Pensare l'attualità di Marx
di Pierre Dardot
Riconoscere "l'attualità di Marx", oggi è diventato di gran moda. Quel che colpisce immediatamente, è che questo riconoscimento, che spesso diventa pura e semplice celebrazione, è ben lontano dall'essere appannaggio dei marxisti desiderosi di leggere, nella violenza della crisi finanziaria, un'eclatante conferma dei pronostici di Marx: fanno altrettanto alcuni partigiani del neoliberismo, lodando la sua chiaroveggenza quasi profetica. Ogni divergenza si gioca intorno al problema di sapere cosa rende attuale Marx: la sua previsione della globalizzazione? O la sua predizione del carattere inevitabile delle crisi periodiche del capitalismo? In realtà, per quanto non trascurabile sia, questa divergenza presuppone un accordo fondato sul concetto stesso di "attualità": si dice "attuale" quello che, nel pensiero di un autore del passato, incontra il nostro presente nei termini della conferma o della verifica, e di conseguenza viene accreditato di una certa "attualità". Come si vede, in quest'accezione largamente diffusa, l'attualità implica un rapporto essenziale con la verità: l'attualità di Marx si misura sulla verità dei suoi enunciati sul mondo, tanto sul mondi cui Marx apparteneva quanto sul mondo che per lui era ancora a venire e che oggi è il nostro. Naturalmente, possiamo, come Alain Badiou, rifiutare la nozione stessa di "attualità", opponendo l'eternità atemporale dell'Idea pura alla verifica degli enunciati per mezzo dell'esperienza, e fare del nome di Marx un semplice "nome proprio", insieme ad altri (Spartacus, Thomas Münzer, Robespierre, Toussaint-Louverture, Blanqui, ecc.). In virtù di tale logica si verrà allora portati a separare il mome di Marx dal pensiero di Marx. Ma per chi prende sul serio il pensiero di Marx e si interroga sulla sua "attualità", è proprio questo concetto di una "attualità-verità" che domanda di essere interrogato, nei suoi stessi fondamenti.
In effetti, la nozione di attualità si può intendere in due sensi fondamentali. Secondo il primo, massicciamente prevalente, l'attualità si intende rispetto a ciò che è presente in senso temporale, cioè a dire contemporaneo: qualcosa di attuale è qualcosa che è temporalmente presente, che appartiene al presente, più puntuale e perciò più passeggero, di modo che quel che più è attuale è destinato, per definizione, a non durare e a non persistere perché si confonde con il congiunturale: ciò che è attuale oggi diverrà inattuale domani. Nel suo secondo senso (oggi rimosso a favore del primo), l'attualità riguarda ciò che è provvisto di una "forza agente": questo senso, che si impone nella filosofia medievale del XIII secolo, rimanda all'idea di atto, o di attività, contenuta nel termine scolastico di actualitas. Ma l'attualità di quel che è in atto, e non semplicemente in potenza, suggerisce l'idea di completamento, di realizzazione, di modo che l'attualità così concepita differisce profondamente dall'attualità compresa come appartenenza al presente temporale: mentre quel che è attuale nel senso del temporalmente presente, è fondamentalmente incompleto e votato alla scomparsa, quel che è attuale nel senso di "essere-in-atto" (energeia) possiede la perfezione di quello cui non manca niente. Inseguendo fino in fondo questa linea di pensiero, si arriva alla conclusione che solo ciò che è in atto possiede un'attualità. Detto altrimenti, solo quello che viene completato è fornito di una forza agente, e ciò che è solo in potenza è condannato, per contrasto, alla sterilità dell'inattività.
Quest'idea, si ritrova nella presentazione della "dottrina di Marx", fatta da molti marxisti conseguentemente a Lenin: "è onnipotente perché è giusto", cioè è "coerente", "armonioso e completo". In breve, è al suo completamento, ed al suo essere completato, che il pensiero di Marx dovrebbe la sua singolare "forza agente", la stessa che gli avrebbe permesso di attraversare vittoriosamente la prova del tempo. Si ha, quindi, qui un'idea della verità della dottrina come un tutto completato ed immutabile che garantisce in anticipo l'impossibilità di una "smentita" per mezzo dell'esperienza. Il marxismo ha sempre continuato a giocare su entrambi questi registri: l'attualità atemporale dovuta alla sistematicità interna della dottrina, e l'attualità della verifica empirica della teoria nel presente. Parimenti, non si è esitato a fare della prima attualità, la garante della seconda: se la teoria è sempre verificata, quale che sia il corso degli avvenimenti, e le sorprese della storia effettiva (attualità come conferma per il presente), il motivo non può essere altro che la sua completezza e la sua coerenza interna (attualità come forza agente di ciò che viene completato). Comunque, l'attualità viene pensata a partire dalla verità e in funzione di essa.
