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La crisi ucraina e il dilemma giapponese

Creato il 05 giugno 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La crisi ucraina e il dilemma giapponese

Il momento della crisi ucraina non poteva essere peggiore per il Giappone, presentando al Primo Ministro Shinzo Abe il dilemma tattico di allinearsi o meno con la comunità internazionale imponendo sanzioni contro la Russia. Fino ad ora, la reazione del Giappone è stata tiepida comparata a quella di Stati Uniti e Unione Europea. Tuttavia, se la crisi dovesse aggravarsi ulteriormente, i membri del G7 potrebbero scegliere di ricorrere a sanzioni più severe. Così facendo si potrebbe turbare il cauto gioco diplomatico che Abe sta facendo con la Russia.

Nel suo secondo mandato come primo ministro, Abe ha fatto della Russia un punto centrale della sua diplomazia. Si è incontrato con il Presidente Vladimir Putin cinque volte, più che con ogni altro leader straniero. Ad aprile del 2013 è diventato il Primo Ministro giapponese a visitare Mosca nell’ultimo decennio, mentre a novembre dello scorso anno la Russia e il Giappone hanno varato una nuova base di cooperazione nella forma del negoziato “2+2” tra i Ministri degli Esteri e della Difesa dei due Paesi. Abe è stato anche uno dei pochi leader stranieri a presenziare alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Sochi.

Tutte le manovre diplomatiche di Abe sono state indirizzate ad un obiettivo molto tangibile: quello di rinnovare il dialogo in merito alla disputa territoriale tra Giappone e Russia sui cosiddetti Territori Settentrionali (in Russia conosciute come le Isole Curili). Dal 2003, i negoziati si sono arrestati e l’interesse pubblico è drasticamente sceso. Ricevere un riconoscimento ufficiale della questione da Mosca, e rinnovare il processo di negoziazione, potrebbe rafforzare la posizione del Giappone nelle sue dispute territoriali con Cina e Sud Corea – aumentando la popolarità interna di Abe. Durante il suo viaggio a Sochi, Abe ha invitato Putin nella sua città natale nella prefettura di Yamaguchi per discutere dei Territori Settentrionali, e Putin ha espresso l’intenzione di visitare il Giappone entro la fine dell’anno.

Ad ogni modo, l’occupazione e l’annessione della Crimea da parte della Russia hanno messo il Giappone in una scoraggiante situazione.

Non supportare le sanzioni del G7 contro la Russia andrebbe contro la tradizionale linea di condotta politica a basso rischio del Giappone e il suo ruolo affermato come membro responsabile della comunità internazionale. Tuttavia, supportare le sanzioni potrebbe facilmente cancellare tutti i progressi nelle relazioni russo-giapponesi e rinviare definitivamente qualsiasi decisione sulla controversia territoriale.

Ci sarebbero anche implicazioni economiche per il Giappone se dovesse decidere di estendere le sanzioni. Attualmente la Russia rappresenta il 7 per cento delle importazioni di petrolio greggio del Giappone e il 10 per cento delle sue importazioni di gas liquefatto naturale. Una presa di posizione anti-russa potrebbe risultare dannosa per il Giappone che, mettendo fuori servizio le sue centrali nucleari, è diventato ancora più dipendente dalle risorse energetiche estere. Il Giappone potrebbe anche perdere il permesso di pescare nel Mare di Okhotsk, che fa parte della zona economica esclusiva della Russia.

Probabilmente una questione ancora più rilevante è capire che genere di sanzioni il Giappone sarebbe in grado di imporre all’atto pratico. Nonostante un interscambio commerciale di circa 31 miliardi di dollari tra i due Paesi, la quota complessiva del Giappone nell’economia russa ammonta a un modesto 4 per cento. Le elite politiche e commerciali russe non hanno patrimoni in Giappone, tanto meno detengono capitali nelle banche giapponesi. Il che significa che il divieto di visto e il congelamento dei beni sono fattori altamente improbabili, che non fanno una differenza sostanziale. La Russia potrebbe anche replicare alle restrizioni di esportazione di macchinari giapponesi passando a prodotti più economici fabbricati in Cina e Sud Corea.

Tuttavia, ci sarebbe un’altra ragione per cui Tokyo dovrebbe condannare la recente invasione della Russia in Ucraina: la decisione di Putin di annettere la Crimea ha creato di nuovo un altro precedente per cui un Paese militarmente superiore si impossessa di una parte di un Paese più piccolo basandosi su motivi storici. Questo sarebbe di cattivo presagio per il Giappone alla luce del suo latente conflitto sulle Isole Senkaku con la Cina.

Fino ad ora, le reazioni ufficiali del Giappone riguardo all’occupazione della Crimea sono state contenute. Sulla scia del referendum in Crimea del 16 Marzo il Ministero degli Affari Esteri ha rilasciato una dichiarazione secondo cui il Giappone non ne ha riconosciuto l’esito. Il Ministero ha inoltre deciso di adottare misure quali la sospensione dei colloqui circa la regolamentazione dei visti e il congelamento dell’avvio di negoziati per nuovi accordi. Abe ha inoltre affermato che il Giappone avrebbe offerto all’Ucraina un pacchetto di aiuti di circa 1.5 miliardi di dollari, una misura in linea con la diplomazia del libretto di assegni del Giappone. Egli ha inoltre dichiarato che il Giappone non avrebbe preso parte al G8 in programma a Sochi nel Giugno di quest’anno.

Data l’incapacità di Tokyo di imporre gravi sanzioni a Mosca, e la sua strategia di avvicinamento finemente imbastita con la Russia, sarebbe ragionevole per il Giappone limitarsi a sanzioni moderate e formali, e sperare che la Russia sia troppo coinvolta nella questione della crisi in Crimea per prestare attenzione alla reazione giapponese. Tuttavia, eventi futuri potrebbero costringere Tokyo a prendere una decisione definitiva.

(Traduzione dall’inglese di Irene Cicciarelli)


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