ucraina. Il secondo gruppo di paesi contiene Bulgaria, Romania, Ungheria e Moldova, col -5,5% in Bulgaria e il -6,8% in Ungheria. Il terzo gruppo di paesi include gli Stati con la economia più sviluppata: Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia. La Polonia è l’unico Stato che ha sperimentato l’abbassamento della crescita ma non la caduta di PIL. La caduta di PIL nella Repubblica Ceca è del -4,5%, quella della Slovacchia del -4,9%.

Le elezioni parlamentari in tutti questi paesi si sono tenute nel periodo tra 2009 e 2012. In tutte queste elezioni (tranne quelle in Estonia e Moldova) tra i vincitori vi sono anche le forze politiche che hanno proposto vie non tradizionali per l’uscita dalla crisi. Queste forze politiche si possono suddividere in tre gruppi principali: nazionalistiche, neo-liberali e populistiche.

Nazionalisti Ungheria, Bulgaria, Ucraina, Lettonia

Populisti Romania, Repubblica Ceca, Lituania

Neoliberali Polonia, Slovacchia

 
In Ungheria il periodo della crisi è stato segnato dalla crescita di popolarità del gruppo d’ultra-destra “Movimento per un’Ungheria Migliore (Jobbik)”. Se durante le elezioni del 2006 il partito non era riuscito a superare la soglia di sbarramento e ottenere seggi in parlamento, nel 2010 Jobbik>/em> ha avuto 996.851 voti, una cifra molto rilevante per l’Ungheria che ha dieci milioni di abitanti. Di conseguenza il partito ha ottenuto quarantasette seggi parlamentari. In Bulgaria le elezioni si sono avute nel 2009 e il partito nazionalista clericale “Partito Politico d’Attacco” ha ottenuto il 9,36%, rispetto al 8,14% delle elezioni precedenti.

Le elezioni in Romania si sono tenute nel 2012, cioè quando il paese è stato travolto dalla seconda ondata della crisi economica. A differenza di Ungheria e Bulgaria le forze politiche di destra radicale non hanno avuto un grande appoggio pubblico. Per esempio il partito “Grande Romania” ha ottenuto 1,24% e nessun seggio. Un risultato molto magro per una forza politica che nel 2000 aveva conquistato 126 seggi parlamentari. Nello stesso tempo un nuovo attore ha vinto le elezioni. È stato il “Partito del Popolo”, fondato dal conduttore televisivo Dan Diaconescu. Lo si può considerare un partito populistico con un sostegno del 14%. Nel 2011 si sono avute le elezioni in Polonia. Il terzo posto con 10,02% è stato conquistato dal “Movimento di Palikot”,chiamato così per il nome del suo capo. Questo partito è piuttosto libertario e anticlericale. Vuole ad esempio la riduzione dei deputati del Seim, la legalizzazione della marijuana e i pari diritti per gli omosessuali: anche in questo caso si può parlare di politica populistica.

In Repubblica Ceca di partito populista si può parlare a proposito della nuova forza politica “Affari Pubblici” diretto dallo scrittore, sceneggiatore e conduttore televisivo Radek John. Questo partito ha ottenuto il 10,88% dei voti. In Slovacchia le elezioni parlamentari si sono tenute negli anni 2010 e 2012. Si deve notare che il partito nazionalista “Partito Nazionale Slovacco”, dopo un grande successo nel 2006 (11,6%), ha peggiorato il risultato col 5,08% nel 2010 e il 4,55% nel 2012, senza più ottenere seggi parlamentari. Il partito ideologicamente opposto ed euroscettico si chiama “Libertà e Solidarietà” (anche questo è vicino al libertarismo con alcune posizioni populistiche, per esempio la riduzione dei seggi nel parlamento). Già dopo un anno dalla fondazione nel 2010 ha ottenuto il 12,14% dei voti. Nel 2012 è entrato in parlamento, seppur con risultati peggiori (5,88%).

In Lettonia in questo periodo si sono tenute due elezioni parlamentari: quelle pianificate del 2010 e quelle anticipate del 2011. Durante le prime l’unione della destra nazionalista “Alleanza Nazionale «Tutto per la Lettonia!» – «Per la Madrepatria e la Libertà/LNNK»” ha ottenuto il 7,67% dei voti. Durante le elezioni anticipate ha migliorato il risultato 13,88%. In Lituania le elezioni si sono svolte alla fine del 2008 quando si sentiva già la crisi nel paese. Il partito populista “Ordine e Giustizia” ha ottenuto il 12,68%. Ha migliorato il risultato rispetto alle elezioni precedenti (11,3%). Ma allora questa forza politica era un blocco di partiti. Durante le elezioni parlamentari del 2012 il partito ha peggiorato un po’ i risultati ma sono ancora considerevoli (7,31%). In Ucraina “Unione Panucraina «Svoboda»”, dall’ideologia nazionalistica, durante le elezioni del 2012 ha ottenuto il 10,44%. Lo stesso anno il partito populistico “Ucraina – Avanti!” di Natalia Korolevska non è stato capace di superare lo sbarramento ottenendo solo l’1,58%. L’Ucraina si trova quindi sulla stessa strada di Ungheria, Lettonia e Bulgaria, dove i movimenti delle nuove ideologie hanno sfumature nazionaliste.

In pratica nei tutti paesi di cui sopra, nel periodo della crisi economica, si nota la crescita di popolarità di nuovi movimenti politici non tradizionali. La maggior parte di queste forze politiche ha usato slogan e orientamenti del programma populistici, ma a seconda dalla specificità storica, politica, culturale oppure mentale delle nazioni, hanno avuto il sostegno tre gruppi diversi di partiti politici: nazionalisti, “neoliberali” e populisti. Il livello di appoggio alle nuove forze politiche nei paesi post-socialisti va dal 10% al 14% dell’elettorato. È un livello considerevole permesso dalla perdita di fiducia per i partiti tradizionali, con la conseguente ricerca di vie d’uscita non tradizionali. La quantità totale degli elettori di questi partiti ammonta a 7,5 milioni persone. Nella maggioranza dei casi il ruolo più significativo della base elettorale di queste forze politiche spetta alla gioventù, che ha una visione socio-culturale diversa dai vecchi. Quindi le forze politiche di nuova formazione non possiedono una grande riserva di stabilità elettorale a medio termine. Nel contempo prevediamo che la quantità di tali forze politiche che cercheranno un riconoscimento elettorale crescerà col ricambio generazionale e con l’aumento della quota elettorale di coloro che sono nati dopo la caduta del Muro di Berlino. Crediamo che il progresso delle tendenze negative nelle economie dei paesi coinvolti e la riduzione dei redditi del popolo possa diventare un catalizzatore per il rafforzamento del ruolo di questi partiti. Ciò può portare a un notevole peggioramento del livello di stabilità sociale in questi paesi e anche in tutta la regione. Ciò vale soprattutto per Ungheria, Ucraina e Romania.


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