Come va intesa, in queste condizioni, "l'attualità di Marx"? Bisogna decidersi a tagliare il nodo che lega l'attualità alla verità. Non è che ci si debba proibire di procedere a mettere in rapporto questo o quel enunciato con i fatti del nostro presente, e neppure che questo rapporto possa essere illuminante. Per cui possiamo convocare questo passaggio de "La miseria della filosofia", dove Marx distingue, contro Proudhon, la concorrenza dall'emulazione industriale:
"Oggi, l'emulazione industriale esiste solo in vista del commercio. Ci sono delle fasi nella vita economica dei popoli moderni in cui tutto il mondo viene afferrato da una sorta di vertigine per cui vuole ottenere dei profitti senza produrre. Questa vertigine della speculazione, che ritorna periodicamente, mette a nudo il vero carattere della concorrenza che cerca di sfuggire alla necessità dell'emulazione industriale".
Va sottolineata la perspicacia di Marx, per meglio evidenziare il fatto che "la vertigine della speculazione", che allora è rimasta sporadica ed intermittente, oggi è diventata la legge suprema del sistema, al punto da superare completamente la necessità della produzione. Questo genere di citazione riveste una certa pertinenza finché non si riduce a celebrare la "verifica" di quest'osservazione di Marx, e quindi la sua "giustezza". Ma qui si tratta di tutt'altra cosa, cioè si tratta dell'attualità di un pensiero come pensiero, e non dell'attualità di un tale o di un tal altro enunciato considerato isolatamente in rapporto ai fatti. Dire che il pensiero di Marx è attuale in quanto tale, cioè che questo pensiero è di per sé attivo nel suo produrre effetti di intellegibilità sul nostro mondo e, correlativamente, sulla nostra propria situazione all'interno di questo mondo. In tal senso, può essere stato elaborato da più di un secolo e appartenere così al passato, relativamente al momento della sua formazione, e al clima intellettuale nel quale è nato, ma questo non impedisce che continui a produrre dei singolari effetti d'intelligenza sul nostro presente. Appartiene al nostro presente per la forza attiva che possiede, in termini di comprensione di tale presente. Sotto quest'aspetto, non è "d'attualità" perché la crisi che attraversiamo lo renderebbe tale, ma è "attuale" in quello che fa sul nostro presente, chiarendoci perché questo è il nostro presente, e non un presente qualunque.
Da questo punto di vista, la sua attualità rende superflua ogni attualizzazione, o meglio squalifica in anticipo ogni tentativo di attualizzazione: volerlo attualizzare per forza serve proprio a negarne l'attualità. L'attualizzazione consiste nel rendere attuale ciò che non lo sarebbe di per sé stesso, essa rinvia esclusivamente al primo dei due sensi sopra evocati, cioè a dire ad una nozione superficiale dell'attualità che lo ridurrebbe al presente più puntuale, negando al pensiero di Marx quella forza agente che è il punto più alto che gli va riconosciuto. L'attualizzazione di Marx consisterebbe allora nell'aggiunta di elementi estranei al corpo della teoria come inizialmente è stata edificata: in questo modo, si tratterebbe di spiegare dei fenomeni che tale teoria, nel suo primo stato, era incapace di spiegare. Per esempio, si aggiungerà alla teoria marxiana del capitale finanziario, un certo numero di elementi che permettano di aggiornarla (per tener conto del carattere sistemico della speculazione, per esempio): si darà così l'illusione di colmare il ritardo della teoria sul corso degli avvenimenti storici. Sotto quest'aspetto, le cose si presentano un po' alla maniera in cui la cosmologia di Tolomeo cercava di render conto delle nuove osservazioni sulla traiettoria irregolare dei pianeti: si aggiungeva allora al quadro teorico ereditato da Aristotele (i pianeti erano attaccati alle sfere celesti il cui centro era la Terra) l'ipotesi di piccoli cerchi, chiamati "epicicli", sui quali i pianeti venivano piazzati e che avrebbero avuto il loro centro sulla superficie delle sfere celesti. Si otteneva così quella che si potrebbe chiamare un'attualizzazione per "complementazione". Inteso in qualche modo, un tale tentativo non avviene senza presupporre una certa rappresentazione della teoria come blocco omogeneo: perché in effetti è quello che è omogeneo a modo suo che avrebbe bisogno di essere completato, di modo da poter essere di nuovo efficiente. In questo modo, si salva la sua coerenza per mezzo dell'attualizzazione.
Per certi aspetti, l'althusserismo è stato un tentativo particolarmente sofisticato di attualizzazione, sotto la forma, almeno all'inizio, di un'attualizzazione negata che si dava per mezzo di una semplice "complementazione filosofica". L'ambizione dichiarata, era quella di fabbricare, al posto di Marx e per mezzo di lui, una filosofia adeguata alla sua opera che Marx non era stato in grado di produrre: "quanto a noi, abbiamo pensato che egli non professava l'attuale filosofia, nella sua ricerca. Quello che abbiamo cercato di fare quando abbiamo tentato di dare a Marx una filosofia che permettesse la sua comprensione: quella del Capitale, quella del suo pensiero economico, politico e storico". Si verifica così che questo progetto non rimette minimamente in discussione il presupposto di una coerenza forte dell'opera: la complementazione riguarda "solamente", se si può dire, la filosofia atta a riflettere tale coerenza del lavoro scientifico, che sarebbe valida già di per sé ma che richiederebbe una "necessità dimostrativa".
