L’Unione Europea si allargherà. A dispetto sia della crisi vigente che ha investito molti dei suoi Paesi membri sia dell’attuale crescita di movimenti euroscettici e nonostante l’ingresso nel dibattito pubblico dell’abbandono dell’euro anche nei cosiddetti Paesi “Core”. Dal primo luglio di quest’anno difatti la Croazia diventerà il 28° Stato membro. Dopo l’ingresso della Slovenia, nel maggio del 2004, lo Stato croato sarà il secondo delle sei Repubbliche che facevano parte della Jugoslavia a divenire membro dell’UE.
Dopo aver presentato la domanda d’adesione nel 2003 la Croazia è dovuta passare attraverso alcune controversie prima di vedere la sua richiesta accettata all’unanimità da tutti i Paesi membri. Nel dicembre del 2008, ad esempio, la Slovenia ha posto il suo veto all’ingresso della Croazia nell’UE ;solo l’anno successivo, dopo aver risolto la disputa riguardante i confini marini e territoriali che si protraevano da anni come ultima eredità dell’epoca del Maresciallo Tito, Lubiana ritirò il suo veto. Un secondo ostacolo all’adesione della Croazia, si presentò con il nostro Paese, anch’esso un retaggio passato, da ascrivere alla fine della seconda guerra mondiale. Fino al 2006 quando la disputa si risolse, i cittadini italiani non potevano comprare beni immobili sul suolo croato e in particolare nella penisola dell’Istria.
Ma l’ingresso di Zagabria è un fattore positivo per la già precaria situazione economia dell’Unione?
Non sono di questo parere molti osservatori, e alcuni dati oggettivi.
La Croazia arriva da quattro anni di recessione, con un Pil in flessione nel 2012 del 2% e crescita zero nel 2013, causa consumi, investimenti ed export bloccati. I dati macroeconomici non sono rosei: il rapporto debito/Pil è al 56,3% del Pil, rientrando quindi nei vincoli del Fiscal Compact, ma il rapporto deficit/Pil è al -4,60% sforando i margini europei che impongono il limite del 3%. Inoltre la Croazia finanzia il proprio debito con tassi d’interesse a dieci anni al 4,9%, quasi 70 punti base in più dell’Italia e 40 rispetto alla Spagna.
Un rapporto Barclays segnala che a dispetto della florida industria turistica, la recessione ha portato ad un crollo del Pil del 11% dal 2008 ad oggi, arrivando a definirla: “la seconda più grave contrazione registrata nel mondo.”. Alla luce di questi dati non dovrebbe stupire se le ultime valutazioni delle agenzia di rating ai suoi bond, hanno portato ad un taglio netto fino a livello “spazzatura”, da Baaa3 a Ba1, affibbiatogli da Moody’s nel febbraio di quest’anno. Per non limitarci alle valutazioni, non sempre trasparenti delle agenzie di rating, segnaliamo il dato più preoccupante: secondo l’Eurostat la disoccupazione ha superato il 18%, una stima addirittura migliore di quella dell’Istat Croato che la assesta al 21%; dati peggiori di questo in Europa si ritrovano solo in Spagna (27%) e in Grecia (26,8).
In Germania il tabloid Bild manifesta forti dubbi sui vantaggi per l’Unione dall’ammissione della Croazia: “Bruxelles ha già pagato un miliardo abbondante in aiuti per l’adesione al governo di Zagabria”, ricorda il quotidiano, prevedendo che “gli euro scorreranno a fiumi anche dopo l’adesione, perché i croati sperano di mettere le mani su almeno tre miliardi provenienti dalle casse UE”. Tra gli altri problemi sistemici del Paese, la burocrazia e la corruzione sono i più significativi: “La burocrazia zoppa rallenta gli investimenti. Nella classifica della competitività del World Economic Forum, la Croazia è al 81° posto…. Sul indice di corruzione di Transparency International la Croazia si è classificata al 62esima, dietro Cuba!”
Le preoccupazioni all’estero si rispecchiano con un raffreddamento generale dell’entusiasmo anche presso l’opinione pubblica croata stessa. Alle prime elezioni europee nella storia del Paese in aprile, il risultato dell’affluenza è stato un sonoro flop: ha votato solo il 20,7% degli aventi diritto. “Vi presentiamo i dodici eletti per i quali probabilmente non avete votato”, esordiva il quotidiano Večernji List, commentando con sarcasmo.
La Croazia ha ancora tanta strada da fare prima di rientrare nei parametri imposti dall’UE. Potrà avere il vantaggio di mantenere una politica monetaria propria, perchè con le attuali basi economiche e la rigidità delle politiche imposte agli Stati membri l’adozione dell’Euro sembrerebbe prematura anche per il 2020. Se decidessero di svalutare ancora la Kuna, già svalutata rispetto all’euro con un rapporto di 1€= 7,4 K, il Paese potrebbe trarre grossi vantaggi soprattutto dal punto di vista dell’offerta turistica verso gli altri cittadini europei. La cosa però che lascia ancora sbigottiti è come un Paese con questi dati macroeconomici riesca ad essere ammesso nell’UE, ciò risulta ancora più paradossale sapendo che dopo l’ingresso di Bulgaria e Romania la Commissione europea ha inasprito i criteri d’adesione rendendoli molto più rigidi! Viene da chiedersi quali criteri abbiano portato alla decisione dell’ammissione. La già grave situazione europea aveva veramente bisogno di un altro anello debole?