Genova, 2 marzo 2013
Siamo in una città che, per dirla con le parole di un osservatore attento come l’ex direttore del Tg1
Augusto Minzolini che è venuto qui per la campagna elettorale che l’ha portato a Palazzo Madama «non riesco nemmeno ad immaginare fra dieci anni». Eppure, in questo quadro tutt’altro che confortante, due certezze ci sono. La prima – ed è un tormentone su queste pagine, un mio pallino fisso da cui penso davvero si possa ripartire – è la valorizzazione della Bellezza, principale risorsa di
Genova. Se non ci si rende conto che nessuna metropoli, considerando tali le città sopra i cinquecentomila abitanti, ha le caratteristiche di bellezza, di clima e di vivibilità che ha Genova, allora non si capisce niente. E queste caratteristiche – uniche – non possono che essere il valore aggiunto della nostra città. Soprattutto perché siamo lo sbocco al mare, fra l’altro, di Milano, della
Lombardia e della Svizzera.
La seconda caratteristica, positivissima, è la
rinascita della cultura. Che magari non si mangia. Ma che, certamente, aiuta a mangiare ed è una vera e propria industria che va trattata anche a livello economico alla pari delle altre. Ne discutevamo tempo fa con Pina Rando, anima con Giorgio Gallione del miracolo Archivolto a Sampierdarena, che ha un triplice valore: economico, culturale e sociale, visto che fare spettacolo e far uscire le persone di casa la sera in via Buranello penso valga di più. Perché se chiude o minaccia tagli una fabbrica, la gente blocca la Sopraelevata e se scompare un teatro nessuno dice niente? Chiaramente, non può andare così (piccola parentesi, per me non bisognerebbe mai bloccare la Sopraelevata). E la cultura è un’economia come un’altra. Solo, più nobile.
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