In definitiva, il marxismo ha esitato fra due grandi atteggiamenti. Il primo ha consistito nel sostenere la teoria per mezzo di ipotesi ausiliarie destinate a rimediare alle sue lacune più clamorose, di modo di salvare la sua coerenza d'insieme. Il secondo atteggiamento ha consistito nel rifiutare energicamente ogni attualizzazione in nome di questa stessa coerenza, compresa come una completezza definitiva. In quest'ultima ottica, si continuerà ostinatamente a chiedere agli avvenimenti presenti, una conferma dei pronostici formulati dalla teoria, dagli inizi, rifiutando ogni proposta di attualizzazione come facente parte di una forma di "revisionismo" travestito. Per esempio, si chiederà alla violenza dell'attuale crisi mondiale di confermare il pronostico secondo il quale il capitalismo lavora da sé stesso al proprio superamento. Il marxismo, da troppo tempo ci ha abituati a questo atteggiamento, anche se alcuni sono tentati di riprendere a loro vantaggio questo genere di discorsi. Quel che importa sottolineare è che quest'atteggiamento "dogmatico" condivide con il primo atteggiamento, il presupposto di una teoria intesa come blocco omogeneo. Ciò che qui è in causa è, né più né meno, il marxismo stesso, vale a dire un certo rapporto col pensiero di Marx, che consiste nel dotare quest'ultimo di una coerenza immaginaria. Non basta perciò affermare con Etienne Balibar che "tutti i marxismi sono diventati immaginari", ma bisogna arrivare a dire che tutti i marxismi sono sempre stati immaginari, perché essi sono immaginari per definizione. E' perfettamente vano pretendere che non si è mai visto un marxismo, ma che sono "mille marxismi" che sono fioriti nell'ultimo periodo, testimoniando così della "vitalità" della ricerca marxista: la metafora floreale nasconde malamente la frode rappresentata da questa tattica disperata della "pluralizzazione" del marxismo, che consiste nello schivare il compito critico che è quello di domandare ai testi che cosa ne sia di questa "unità" problematica attribuita a Marx da ciascuna versione del marxismo.
La differenza fra i due atteggiamenti che sono appena stati menzionati, uno "dogmatico" e l'altro "revisionista", è che il secondo tenta un'attualizzazione che colmi il ritardo della dottrina sull'attualità in senso temporale, mentre il primo sollecita l'attualità in senso temporale chiedendole di confermare la verità senza tempo della dottrina. Ma in entrambi i casi manca quello che rende attuale un pensiero, cioè quella forza che produce nel e sul presente degli effetti d’intelligenza. All'occorrenza, quest'attualità è dovuta alle tensioni che gli impediscono di chiudersi completamente su sé stesso in quella coerenza invulnerabile propria di una dimostrazione riuscita. l'attualità del pensiero di Marx è perciò l'attualità della tensione che la travaglia, non l'attualità di una dottrina "onnipotente perché giusta" che renderebbe conto in anticipo del corso degli avvenimenti. La difficoltà della nostra situazione, "la croce del nostro presente" (per dirla con Hegel) è la stessa che Marx ha affrontato teoricamente senza mai riuscire a superarla. L'attualità del pensiero di Marx risiede perciò nel fatto che la tensione teorica interiore che non ha cessato di animarlo, ha preso oggi, per noi, il senso pratico di in compito da cui nessuna "necessità storica" può esentarci. Paradossalmente, si è arrivati all'idea che l'attualità di questo pensiero non risiede nella forza di una completezza, ma nella forma singolare di un'incompletezza, e per di più di un'incompletezza non accidentale, ma essenziale, ossia nella forma singolare della sua "incompletabilità". Si sa che Marx amava evocare la figura di Frenhofer, il vecchio maestro de "Il capolavoro sconosciuto" di Balzac il quale lavora costantemente sul suo quadro senza riuscire a completarlo. Tuttavia, se Marx, a differenza di Frenhofer, non arriva a completare la sua opera, ciò non avviene a causa di un'esigenza di perfezione impossibile da soddisfare, ma a causa dell'irriducibile tensione che non cessa mai e che fa lavorare il suo pensiero. Il Capitale non è la Belle Noiseuse della critica dell'economia politica, ma il titolo di un'opera votata, in quanto opera, all'incompletezza dovuta all'impossibilità del progetto che le ha dato origine. L'attualità di Marx non è direttamente proporzionale alla sua completezza come dottrina coerente ed unificata, è di un ordine diverso da quello della verità, risiede propriamente nella forza agente di un'incompletezza che continua sempre a farci pensare.
- Pierre Dardot -
fonte: Variations