Magazine Cultura
Quando metto il numero di valutazione accanto al titolo dei libri che recensisco, vorrei assegnarlo considerando diversi fattori: stile, trama, spunti per la biblioterapia presenti, fascinazione e altri più sottili considerazioni legate al mio personale gusto e ai laboratori in cui li utilizzerò. In alcuni casi, però, saltano gli schemi prefissati. S'intromette in modo prepotente l'aspetto soggettivo, quello del lettore puro, che rifiuta considerazioni logiche e critiche, trascinato soltanto dalle emozioni. È questo che è accaduto con "La custode di mia sorella" di Jodi Picoult. La trama è stata per me così avvincente che le considerazioni consuete sono state messe in ombra a favore dell'innamoramento per questa storia che parla di una bambina concepita per poter donare il midollo osseo alla sorella malata. E come lei, seppur sana, è costretta a ricoveri e cure. Si trattano questioni bioetiche interessanti, pur in un dipanarsi di eventi che inchiodano il lettore alla pagina senza poterla mollare mai. Avvertenza: non terminate il libro in pubblico: le lacrime sono garantite!
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