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“La danza è l’eterno risorgere del sole” – post autobiografico di interesse relativo

Creato il 14 maggio 2014 da Danny @StoriediViaggio

“La danza è l’eterno risorgere del sole” – post autobiografico di interesse relativo“La danza è l’eterno risorgere del sole.” Isadora Duncan

Ho due piedini morbidi… si vede che sono stati troppo nelle pantofole, piedi da amorevoli massaggi. E non va bene; i miei piedi non sono fatti per essere massaggiati; sono fatti per irruvidirsi contro le assi del parquet.  La danza è stata la mia prima forma di viaggio, o almeno di viaggio remoto, nello spazio e  nel tempo. Ho conosciuto le gitane dell’Andalusia, le danzatrici gawazi, le donne saharawi; ho scimmiottato i loro passi, seguito i ritmi della loro musica. Attraverso la danza sono stata in Spagna, Turchia, Egitto, Nord Africa, India, a volte anche prima di andarci veramente. Parecchi anni fa mi sono innamorata delle danze etniche perchè mi parlavano di posti lontani, che sono poi i racconti che ho sempre voluto sentire… e a questo innamoramento ho dedicato le migliori energie della giovinezza.

Poi un giorno ho smesso. Ho cambiato vita, casa, non c’era più spazio, nè tempo nè occasione, e mi sono ritrovata in un’esistenza “statica”. Non so come sia potuto accadere, perchè ho fatto questo torto alla mia anima e al mio corpo.

Per questo tornare a ballare, anche solo per una domenica, è stato come ritornare in una città un tempo conosciuta, amata e poi abbandonata. La mia guida si chiama Teresa, biondissima e simpatica, con il suo accento spagnolo. Per compagne di viaggio, un gruppo di donne giovani, meno giovani, leggere o più “consistenti”, tutte belle e tutte diverse, come sono poi sempre le donne.

Lo spirito della danzatrice ha ritrovato subito il contatto con la musica (grande assente nella mia esistenza, da quando non ballo la musica rimasta un sottofondo lontanissimo della mia vita) ma il corpo… col corpo non è così facile. Rivedermi ballare mi ha restituito l’immagine di una mosca che si muove intrappolata sotto un bicchiere. Le anche non si fidano delle cosce, le cosce non si fidano delle ginocchia; la colonna vertebrale è una spranga di ferro, piantata in un blocco di cemento. La schiena fa male, mi devo fermare più volte per stirare il piramidale. La mia schiena è insensibile e incazzata. Come darle torto? Lei non può evitare di guardare il passato; ha sempre davanti agli occhi gli anni delle false certezze, quelli delle vere incertezze, gli smantellamenti progressivi, i crolli repentini, i giorni dell’abbandono, quelli della malattia.

Però i piedi hanno subito riconosciuto il legno del pavimento, la vibrazione della terra. I muscoli, un po’ deboli e increduli, tuttavia ci provano, l’equilibrio è sempre stato poco ma – cosa curiosa – quel poco è rimasto. La musica scorre lungo i fianchi paralizzati, i nervi lacerati, il tessuto cicatriziale.

E’ un viaggio lungo e probabilmente non sarà mai più come prima. Ma sto riportando la danza nel mio corpo, un pezzettino per volta. E’  come partire di nuovo e, al tempo stesso, come ritrovare la propria vera casa.


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