Quando Grazia mi ha invitato a partecipare con un contributo alla creazione del Manifesto della Cultura ho avuto subito in mente di cosa avrei parlato, per quanto nebulosa fosse l'immagine e per quanto la lucina che si era accese avrebbe potuto portarmi in realtà da qualsiasi parte.
E' che, quando penso alla cultura, non posso non pensare alla mia passione per i libri e quando penso ai miei libri non posso non pensare a mio padre che, senza volerlo, me l'ha trasmessa. E me lo immagino così, come tante volte ci ha raccontato, magro come un chiodo nei primi anni del dopoguerra, a correre tra le strade del paese per svolgere chissà quale compito e a rischiare, puntualmente, il rimprovero per il ritardo. Perchè era più forte di lui: non riusciva a non fermarsi a leggere tutto quello che gli capitava davanti: volantini, manifesti, la carta del giornale in cui gli incartavano la spesa. Comunque fossero messe, in qualunque forma o colore, per lui quelle parole erano più affascinanti di qualsiasi altra cosa.
E, se penso alla cultura, non riesco a non pensare al quadretto che mia madre mi ha descritto ogni volta che le ho chiesto come ho imparato a leggere: "Come? Con tuo padre, e come se no? Seduta in braccio a lui, mentre leggeva il giornale a chiedere 'cos'è questa? e cos'è quest'altra?" e questa e quest'altra erano le lettere dell'alfabeto che da allora mi avrebbero seguito nelle loro molteplici e variegate aggregazioni per tutta la vita (anche un po' inseguito, a dir la verità, se considero i tempi in cui, non potendone ancora godere, dato che non sapevo leggere, trovavo i libri di mio padre stipati persino nel mio comodino di bimba... altro che bambole!).
Ecco, non so come dire, è che per me la cultura è una roba di famiglia e quando ci penso non posso fare a meno di associarla all'amore.
Devo aver pensato qualcosa di simile anche quell'autunno di qualche anno fa, quando sconfortata per le difficoltà legate al reinserimento professionale post gravidanza, ho detto a me stessa e a chiunque volesse ascoltarmi (anche sul forum) basta! io mi ritiro! Se questo mondo non mi vuole così, mi chiuderò in casa a fare la mamma casalinga.
Non è durata tanto, per fortuna. E a farmi rivedere quella decisione è stato in parte anche quel ragazzino, quello magro come un chiodo che inseguiva i volantini per la strada per leggerli, quello che mi ha fatto chiedere ad un certo punto "Che esempio darò alla mia bimba in questo modo? Voglio davvero dirle sto rinunciando a me "per colpa tua"? Voglio davvero dirle, amore, ho studiato, amato i libri, il lavoro, la ricerca per quasi vent'anni ed ora mi rinchiudo in casa perchè sono stanca"?
Mi sono chiesta: davvero io che non vedo l'ora di vederla con un libro tra le mani voglio darle l'esempio di una madre che rinuncia alla sua cultura?
No. Non ho voluto darle questo esempio. E anche questo secondo me è cultura.
Quello che trasmettiamo ai nostri figli quotidianamente, spesso senza volerlo, quello che leggiamo, quello che raccontiamo loro, quello che guardiamo o non guardiamo in tv, al pc, sui giornali.
Quello che diciamo o non diciamo loro. Quello con cui nutriamo la loro fame di sapere e di ascoltare.
E' solo un caso che le vicende di questi ultimi giorni mi riportino ancora a quell'autunno. E' solo un caso che le stesse vicende abbiano un sottofondo triste di svalutazione e discriminazione dell'essere donne e madri e, purtroppo, non è un caso, invece, che anche questo sia cultura.
Ma voglio essere positiva. Oggi per me cultura è legame, è esempio, è trasmissione, è nutrimento e arricchimento. Oggi voglio che cultura sia solo ricchezza. Oggi.