Magazine Diario personale

La cultura della sconfitta

Da Astonvilla
LA CULTURA DELLA SCONFITTAArrigo Sacchi e' uno dei personaggi piu' importanti che il nostro calcio abbia avuto negli ultimi 50 anni,i risultati parlano per lui.
Uno dei suoi concetti che,da sempre,condivido e' quello che nel nostro paese,nel calcio ma non solo,manchi totalmente la cultura della sconfitta.
Bastava sentire una conferenza stampa di Ranieri piena di scuse dopo l'ennesima sconfitta oppure i piagnistei di Conte o ancora gli insulti di Galliani per capire come in questo paese lo sport sia visto non come momento formativo ma unicamente in funzione commerciale e diseducativa.
Nelle scuole calcio si insegna che la sconfitta e' inaccettabile e vergognosa mentre sappiamo bene,e lo sanno in tutto il mondo, che la sconfitta fa parte del gioco,e' il gioco.
Accettare la sconfitta vuol dire rispettare l'avversario,capire che non sempre si puo' vincere,apprendere dai propri errori per essere migliori domani.
Chi dallo sport impara questo grande insegnamento ne trarra' beneficio per future vittorie che saranno la conseguenza di dure sconfitte che pero' avranno insegnato a non ripetere gli stessi errori.
Visto che questo e' il mio blog personale cito un episodio personale di tanti,tanti anni fa.
Sono stato un judoka di buon livello,nella mia categoria uno dei 3/4 migliori in Italia a quell'epoca.
Poco talento e tanti coglioni,dove non arrivavo con la tecnica ci mettevo il cuore e questo mi ha consentito di vincere incontri che dovevo perdere.
Il piu' forte con cui ho combattuto e' l'attuale allenatore della nazionale,Felice Mariani.
L'ho incontrato 5 volte e le ho prese 5 volte.
La prima volta per ippon (l'equivalente del ko) mi pare a una semifinale degli italiani.
Meno di un minuto ed ero fuori,non ci avevo capito nulla.
Lui era un talento assoluto,i risultati nel mondo che ha ottenuto parlano per lui.
Le 2 volte successive di nuovo per ippon,sono durato un paio di minuti,se non ricordo male a 2 finali di trofei vari.
Non riuscivo a vedergli partire le gambe,era velocissimo e molto tecnico,io avevo poco da contrapporgli,solo tanto tanto cuore e un po' piu' di forza fisica che pero' nel judo non e' cosi' importante visto che si basa sulla teoria della canna di bambu'...
A quel punto compresi che la mia vittoria con lui sarebbe stata finire un combattimento,perdere ovviamente nella somma dei punti ma finirlo.
La sola possibilita' che avevo era di metterla in caciara...
A quei tempi i regolamenti erano di manica larga,potevi menare il torrone per un bel po e non rischiavi penalita'.
Oggi mi squalificherebbero dopo un minuto.
Nei 2 successivi incontri riusci' a finire in piedi,sotto col punteggio ma finalmente alla fine del combattimento.
Misi in atto ogni sorta di ostruzionismo possibile e immaginabile,cercai di tenerlo lontano,combattei il piu' chiuso possibile,ricorsi ad ogni trucco che conoscevo,mi allenai come un pazzo sulla tenuta atletica per arrivare lucido il piu' avanti possibile.
L'ultimo combattimento non dico che rischiai di vincerlo ma combattei come non avevo mai fatto.
Quei 2 combattimenti persi furono le mie vittorie e ancora oggi quando nella vita sono in difficolta',quando perdo,mi ricordo di quei 2 combattimenti in cui diedi piu' di quello che avevo e...combatto.
Qulle 3 prime sconfitte mi insegnarono piu' cose che 100 vittorie,se la sai leggere una sconfitta e' un libro aperto su cui sono scritte le parole giuste per non ripetere i propri errori.

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