La custodia della scrittura

Da Angeloricci @angeloricci
A chi oggi, in questo preciso istante pregno di deiezioni digitali, affidare la propria scrittura? Alla cumulativa costruzione degli status di facebook? Alla intermittente ed evanescente presenza impalpabile dei tweet di twitter? All'immaginifico e priapico universo di tumblr? All'insondabile iconografia di pinterest? Alla esperta, seppur forse coattivamente decisiva, stabilità dello spazio di un blog? C'è la possibilità di costruire una narrazione nella fuga costante degli attimi di una condivisione che spesso non è se non grido solipsistico venato da reminiscenze da speaker's corner londinese anni Sessanta? E questa stessa scrittura non muta a seconda delle piattaforme (definizione staticamente rimembrante di storie very amazing da space opera pubblicata su fogli segnati dall'untume di cibarie adolescenziali mooooolto USA anni Cinquanta)?
Ridondanze estreme che conducono al nulla di una miscela che si perde nel deserto e nel niente?
Nessun segno di approvazione o di disapprovazione è sinonimo di morte civile e digitale, per dirla alla Seth Godin. Forse per la scrittura oggi ci sono tutti i luoghi e, proprio per questo, non ce n'è nessuno.

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