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La degenerazione del regime Democratico: sovranità del popolo non fa rima con Democrazia.

Creato il 05 agosto 2014 da Cibal @CiroBalzano26

La degenerazione del regime Democratico: sovranità del popolo non fa rima con Democrazia.

 

Quando si parla di democrazia risulta davvero molto semplice richiamare un’idea per esemplificare questo concetto, ma in realtà questo è più difficile di quanto si pensi e trovarlo nella realtà è ancora più arduo.
In genere il concetto di democrazia è spesso associato ad un’idea distorta di società all’interno della quale dovrebbe regnare l’uguaglianza, la libertà, e la supremazia dei diritti, quelli inalienabili, quelli che non puoi scindere dall’idea di uomo, di essere umano, od essere vivente.
In realtà il concetto è molto distorto ed oggi trovare effettivamente il reale significato di democrazia in ogni stato “democratico”, quindi in ogni democrazia perfetta, è un compito alquanto arduo.
Volgendo l’attenzione, per esempio, verso tutti gli Stati che compongono il continente europeo( e non solo, n.d.a.) si potrebbe notare la supremazia, almeno etimologica, della parola democrazia accanto alla forma di governo presente (parlamentare,presidenziale etc, n.d.a.).
Questo spesso e volentieri non comporta una reale presenza di questo concetto negli Stati dove vige questa forma di governo.

La democrazia nella sua accezione più comune assume il significato di “governo del popolo” e questo accade direttamente con appunto, le forme di governo dirette. Oggi però questo concetto è usato erroneamente per indicare un alto grado di uguaglianza sociale che domina ogni porzione dello Stato retto sulla forma di governo democratica.

Ma quanto è giusta una Democrazia?
Analizzando sommariamente, per esempio, la nostra nazione, quanto potremmo esser sicuri di trovarci immersi in uno Stato veramente giusto?

Lo Stato non è nient’altro che un apparato politico-amministrativo che detiene per sé l’uso legittimo della forza per permettere l’attuazione degli ordinamenti. L’aggettivo “democratico” accanto alla parola Stato, però, capovolge il significato del singolo significato della parola Stato.
La scelta tra un ordinamento o l’altro, sociale e governativo, è sempre stata oggetto dei dibattiti nei secoli da parte dei teorici politici che si sono affannati nella ricerca di una soluzione, un compromesso che non permettesse un accentramento esclusivo del potere sovrano. Gli eventi storici hanno portato alla supremazia, nella maggior parte dei casi, dell’ordinamento repubblicano, che di per sè doveva nascere come ordinamento che permettesse una maggiore considerazione del popolo, nell’ambito delle decisioni, ma che limitava, difatti, anche la totalità del potere nelle mani delle masse.

Noi siamo nati assuefatti dal regime democratico, credendo difatti di essere nati in una nazione in cui i nostri diritti valgono di più dei privilegi di pochi, però poi crescendo si capisce che un conto è parlare di “uguaglianza tra i cittadini” ed un’altra cosa è parlare di Democrazia come associata a quel diritto.
Per comprendere pienamente il mio discorso basta volgere l’attenzione alla nostra nazione( a cui è stato associata la parola “Partitocrazia“, nda) e così capire che tutte le mie considerazioni si sono generate proprio dall’incoerenza della struttura democratica: per ben tre volte consecutive il “popolo”, quello che in una Democrazia doveva essere considerato il protagonista, non è stato chiamato in causa per “eleggere” i propri rappresentanti.
Eppure siamo ancora qui, a discutere tranquillamente come se niente fosse, senza riuscire a capire di aver difatti abdicato, di aver completamente lasciato che il nostro diritto di scelta si trasferisse direttamente nei “decisori” che, anche loro tranquillamente, hanno scelto chi doveva essere considerato il reggente del “nostro” potere sovrano.
Per anni, anzi per secoli, con l’avvento dei regimi democratici si è sempre decantata la capacità di fruizione di quei diritti che prima, con i regimi dispotici, venivano strappati, non venivano proprio concessi per meglio dire, ai cittadini.
Eppure le differenze tra i cittadini sono aumentate, le differenze tra varie zone di una stessa nazione ancora di più, sia economiche che sociali e soprattutto strutturali, l’accesso al mondo del lavoro è divenuto più complicato e sono pian piano, diminuiti anche i diritti ad esso connesso.
Però, a differenza dei regimi dispotici, gli Stati Democratici hanno fatto sì che i cittadini potessero essere tutelati da una carta fondamentale, una Costituzione che potesse essere l’arma legittima che sancisse sia la tutela di quei diritti inalienabili, propri dell’essere umano dalla sua nascita e sia la tutela di quei diritti che derivano dall’appartenenza ad una determinata comunità.

Tuttavia ancora in questo frangente i miei dubbi permangono fortemente: come può una carta Costituzionale tutelare i diritti se sono poi gli uomini a doverli far tutelare? Infatti la Carta è un monito, rappresenta le coordinate da tenere presente in un regime democratico, e la tutela di quelle verità spetta sempre agli uomini ed è proprio per questo che si è giunti oggi, alla situazione odierna che più mi fa meditare sulle concrete paure mostrate ne “La democrazia in America” di Alexis de Toqueville.
Paure fondate sulla probabile degenerazione di quel sistema che si professa egualitario ma che può, ad oggi è già accaduto, trasformarsi nella “Tirannia della Maggioranza“, che agisce ,ammantata dal velo democratico, perpetuando i privilegi delle eterne generazioni dei decisori, mentre il popolo, credendo di avere ancora il potere di scelta è difatti esautorato della sua sovranità.

Siam proprio sicuri che la Democrazia è un “governo dal popolo, del popolo e per il popolo” ????

 

Cibal


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